Le lettere di san Paolo: scritte ai cristiani di allora, parlano ai cristiani di oggi

Paolo di Tarso: le lettere è il titolo della prima pubblicazione di don Andrea Albertin, prete dal 2001 e insegnante di letteratura paolina e giovannea presso la Facoltà teologica del Triveneto e l’Istituto superiore di scienze religiose di Padova.

Le lettere di san Paolo: scritte ai cristiani di allora, parlano ai cristiani di oggi

Il volume (Carocci editore, pp 192, euro 15,00) offre alcune chiavi di lettura delle lettere paoline, tenendo conto soprattutto dell’intenzione persuasiva che le anima e prestando particolare attenzione allo stile comunicativo dei singoli testi.

Don Andrea, da dove nasce l’idea di un libro sulle lettere di Paolo?
«Mi sembra che i cristiani solitamente abbiano più dimestichezza con i vangeli, piuttosto che con la figura e gli scritti di Paolo. Nella realizzazione del libro ho sempre avuto l’obiettivo di offrire al lettore uno strumento qualificato, ma non troppo specialistico, per familiarizzare con i testi paolini. In questo sono stato aiutato dalla casa editrice Carocci i cui volumi hanno un intento divulgativo».

Qual è la chiave interpretativa degli scritti paolini che emerge dal suo libro?
«Il libro inizia con un capitolo biografico, per sottolineare che l’incontro con il Risorto orienta in modo nuovo la vita dell’apostolo: a un livello spirituale, intellettuale ed esistenziale. Paolo perciò scrive con l’esigenza di dare ragione di questo incontro e in ogni suo scritto traspare questa esperienza. In particolare, non racconta nulla della vita terrena di Gesù, ma annuncia la trasformazione che ha portato nella sua esistenza e lo fa cercando di persuadere e convincere i lettori di allora e di oggi ad abbracciare il vangelo di Dio, che è Gesù Cristo. Nelle varie situazioni problematiche che emergono nelle comunità la sua prospettiva è questa: cosa significa affrontare queste tensioni dopo aver incontrato Gesù Cristo?».

Qual è una tematica paolina che le sembra parlare alla chiesa di oggi?
«Una situazione diffusa nelle comunità delle origini era il fatto di essere miste, cioè formate da discepoli di Gesù provenienti dall’ebraismo e dal paganesimo. C’erano perciò tensioni dovute alle tradizioni culturali e religiose diverse. Come mettere insieme i membri di queste comunità senza appiattire le differenze, ma mantenendo la ricchezza della diversità? Paolo non offre soluzioni semplicistiche, ma coglie il pretesto per dire cosa significa vivere il vangelo in queste situazioni. Il modello è Cristo: egli ha vissuto con umiltà, non si è mai imposto, inoltre ha manifestato il suo amore con il servizio, per costruire unità. Questi sono criteri indispensabili per i cristiani d’oggi».

Cosa significa per la sua vita di cristiano e di prete approfondire le lettere paoline?
«Storicamente Paolo non ha incontrato Gesù, ma l’ha accostato attraverso la testimonianza di altri. Lo stesso è successo a me. Gesù infatti mi è venuto incontro attraverso la vita di tante persone, a partire dalla mia famiglia, la mia parrocchia d’origine, la mia diocesi e poi nelle esperienze di studio a Roma e in Terra Santa. Questa consapevolezza mi dà lo slancio per essere un testimone appassionato, perché attraverso di me Gesù incontrerà altri».

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