Servi in Cristo, per i fratelli

Cinque nuovi diaconi permanenti vengono ordinati sabato 10 gennaio, alle 16 nella chiesa dell’Opsa, dal vescovo Antonio Mattiazzo. Con loro giunge a cinquanta il numero dei membri della comunità diaconale di Padova (dieci dei quali sono in formazione). Al momento sono cinquanta i diaconi permanenti in diocesi. Tra i primi ordinati, nel 1987, c’è anche Giuseppe Fincatti, il decano. Il più giovane è Salvatore Borelli, classe 1971. Ecco alcune riflessioni dei cinque ordinandi sul loro ministero.

Servi in Cristo, per i fratelli

Cresce la comunità dei diaconi permanenti della diocesi di Padova. Sabato 10 gennaio, alle 16 nella chiesa dell’Opsa di Sarmeola, il vescovo Antonio ordina Carmine Antignani (di Montà in Padova), Ermanno Baraldo (Agna), Gianni Benetollo (Tombelle di Vigonovo), Luigi Marega (Vigodarzere) e Vito Ometto (Marsango di Campo San Martino). Sale così a 50 il numero dei diaconi permanenti, di cui dieci che stanno compiendo il cammino di formazione. Il diacono più maturo è Giuseppe Fincatti, nato nel 1929 e ordinato nel 1987 (anno in cui ci sono state, a Padova, le prime ordinazioni diaconali), mentre il più giovane è Salvatore Borrelli del 1971, ordinato nel 2009.

I diaconi sono impegnati in numerosi ambiti: annuncio della Parola, catechesi adulti e ragazzi, accompagnamento di fidanzati e gruppi coppie-famiglie, battesimo e post battesimo, animazione e coordinamento Caritas, a fianco di carcerati e malati in ospedale, animazione missionaria, liturgia... Su questi fronti – a servizio di Parola, liturgia e carità – si muoveranno anche i cinque nuovi diaconi permanenti. Alla vigila dell’ordinazione, ecco alcuni pensieri sul ministero “che si apre”.

Carmine Antignani (1952, coniugato, parrocchia di Montà) «In questo momento oriento lo sguardo alla vita nuova che mi si apre davanti. Si tratta di vita nuova e nuovo canto. Vita nuova, perché l’ordinazione mi porrà al servizio di Cristo, per il bene dei fratelli, e come dice la preghiera di ordinazione, mi “conformerà a Cristo-servo” cioè uomo di Dio e per Dio, e uomo per gli altri, il che tradotto vuol dire scoprire ogni giorno di più Cristo nel volto dell’altro e servirlo. “Nuovo canto” perché dovrò resonare christi corde romano, cioè cantare Cristo con il cuore della chiesa come amava ripetere uno dei molti santi della carità di Dio. Il che è una grande missione ed è anche molto di più di tutto ciò che ho fatto finora nella mia vita, perché non si tratta solo di fare, ma di essere diacono».

Ermanno Baraldo (1976, parrocchia di Agna) «Il mio donarmi a Dio come diacono permanente nel celibato è la risposta alla domanda che da anni riecheggiava in me: cosa devo fare della mia vita? È chiaro che in me c’è solo posto per Dio e non potrei amare lui e una sposa nello stesso tempo e nello stesso modo, sarebbe un amore incompleto. Nonostante sia stato sollecitato più volte a pensare al presbiterato e agli eventuali problemi umani e materiali che un giovane diacono celibe può incontrare nella vita, mi sento di dire che il Signore mi chiama a questo e sarà lui ad accompagnarmi anche nelle difficoltà. La mia vocazione è testimoniare Dio nella carità ai fratelli non con le parole ma con le azioni. Nel mondo c’è bisogno anche di chi testimonia Dio nella quotidianità con umiltà e poca evidenza».

Gianni Benetollo (1953, coniugato, parrocchia di Tombelle di Vigonovo) «“Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!” (Fil 4,4-5). Questa esortazione la sento come rivolta a me perché nel mio cammino di discernimento ho avuto modo di sentire questa vicinanza del Signore Gesù nella mia vita: è lui che mi ha chiamato ed è lui che mi ha guidato mettendomi accanto persone che in vario modo mi hanno aiutato in questo cammino. Mi rallegro nel Signore per questa inaspettata chiamata, di cui non mi ritengo né degno, né all’altezza; chiamata che però affronto con serenità e fiducia perché so che lui continuerà a guidarmi nella misura in cui io sarò docile alla sua volontà».

Luigi Marega (1959, coniugato, parrocchia di Vigodarzere) «Grandi sono le opere che il Signore ha compiuto in me accompagnandomi in questi anni di preparazione e discernimento, infatti “le sue opere sono splendore di bellezza”, interventi amorevoli che hanno impreziosito la mia vita spirituale contribuendo a costruire nuove pagine di storia... di salvezza. Tutto questo è avvenuto in un contesto di molteplicità spirituale dove famiglia, fraternità diaconale, parrocchia e vicariato sono stati per me grembo che genera alla fede, che la consolida e la rende contagiosa. Il diaconato è una scelta di vita che allontana il pessimismo e gli affanni e che trasfigura la mia vita continuamente e con me coloro che incontro e che accolgono la mia testimonianza».

Vito Ometto (1962, coniugato, parrocchia di Marsango) «Credo che il mio diaconato sia la risposta nel riconoscere che è il Signore che agisce attraverso di me. Ecco allora che il desiderio che porto nel cuore è quello di con-formarmi a Cristo, colui che mi ha chiamato per nome, che mi ha sorretto e sostenuto nelle difficoltà. È anche colui che ha perdonato e perdona i miei errori, che attende con pazienza la mia crescita e mi aiuta a far risaltare i miei talenti. A volte mi chiedo: cosa farò come diacono? E penso che potrò vivere questo ministero come Marta e Maria: buttarmi nel fare, ma anche fermarmi per ascoltare le parole di Gesù, per farmi servo umile, trasparente e accogliente verso gli altri, perché anche loro le possano ascoltare».

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