L’abbraccio di Francesco al Caucaso

Da venerdì 30 a domenica 2 ottobre il papa sarà in Georgia e Azerbaijan. Sarà un viaggio “di pace” in una regione che risente di tensioni di lungo corso e oggi fulcro di appetiti energetici di livello planetario. Ma il focus dei tre giorni ai confini tra Europa e Asia sarà la prosecuzione del cammino verso la comunione con le chiese ortodosse e il dialogo con l’islam caucasico, tradizionalmente moderato.

L’abbraccio di Francesco al Caucaso

A tre mesi di distanza dalla sua presenza in Armenia di fine giugno, papa Francesco completa in questi giorni il suo “abbraccio” al Caucaso con il viaggio apostolico in Georgia e Azerbaijan.
Quello in programma fra il 30 settembre e il 2 ottobre è il sedicesimo viaggio internazionale di Jorge Mario Bergoglio dalla sua elezione al soglio pontificio.

Si tratta anzitutto di un «un viaggio di pace», come lo ha definito il nuovo direttore della sala stampa vaticana Greg Burke
«Il papa porta un messaggio di riconciliazione per tutta la regione». Il riferimento chiaro è anzitutto alla guerra a bassa intensità in corso fin dalla fine degli anni Ottanta tra Armenia e Azerbaijan per il Nagorno Karabak (enclave armena in territorio azero) che ha causato decine di migliaia di morti. Ma anche alle tensioni mai del tutto sopite da quando, con l’indipendenza della Georgia dopo la caduta dell’Urss (1991), Abkazia e Ossezia del Sud hanno rivendicato in forma crescente la propria autodeterminazione.

Francesco guarda così ancora una volta a est e tornando ancora una volta a confine tra Europa e Asia conferma la sua attenzione costante alla Russia (dopo l’incontro con il patriarca Kirill a Cuba dello scorso 12 febbraio) e alla sete di vangelo che proviene dall’Asia e in primis dalla Cina.
E tuttavia i veri focus del viaggio in quella che fu periferia di tre grandi imperi (siriano, ottomano e sovietico), oggi crocevia di interessi energetici planetari, sono il profondo significato ecumenico e la dimensione interreligiosa.
I cattolici costituiscono in entrambi i paesi una sparuta minoranza: secondo l’ufficio centrale di statistica della chiesa, sono 112 mila sui 4,5 milioni di georgiani (il 2,5 per cento) e 570 sui 9,5 milioni di azeri (lo 0,01 per cento). Ma ciò che più sta a cuore a papa Francesco è lo sviluppo del dialogo con la chiesa ortodossa georgiana e con l’islam caucasico sciita, tradizionalmente moderato anche se non immune dalle pressioni che riverberano dalla vicina Siria e soprattutto dall’Iran.

Il fatto più rilevante in questo senso è la presenza, per la prima volta nella storia, di una delegazione della chiesa ortodossa georgiana – ma non del patriarca - alla messa che il papa presiede sabato primo ottobre allo stadio di Tbilisi.
Gli ortodossi georgiani, per l’interpretazione rigorista della loro tradizione, rappresentano infatti una sorta di isola fortemente identitaria all’interno dell’ortodossia, da sempre in disagio nel cammino ecumenico. Da qui la precisazione dei giorni scorsi, da parte dello stesso Patriarcato ortodosso georgiano, che tra il papa e Ilia II non ci saranno preghiere comuni. A Francesco sarà rivolta un’accoglienza ospitale, come si conviene a un capo di stato, ci saranno discorsi fraterni e a Mtskheta, nella cattedrale patriarcale di Svétitskhovéli, accenderanno insieme un cero.
Ma le differenze dottrinali, precisano dal patriarcato, non consentiranno preghiere comuni. E la linea della Santa sede è quella di un cammino condiviso verso la piena comunione con le chiese ortodosse, senza forzare la mano, senza imporre scenografiche liturgie da dare in pasto ai media. Specialmente dopo che i georgiani hanno disertato il concilio pan ortodosso di giugno a Creta e, pur firmando l’intesa su primato e sinodalità che ortodossi e cattolici hanno trovato a Chieti il 22 settembre, hanno voluto che nel comunicato finale della Commissione mista di dialogo teologico venissero inseriti alcuni distinguo.

Sul versante interno alla chiesa cattolica risulta invece particolarmente significativo l’ultimo appuntamento di venerdì 30, alle 18, nel quale papa Francesco incontrerà la piccolissima comunità assiro-caldea nella chiesa cattolica caldea di San Simone Bar Sabbaè (katolikos della chiesa nestoriana del quarto secolo).
Si tratta di poche migliaia di persone che ancora oggi parlano l’aramaico (la lingua di Cristo), radicate nella regione caucasica a partire dal 1770 anche se molti arrivarono nel 1915 da Turchia e Iran, al tempo del genocidio e delle persecuzioni. Il merito principale di questo incontro voluto dal papa è di far uscire dall’oblio queste popolazioni e di incoraggiarle a continuare il loro cammino di fede.

Il programma

Il papa atterra alle 15 di venerdì a Tbilisi.
Ad attenderlo il presidente della repubblica, Giorgi Margvelashvili, e il patriarca della chiesa ortodossa georgiana Ilia II. Francesco visita il presidente, le autorità, la società civile e alle 16.40 si reca nel palazzo del patriarcato. Infine alle 18 incontra la comunità assiro caldea.

Sabato 1° ottobre il papa celebra la messa allo stadio Meskhi, nella capitale della Georgia. Dopo pranzo incontra sacerdoti religiosi e seminaristi nella chiesa dell’Assunta: dopo gli interventi di quattro tra i presenti, Francesco parlerà a braccio. Alle 17, nel centro dei Camilliani, il papa si intrattiene con assistiti e operatori delle opere caritative della chiesa. Infine, alle 18.15, visita la cattedrale patriarcale di Svetitskhoveli a Mtskheta.

Domenica 2 ottobre, il papa parte da Tbilisi alle 8.10 per atterrare a Baku, capitale dell’Azerbaijgian un’ora dopo. Alle 10.30 celebra la messa nella chiesa dell’Immacolata nel centro dei salesiani, dove si ferma per il pranzo. Alle 15.30, Francesco si reca in visita di cortesia al presidente Ilham Alyev (già ricevuto in Vaticano nel marzo 2015) per poi visitare il monumento ai caduti per l’indipendenza dove depone una corona di fiori. Alle 17 incontra le autorità del paese nel moderno centro Heidar Alyev, progettato da Zaha Hadid.
Prima di ripartire per Ciampino, papa Francesco fa visita alla moschea Heidar Alyev dove viene accolto dallo sceicco dei musulmani del Caucaso per poi partecipare a un incontro interreligioso.

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