L'etica nello spazio ecumenico. Dove va la morale?

Prende il via giovedì 30 novembre, alle ore 17, nella sede della Facoltà teologica del Triveneto il ciclo di incontri “Dove va la morale? L’etica nello spazio ecumenico”, promosso da facoltà teologica e fondazione Lanza. Un percorso in quattro tappe che esplorerà il futuro dell’etica in un tempo di cambiamento e che intende valorizzare, tra l’altro, quanto è emerso in occasione delle celebrazioni per i 500 anni della Riforma protestante

L'etica nello spazio ecumenico. Dove va la morale?

Prende il via giovedì 30 novembre, alle 17, nella sede della Facoltà teologica del Triveneto il ciclo di incontri “Dove va la morale? L’etica nello spazio ecumenico”, promosso da facoltà teologica e fondazione Lanza. Un percorso in quattro tappe che esplorerà il futuro dell’etica in un tempo di cambiamento e che intende valorizzare, tra l’altro, quanto è emerso in occasione delle celebrazioni per i 500 anni della Riforma protestante. Sul tema "Liberati per servire. In dialogo con l’etica evangelica", interverranno Ilenya Goss, pastora valdese di Vicenza, e Giuseppe Quaranta, docente della facoltà. 

Pastora Goss, a 500 anni dalla Riforma protestante, quali elementi fondamentali caratterizzano lo stile di etica delle chiese evangeliche? Ci sono differenze importanti tra di esse in quest'ambito?

«Vi sono alcune idee-guida nella riflessione etica delle chiese protestanti: la nozione di responsabilità ha indubbiamente un ruolo centrale. La declinerei in due direzioni, da un lato responsabilità come risposta alla Parola che chiama, che interroga e che è rivolta all’essere umano dal Signore; dall’altro responsabilità come capacità di relazione con gli altri in spirito di servizio. Fa piacere ricordarlo ancora una volta nel volgere al termine di questo cinquecentenario della Riforma: il testo di Lutero La libertà del cristiano non ha bisogno di attualizzazioni, perché offre una interpretazione chiara della relazione inscindibile tra la fede e l’etica proprio in queste due direzioni, spesso fraintesa nel corso della storia che ha caricaturato il messaggio centrale della Riforma. Il discorso sull’etica richiede qualche parola in più se parliamo in generale di chiese “evangeliche”, perché vi sono differenze anche molto importanti. Il diverso rapporto con la Scrittura delle chiese protestanti storiche e delle chiese evangelicali è fonte di una impostazione completamente differente dell’etica teologica».

Un secolo di dialogo ecumenico ha aperto possibilità di convergenza che anche solo qualche decennio fa erano impensabili: quali sono le prospettive più interessanti in tal senso nei confronti della teologia morale cattolica?

«Nelle diverse occasioni di incontro e confronto che ho avuto ho constatato una forte volontà da parte dei teologi morali cattolici di comprendere, di dialogare su aspetti pastorali, teologici, e un grande interesse per le diverse espressioni della teologia della Riforma. A livello di etica teologica, o di teologia morale in ambito cattolico, l’impostazione della riflessione rimane molto diversa. Questa differenza non impedisce un fruttuoso confronto, proprio perché mette in relazione due modelli, con presupposti diversi e quindi spesso con conseguenze diverse nel ragionamento etico. Talvolta le convergenze di tipo pastorale lasciano in secondo piano le differenze dell’impianto argomentativo, ma penso sia importante lavorare anche sul piano più difficile, lasciandosi interrogare da una modalità diversa dalla propria di affrontare lo stesso problema».

Come può una prospettiva ecumenica contribuire a un'etica civile, per vivere le nostre città sempre più plurali?

«Cito spesso il titolo di un testo del prof. Ermanno Genre, Cittadini e discepoli, che non a caso è un testo di catechetica. L’accostamento tra essere cittadini del proprio paese, e del mondo, ed essere discepoli di Cristo Gesù suggerisce due aspetti dello stesso stile. L’etica teologica protestante si è sempre confrontata con le forme del vivere civile in modo stretto, forte, assumendo tutti i rischi del caso. La multiformità del nostro mondo ci costringe a un lavoro ecumenico anche più forte, e credo che in questo il pontificato di papa Francesco sia un elemento importante nella ridefinizione dei compiti e delle priorità delle chiese, talvolta anche come provocazione. Una espressione cristiana multiforme è una benedizione, ma la testimonianza comune dell’unico Signore è fondamentale nella realtà frammentata che viviamo. È necessario compiere scelte chiare, a favore degli esseri umani, con lucidità e coraggio di collocarsi in modo netto e non sempre accondiscendente. Credo che sia questo per noi oggi il compito di essere pienamente nel mondo senza però essere del mondo, senza adeguamenti alla mentalità distruttiva che spesso ci minaccia».

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