Il Triveneto e l'assetto della chiesa di domani

Una "due giorni" completamente dedicata alla presenza della chiesa diocesana nel territorio. L'annuale appuntamento che i vescovi delle 15 diocesi del Triveneto hanno vissuto a Cavallino (Venezia) il 7 e l'8 gennaio ha gettato le basi per un assetto più adatto ai tempi che cambiano, mantenendo al centro il ruolo della parrocchia e i ministeri (consacrati e laici) che animano la pastorale, ma gettando le basi per un'organizzazione più improntata a collaborazione e missionarietà.

Il Triveneto e l'assetto della chiesa di domani

Quella che si è tenuta tra il 7 e 8 gennaio a Cavallino (Venezia) è stata una "due giorni" che i vescovi del Triveneto hanno dedicato al futuro dell'assetto organizzativo della chiesa diocesana, per un annuncio efficace del vangelo in un mndo che cambia e una presenza che continui a essere sensibile nella quotidianità delle persone e delle comunità.

Dal tradizionale appuntamento che si tiene ogni anno, aperto anche ad alcuni sacerdoti e laici delle 15 diocesi del Nordest e intitolato "Chiesa particolare e sua presenza sul territorio. Nuove opportunità", sono emersi alcuni punti fermi che orienteranno la riflessione anche negli anni a venire. La prima consapevolezza che i vescovi hanno espresso in una nota congiunta al termine dell'evento è che «non è più tempo di aggiustamenti ma si è chiamati ad assumere, con pazienza e determinazione insieme, una sfida forte per rispondere oggi e in modo rinnovato all'esigenza di trasmettere il vangelo, di stare – come chiesa – tra le case delle gente e di offrire alle persone e alle comunità una reale esperienza di Cristo con l'indicazione di un cammino qualificato per essere discepoli autentici all'interno della chiesa».

Dopo aver ascoltato la relazione dell'arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, si è preso atto che non tutte le 15 diocesi stanno attuando nuove forme di organizzazione ecclesiale (cioè di presenza e azione pastorale della chiesa sul territorio) stabili e autorevolmente promulgate dal vescovo. Tutte, però,  hanno programmi e progetti pastorali orientati a far crescere la comunione e la collaborazione.

Ad imporsi chiaramente è la necessità, anche nell'articolazione delle nuove forme di organizzazione ecclesiale le singole diocesi «non si pieghino mai a tentazioni e soluzioni meramente organizzative o di prassi» ma di tengano sempre ben presenti ed evidenti i criteri teologici ed ecclesiologici alla base di scelte e modalità specifiche. L'istanza della chiesa in questo terzo millennio sempre più è duplice: da un lato «la comunione-fraternità» e dunque la condivisione della fede all'interno; dall'altra «l'apertura missionaria, che fa riscoprire il nucleo originario e fondante della chiesa».

I vescovi riconoscono «il ruolo tuttora fondamentale della realtà-parrocchia» anche se, nello stesso tempo, «si avverte che essa è messa alla prova da più parti e va perciò ripensata e ridisegnata», tenendo presente la particolare cura e attenzione per i soggetti dell'azione pastorale e della missione della chiesa – vescovi, sacerdoti, diaconi, persone consacrate, fedeli laici – nel rispetto del ministero e delle specificità di ognuno. I soggetti maggiormente stimolati ad aprirsi alla collaborazione e alla novità sono proprio le parrocchie, anche sulla spinta della nota pastorale della Cei del 2004 Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia e, più recentemente, delle sollecitazioni giunte dall'Evangelii gaudium di papa Francesco.

Le cause che stanno spingendo a cercare nuove forme di organizzazione ecclesiale sono «la manifesta "insufficienza" della parrocchia, la carenza di sacerdoti, la maggiore mobilità della popolazione e il venir meno di molti "confini" geografici, la mutata condizione esistenziale, culturale e religiosa delle persone a cui la chiesa è chiamata a predicare il vangelo». 
 
A conclusione dei lavori, il patriarca Francesco Moraglia ha infine invitato a ricordare le vittime della strage di Parigi e a pregare per i defunti e per i loro familiari, esprimendo l'auspicio che tale atto così fortemente irrazionale non generi ulteriori espressioni di violenza e di odio. 

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