Marco Frisina: "La fede e il canto maturano assieme"

Ospite a Villa Immacolata di Torreglia per incontrare cantori, organisti, animatori liturgici, cori, don Marco Frisina riflette sulla musica sacra e sul servizio che il canto occupa nelle assemblee liturgiche.

Marco Frisina: "La fede e il canto maturano assieme"

Ci sono state per secoli generazioni di cristiani che hanno conosciuto solo il canto gregoriano come unica forma di espressione musicale all’interno della chiese e delle liturgie; poi è arrivata la polifonia con Palestrina e solo ultimamente, “appena” 50 anni fa il Concilio Vaticano II, la riforma liturgica che ha valorizzato ulteriormente il valore e il significato del canto e della musica nella celebrazione eucaristica e nelle altre forme di preghiera comunitaria.

Anche il repertorio della nostre parrocchie in questi anni si è modificato (a volte con troppa frequenza e velocità), rinnovandosi con l’aggiunta di brani di composizione relativamente recente, ovvero successiva agli anni ’70 del secolo scorso.
Autori come Sequeri, Comi, Machetta, Buttazzo, Baggio, i brani della comunità di Taizé o del Rinnovamento nello Spirito fanno parte ormai del patrimonio espressivo e spirituale della nostre celebrazioni. Tra questi nomi, uno dei più apprezzati e le cui composizioni sono note anche a livello internazionale, c’è mons. Marco Frisina, direttore del Coro della Diocesi di Roma.
Brani come La vera gioia, Chi ci separerà, L’acqua viva sono entrati nel patrimonio di molte comunità e gruppi corali; ancor più memorabile Jesus Christ you are my life che è diventato simbolo sonoro della GMG del 2000.

Per riflettere sulla musica sacra e sul servizio che il canto occupa nelle assemblee liturgiche mons. Frisina ha incontrato a Villa Immacolata di Torreglia cantori, organisti, animatori liturgici, cori.
“Negli ultimi anni a mio parere – sottolinea – la sensibilità è aumentata notevolmente a proposito della partecipazione al canto durante le liturgie. Vedo in tutta Italia moltiplicarsi l a presenza dei cori diocesani, di quelli parrocchiali, di rassegne. L’animazione musicale delle celebrazioni viene presa sempre più sul serio, ci si mette serietà e impegno”.

Nei 50 anni trascorsi dalle riforme conciliari sono entrati nella liturgia diversi stili e generi musicali.

Secondo mons. Frisina “la molteplicità espressiva è normale, perché spesso le comunità hanno caratteristiche e tradizioni particolari, che portano con sé anche delle impronte sonore e ritmiche. Dagli anni ’70 in poi c’è stata un’evoluzione e un consolidamento in senso positivo. Le esigenze non sono più quelle di inserire brani orecchiabili e ritmici, ma di scegliere brani che possano aiutare nella preghiera in modo serio e con dei testi che siano ispirati e adeguati alla celebrazione che si sta vivendo. Si tratta di un cammino che va di pari passo con la formazione cristiana delle comunità. Se c’è poca maturità nella fede e nella formazione, c’è altrettanto poca maturità nell’espressione canora e musicale”.

Quali caratteristiche deve avere la musica liturgica?
“Ci sono dei canoni da rispettare: il testo deve essere quello biblico che la liturgia suggerisce, la melodia deve essere capace di esprimere i contenuti del testo, le forme devono essere quelle per la liturgia: coro e assemblea celebrano la Messa, cantando ciascuno la sua parte, e rispettando i ruoli e i tempi di tutta la liturgia. Allo stesso tempo la musica liturgica deve soprattutto aiutare ad entrare nel mistero celebrato”.

Ad ogni parrocchia corrisponde una storia, una tradizione, una capacità musicale più o meno grande, con tante, poche o pochissime voci disponibili. Che consiglio potrebbe dare?
“La semplicità fatta anche solo di una voce non è un problema. E’ la banalità che bisogna evitare. Si possono fare cose dignitose e autentiche anche con poche forze; non si tratta di sfoggiare esecuzioni ma di cantare e suonare con la giusta attenzione e amore per la liturgia. Ogni comunità troverà la sua dimensione. Del resto la musica nella liturgia non è un riempitivo, ma fa parte della preghiera comunitaria”.

Come definirebbe la partecipazione dell’assemblea, che spesso appare fredda?
“L’unica via è l’educazione dell’assemblea: occorre rompere quel muro che la separa dal coro e dalla celebrazione. Il muro è fatto di canti troppo difficili, dalle esibizioni del coro, dall’assenza di un animatore che prenda per mano l’assemblea e la aiuti a svolgere il suo ruolo attivo nella celebrazione”.

Ascolta l'intervista di BluRadioVeneto

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