Giovani e ricerca spirituale. L'ascolto è il primo passo.

"Giovani e ricerca spirituale nell’epoca post-secolare" è il titolo della giornata di studio, aperta al pubblico, promossa dal biennio di specializzazione della Facoltà teologica del Triveneto, in programma martedì 5 dicembre dalle ore 15 alle 18 presso l’Istituto teologico sant'Antonio dottore.

Giovani e ricerca spirituale. L'ascolto è il primo passo.

Sul tema interverranno il sociologo Alessandro Castegnaro (Osservatorio socio-religioso Triveneto) e il teologo Duilio Albarello (Facoltà teologica dell’Italia settentrionale).

Le analisi sociologiche ci restituiscono un ritratto composito dei giovani, che oggi si sentono “fuori dal recinto” – secondo l’espressione che sintetizza l’ultimo lavoro di ricerca condotto da Castegnaro (con Giovanni Dal Piaz e Enzo Biemmi): fuori dal recinto dell’istituzione (anche quella religiosa) che viene prima della persona, della risposta che precede la domanda, della legge antecedente alla coscienza, dell’obbedienza che soffoca la libertà. I giovani, secondo il sociologo, non hanno chiuso il loro orizzonte spirituale al trascendente e non sono increduli e indifferenti; ma piuttosto – proprio perché hanno un forte desiderio di ricerca spirituale autentica e pongono come primo imperativo quello di diventare se stessi, anche se lo fanno con tanti “se”, “ma” e “forse” – affermano la loro autonomia e chiedono ascolto, comprensione, parole incarnate e non giudicanti.

Il teologo Duilio Albarello conferma questo quadro, che interroga profondamente la chiesa.

«Nel nostro tempo, specie a livello giovanile, si assiste alla ricomparsa del “sacro” prevalentemente nella forma del soggettivismo spirituale, ossia del cosiddetto bricolage religioso. Qualcuno ha cominciato a chiamarlo “l’incredibile bisogno di credere” (Julia Kristeva)».

In un momento in cui l’unica certezza rimasta sembra essere quella che non vi siano più certezze, il problema maggiore diventa «rintracciare le risorse disponibili per attivare una fiducia che si mostri effettivamente fondata, pur senza degenerare per forza in una sorta di “credenza fai da te”. Oggi si pone la questione di una fede che consenta di continuare o ricominciare a dare credito alla vita, prima ancora che a Dio».

Come intercettare allora la sensibilità e il coinvolgimento dei giovani?

«Penso sia indispensabile coltivare la dimensione estetica della fede, o in parole più semplici la “bellezza del credere” nel Dio di Gesù. Occorre suscitare in essi il desiderio di “avere una storia” con il Signore,riconoscendo che è davvero la via verso la vita buona».

La chiesa è sfidata quindi «a lasciar cadere le incrostazioni dottrinali e morali che spesso ancora la paralizzano, per tornare a condividere con le nuove generazioni il suo unico "tesoro": l’umanità eccedente di Gesù Cristo, come forma e forza, che sono necessarie all’”incredibile bisogno di credere”, diffuso nelle nostre società dell’incertezza, per essere autenticamente degno dell’uomo». Il primo passo, da parte della comunità ecclesiale, «sarebbe quello di tacere, per mettersi davvero in ascolto delle esperienze concrete dei giovani. Solo passando attraverso questo silenzio umile dell’ascolto sarà possibile per la testimonianza ecclesiale incontrare i giovani in carne e ossa, in modo da offrire loro quel “giusto senso” dell’esistenza, che ha la sua origine in Dio e che Gesù Cristo dona a tutti».

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