Stanimir e Dalibork: «Vogliamo solo un futuro per i nostri figli»

Continua, anche sulle pagine della Difesa, il percorso per darsi “un’occasione di sosta per crescere nella carità” durante il periodo di avvento. L’intervista di questa settimana – la seconda dopo quella di don Luca Facco – va da aggiungersi alle proposte per le parrocchie raccolte nel sito caritaspadova.it

Stanimir e Dalibork: «Vogliamo solo un futuro per i nostri figli»

«Anche noi vogliamo una vita come gli altri. Vogliamo che i nostri bambini crescano come gli altri».
Lo ripetono più volte, Stanimir e Dalibork, 31 e 32 anni, mentre mi raccontano ciò che stanno vivendo. Siamo intorno al tavolo della casa dove vivono da cinque anni, in un quartiere di Padova.
Con noi c’è anche Loredana, la volontaria Caritas che li “accompagna” nel momento incerto che stanno vivendo.

Non hanno un lavoro e non è facile sfamare ogni giorno i loro cinque bambini.
Ci sono anche loro, sorridenti e curiosi, intorno al tavolo. Le più grandi frequentano una la quinta e l’altra la quarta elementare. Il più piccolo, Giuseppe, compirà un anno il prossimo giorno di Natale. Passa più volte dalle braccia della mamma a quelle del papa e... fa sentire la sua presenza.

Stanimir e Dalibork si sono conosciuti nel 2005 in Serbia, la loro terra di origine. Si sono sposati dopo un anno e la prima bambina è arrivata l’anno successivo. Poi, non senza difficoltà burocratiche, sono venuti in Italia.
«Per me non era la prima volta – racconta Stanimir – Sono venuto in questo paese da piccolo, con i miei genitori. Qui ho frequentato la scuola dell’obbligo e poi tre anni in un centro di formazione professionale specializzandomi in tornitura e programmazione di macchine a controllo numerico».
L’estate scorsa, per restare aggiornato e avere nuove opportunità di lavoro, ha frequentato un corso per operatore logistico, ottenendo anche il patentino per il muletto.
«Un lavoro, però, non riesco a trovarlo. Negli ultimi anni c’è stato un calo nel settore meccanico, parecchie agenzie interinali hanno chiuso... Io continuo a portare in giro il curriculum. In questi giorni sono stato anche all’agenzia per l’impiego per aggiornare la mia situazione. Mi sto proponendo come magazziniere, visto l’ultimo corso fatto. La buona volontà ce l’ho. Se qualcuno mi offre un lavoro, io vado!».

Stanimir parla di lavoro, ma il pensiero corre sempre ai suoi bambini.

«Sono stati fatti con il cuore. Sono l’unica cosa di cui non mi pento... Ma voglio dare loro un futuro. Voglio che ci sentiamo una famiglia normale: con un lavoro, con la possibilità di pagare l’affitto, le bollette. Andando avanti così... non si riesce. Devi sempre chiedere aiuto... Per questi bambini, per poterli far crescere».

Dalibork ascolta il marito. Tiene in braccio Giuseppe, che continua con i suoi urletti.
«Io ho lavorato tre anni come collaboratrice domestica. Ora sono a casa, perché la famiglia dov’ero non aveva più bisogno. Devo sempre chiedere aiuto... Per fortuna c’è qualcuno disponibile con noi, altrimenti non ce la faremmo».
«Siamo uniti – sottolinea Stanimir – e questo ci permette di andare avanti. Lo facciamo per i bambini».

Non mi è facile chiedere a Stanimir e Dalibork come stanno in questa situazione di incertezza.

«Sono i bambini che mi danno la forza – spiega il giovane papà – Quando non ho niente, guardo loro. Se non c’è niente da mangiare, noi genitori non mangiamo, ma se loro hanno fame, vado a chiedere l’elemosina davanti al supermercato. Umilmente... Non mi vergogno, perché non prendo quei soldi per chissà cosa. Faccio la spesa per i bambini! È difficile andare avanti, lo sappiamo, ma grazie a Dio ci sono persone buone che ci guardano».

«Io sto molto male – risponde Dalibork – Non posso andare avanti così. Siamo entrambi senza lavoro... Ogni sabato e domenica vado davanti alla chiesa qui vicino e chiedo l’elemosina. Solo poche persone mi aiutano... Sto male, non so dove sbattere la testa. Anch’io... voglio una vita come gli altri. Anch’io voglio che i miei figli crescano come gli altri. Se trovassi tre/quattro ore di lavoro, mi sentirei meglio. Solo per Giuseppe servono 5 euro ogni giorno per il latte. Non vado a rubare! Vado a chiedere l’elemosina, vado a chiedere aiuto».

Stanimir e Dalibork riconoscono che ci sono tante persone che li guardano con occhi di bene e che li aiutano: vicini di casa, amici d’infanzia, volontari Caritas... qualche prete.
Con le rispettive famiglie il discorso è diverso: i genitori di Dalibork sono entrambi mancati, con quelli di Stanimir non ci sono più rapporti da tanti anni. Abitavano con loro a Padova, appena nata la prima bambina, ma qualcosa si è spezzato. Stanimir e Dalibork hanno dovuto lasciare quella casa.
Per un periodo... hanno anche dormito in strada. Con una bambina piccola.

Il nostro incontro sta quasi per finire. Azzardo un’ultima domanda: cosa chiedete a Dio?
«La salute per i nostri bambini – rispondono entrambi – Loro sono il nostro benessere. Gli chiediamo di aiutarci a stare insieme, perché solo così riusciamo a superare le difficoltà».

Ci lasciamo con il sorriso.
Quello dei bambini, che non hanno perso una parola di ciò che mamma e papà hanno detto. Quello di Stanimir e Dalibork: sincero, mai ingenuo, consapevole delle difficoltà, che lotta. Un sorriso che guarda al futuro.

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