Giordania, le Caritas del Veneto in visita ai profughi

C'era anche don Luca Facco, direttore di Caritas Padova, un mese fa, nel regno del Medioriente, il paese immerso nella regione più instabile del mondo dove pure hanno trovato assistenza e sicurezza ben 4 milioni di profughi provenienti dai vicini Siria e Iraq. Un vero e proprio miracolo che però necessita di sostegno continuo, dato che chi fugge dalla guerra non può lavorare né ottenere cittadinanza. Siriani e iracheni desiderano solo rientrare al più presto nelle loro città e non perdere la loro dignità.

Giordania, le Caritas del Veneto in visita ai profughi

Dal 26 giugno al 1° luglio don Luca Facco, assieme ai direttori di Caritas Treviso, Vicenza e Chioggia, è stato in Giordania per visitare i progetti della Caritas locale. La Giordania attualmente conta 6 milioni di abitanti, con una presenza di 4 milioni di profughi alloggiati prevalentemente nei campi gestiti da Unhrc, l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. A questo si affianca il grande lavoro di Caritas Giordania. 

«La prima impressione avuta è il “miracolo Giordania” – sottolinea don Facco – In un territorio di grande instabilità, questo paese è politicamente solido e stabile, si può viaggiare tranquillamente. È sicura, tutti riconoscono il ruolo del re e della regina a mantenere un equilibrio interno. Abbiamo incontrato padre Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania, che ci ha presentato il servizio che rivolgono ai profughi cristiani siriani e iracheni: dai voucher per lavoro e cibo, al sostegno psicologico per rielaborare i traumi della guerra, anche per i bambini». 

Tante le persone incontrate e che hanno raccontato i loro drammi. «In tutti ho percepito la disperazione di aver perso tutto, casa, terra, rete familiare, ma ciò che li ha sostenuti è una grande fede in Dio». 

Nella piccola città di Al Mafraq, a 20 chilometri dal confine con la Siria, si tocca con mano la dignità di quanti non hanno perso la speranza e la competenza con cui i volontari li sostengono. «La città ha 56 mila abitanti cui si aggiungono 65 mila siriani presenti, altri 100 mila sono in un campo profughi nel deserto. Qui i profughi sono solo accolti ma non possono lavorare. Se nasce un bambino non ha la cittadinanza. I siriani sono fermi, bloccati, dipendenti dagli aiuti umanitari. Il loro unico desiderio è rientrare in patria e non perdere la dignità di persone». 

E nella parrocchia di Amada si tenta di mantenere viva una quotidianità. «Qui ci sono 500 cristiani, figli di immigrati. È una parrocchia viva di fede e di attività: si fa il grest, si visitano anziani e ammalati, alcuni giovani sono alla Gmg! C’è un grande bisogno di rendere viva la loro esperienza di vita e di fede».

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