La telefonata di papa Francesco a mons. Pasini

La voce di papa Francesco. Una di quelle sorprese che non ci si aspetterebbero mai. Uno di quei segni dal cielo – per chi si nutre di fede come mons. Giuseppe Benvegnù Pasini – che dicono: vai avanti, la strada è quella giusta, anche se è in costante salita. Vai avanti, il Signore è con te.

La telefonata di papa Francesco a mons. Pasini

Una di quelle sorprese che non ci si aspetterebbero mai. Uno di quei segni dal cielo – per chi si nutre di fede come mons. Giuseppe Benvegnù Pasini – che dicono: vai avanti, la strada è quella giusta, anche se è in costante salita. Vai avanti, il Signore è con te. È questo il senso più profondo che mons. Pasini, già direttore di Caritas italiana e presidente della fondazione Zancan dal 1997, ha dato alla telefonata ricevuta da papa Francesco in persona martedì scorso – il 3 marzo, esattamente alle 12.01 – perché «sono date e minuti che non si dimenticano più». Mons. Pasini, ospite dell’hospice Paolo VI all’interno della fondazione Oic a Padova, descrive quei brevi istanti di conversazione con il pontefice densi di significato, come se fossero durati a lungo. «Ho ricevuto la chiamata direttamente sul mio cellulare. Una voce che non conoscevo mi ha chiesto: “È lei mons. Giuseppe Pasini”. Ho risposto di sì e... “Sono papa Francesco”».

«Sono scoppiato a piangere perché mai mi sarei aspettato che papa Francesco chiamasse proprio me...» racconta con l’emozione ancora viva sulla pelle mons. Giuseppe Pasini. L’anello di congiunzione tra il sacerdote e il pontefice è stato il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, legato a mons. Pasini da una fraterna amicizia maturata nel periodo, dal 1986 al 1996, in cui il sacerdote padovano è stato direttore nazionale della Caritas. «Mons. Montenegro ha saputo fin dall’inizio della mia malattia – spiega mons. Pasini – e anche che, dopo lo sconforto e la disperazione iniziale, ho deciso che dovevo dare un “senso unico” alla mia malattia e alla mia sofferenza, dedicandoli a papa Francesco e alla sua opera riformatrice della chiesa. Perché con la mia preghiera quotidiana potesse compiere al meglio la sua missione di dare una nuova “forma” alla chiesa. Ho scoperto che questo era il vero senso della mia vita». Per questo il papa ha chiamato mons. Pasini: «Per ringraziarmi e chiedermi, insistentemente, di continuare a pregare per lui e per la chiesa, offrendo la mia malattia al Signore per questa causa». 

«Il destino dei profeti è di vivere la vita senza riconoscimenti – sottolinea Tiziano Vecchiato, direttore della fondazione Zancan – Ma oggi è tutto diverso. Oggi stiamo vivendo la bellezza di questo riconoscimento, la bellezza del momento in cui un papa ha voluto rendere omaggio a un profeta. È un omaggio a un profeta “di casa nostra” che ha dato un contributo altissimo alla chiesa, prefigurando nelle proprie scelte di vita la direzione di una missione riformatrice. Un papa che ringrazia chi offre la propria sofferenza per il bene di tutti riconosce che questo è “bene integrale” donato a tutti». Vecchiato ha aggiunto: «Vivere con i profeti non è semplice: ti spingono ad andare oltre il "come sempre". È una scuola di vita, uno stimolo continuo a trovare risposte ai problemi umani fondamentali e a far incontrare carità e giustizia». 

Una vita spesa a servizio della chiesa diocesana di Padova e di quella italiana, quella di mons. Giuseppe Pasini: classe 1932, nei primi anni di sacerdozio, dal 1963 al 1967, fu animatore pastorale della nascente zona industriale di Padova e insegnante di dottrina sociale alla scuola di servizio sociale dell’Onarmo. In seguito fu chiamato a Roma come viceassistente nazionale delle Acli, incarico che ricoprì fino al ’72, quando mons. Giovanni Nervo lo volle al suo fianco nella fondazione della Caritas italiana. Con mons. Nervo, nel 1964 a Padova, ha contribuito alla nascita della fondazione Emanuela Zancan, oggi riconosciuta come istituzione di rilevante interesse culturale nell’ambito degli studi e della ricerca nel settore sociosanitario.

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