I missionari padovani si incontrano. La diocesi rilancia in Brasile e in Etiopia

La scorsa settimana nel seminario diocesano, il tradizionale incontro tra missionari organizzato dal centro missionario diocesano alla presenza del vicario generale don Giuliano Zatti. Un momento di condivisione tra esperienze e storie e di riflessione su come mettere a frutto oggi nelle comunità questo bagaglio. La diocesi di Padova continua a respirare a pieni polmoni l’aria della missione. Da qui le scelte delle due nuove missioni a Roraima, in Brasile, e nella prefettura di Robe, in Etiopia

I missionari padovani si incontrano. La diocesi rilancia in Brasile e in Etiopia

Anni di missione trascorsi nel cuore dell’Africa nera. Sacerdoti a portare il vangelo tra le popolazioni berbere del Sahel. Mogli e madri sulle alture del Perù con l’Operazione Mato Grosso. E ancora scuole per disabili condotte da religiosi cattolici nel cuore di Kabul e fidei donum a servizio tra gli studenti e i lavoratori di Rio de Janeiro, impegnati nelle proteste contro la corruzione dilagante nel gigante latinoamericano.

A incontrarsi, nella mattinata di lunedì 24 luglio nel seminario maggiore di Padova, è stato il mondo. Missionari di tutte le età con esperienze “nascoste” o investite dalla piena attualità. Uomini e donne accomunati dal fatto di essere nati e cresciuti nella chiesa di Padova, chiamati a raccolta dal centro missionario diocesano per un momento di convivio e di confronto, per condividere cammini e riflettere su come metterli a frutto in diocesi.

Storie di fede da tutto il globo si sono intrecciate così con la riflessione sul ruolo della missione nella vita pastorale oggi, sull’apporto che missionari rientrati possono dare e su come lo scambio tra chiese può essere comunicato al meglio in questo inizio di terzo millennio. Ad ascoltare e rilanciare il confronto, il vicario generale, don Giuliano Zatti.

Accanto alla gente, anche in guerra

«Il Sud Sudan è il paese più giovane del mondo, nato nel 2011 – ha raccontato il missionario comboniano Claudio Bozza, originario di Celeseo, che ripartirà ai primi di settembre – Purtroppo però è già in guerra. Tra i dinka e i nuer non c’è pace e la gente paga le pesanti conseguenze di questo odio etnico». Fratel Claudio ha raccontato la grande precarietà in cui vive la popolazione, sempre esposta al rischio di perdere la vita, pronta in ogni momento a fuggire nei campi profughi: sono due milioni i sud-sudanesi ospitati nei paesi circostanti.

«E noi missionari – aggiunge – non li abbandoniamo, stiamo con loro, anche da rifugiati».

In questa situazione estrema, le chiese sono però unite. «I cristiani fanno il possibile per promuovere frammenti di armonia nella società».

Nella comune esperienza in Congo si sono ritrovati padre Gabriele Pirazzo dei Missionari d’Africa e padre Roberto Ardini, comboniano, che ha fatto ritorno alla sua missione il giorno dopo l’incontro in seminario.

«Torno a Kisangani per formare i laici, catechisti e operatori pastorali in genere. Oggi le nostre comunità sono autosufficienti, anche dal punto di vista economico, ma hanno bisogno di crescere nella relazione con i pagani e i membri delle sette, molti dei quali peraltro partecipano alle celebrazioni».

Un punto di vista questo condiviso anche da mons. Elio Greselin, dehoniano, vescovo di Lishinga, nel nord del Mozambico. «Oggi il compito del missionario, nel nostro contesto, è mantenere le fila dei molti ministeri laicali che di fatto conducono la vita della chiesa. L’obiettivo principale è la formazione di questi operatori».

Padre Matteo Sanavio, rogazionista, siede nel consiglio generale della sua congregazione per seguire le missioni. Il suo racconto ha toccato punti nevralgici del pianeta, come l’Iraq, dove i suoi confratelli sono stati sfollati da Mosul per l’avanzata dell’Isis e ora risiedono nella curda Erbil con i profughi. O come l’Afghanistan, dove i rogazionisti con altre 13 famiglie religiose danno vita all’unica scuola per disabili del paese, in risposta al grido di Giovanni Paolo II nel 2001, «salvate i bambini di Kabul».

La testimonianza del fidei donum padovano don Luigi Turato ha portato i presenti tra le proteste dei lavoratori delle periferie megalopolitane di Rio de Janeiro e poi nell’Amazzonia del Roraima, dove dall’anno scorso si è aperto un nuovo fronte missionario padovano. Dell’Ecuador ha parlato Giulia Oriente dell’Operazione Mato Grosso. Da ottobre il suo impegno sarà tutto per aprire una scuola per i ragazzi più poveri.

La missione e le comunità

A sottolineare il valore delle testimonianze è stato don Renzo Zecchin, futuro parroco di San Lazzaro, già missionario in Kenya.

«Il rischio – ha aggiunto – è che di tutto questo le nostre comunità non vengano investite. E la missione si riduce semplicemente a una raccolta fondi periodica».

Un intervento che ha stimolato la discussione su come la testimonianza dei missionari rientrati viene offerta alle parrocchie e su come la chiesa di Padova mette a frutto i doni e i carismi di queste persone.

«In un mondo “mescolato” – ha detto padre Giancarlo Piovanello di Villaregia – molti dei temi della nostra pastorale diventano trasversali. Un esempio su tutti: il dialogo interreligioso».

Il vicario generale, don Giuliano Zatti, ha tratteggiato con grande apertura il momento che sta attraversando la chiesa di Padova, mettendo in chiaro la fase delicata e stimolante in atto.

«Abbiamo alle nostre spalle una storia ricca e complessa che dobbiamo essere in grado di rileggere per generare il futuro. Non abbiamo in mente cosa sarà domani la nostra diocesi, di certo non dobbiamo permettere che il peso dell’organizzazione soffochi oggi la gioia del vangelo».

D’altra parte, di concerto con il direttore del centro missionario, don Gaetano Borgo, è emersa tutta la voglia di Padova di continuare a pieni polmoni a respirare aria di missione. Di qui l’apertura della nuova missione brasiliana di Roraima, che assorbirà l’impegno attuale a Duque de Caxias, e poi la scelta di impegnarsi nella prefettura di Robe, in Etiopia. Scelte che parlano di per sé di futuro, in un contesto di chiesa italiana in cui la tentazione di cedere alla fatica è evidente anche nel ridimensionamento del Centro unitario per la cooperazione missionaria di Verona.

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