Volontari Caritas a confronto per un servizio sempre più efficace

228 volontari spronati a dare un nome alle proprie emozioni e a riconoscere il loro modo di porsi nei confronti degli utenti. Gli operatori dei centri di ascolto delle povertà e delle ricchezze dei 26 vicariati della diocesi in cui questa realtà ha preso vita come minimo da anno, si sono messi in gioco lo scorso 19 aprile, all’Oic della Mandria, aiutati da 16 facilitatori e dalle provocazioni di Luigi Gui.

Volontari Caritas a confronto per un servizio sempre più efficace

La giornata di formazione, dal tema “L’inedito dell’altro in un orizzonte che non è il mio”, ha visto una rappresentanza di tutti i vicariati e una grande risposta e partecipazione fattiva degli operatori.
«È il secondo anno che offriamo ai volontari questo tempo di formazione – ricorda Daniela Crivellaro, referente per Caritas diocesana – Partendo da quanto emerso l’anno scorso abbiamo individuato le piste di riflessione per quest’edizione, confrontandoci anche con i diversi coordinatori vicariali».

I partecipanti, dopo la provocazione iniziale, sono stati divisi in 14 gruppi seguiti dai facilitatori.
«Abbiamo condiviso il tema della giornata, che puntava sul profilo del volontario e sul fatto che non possiamo fare miracoli né sostituirci alla volontà dell’altro, ma metterci insieme e camminare a fianco».
All’interno del laboratorio, i volontari hanno guardato al loro cammino e alla loro esperienza personale. «In particolare è emersa anche la necessità come gruppo-volontari di crescere insieme e di darci spazi per l’approfondimento, il confronto ulteriore e la preghiera».

Ai coordinatori dei centri di ascolto è stato chiesto di raccogliere impressioni e richieste dei volontari, che saranno punto di partenza per la proposta formativa dell’anno prossimo.
«È fondamentale aver cura di chi si sta prendendo cura dell’altro – sottolinea Crivellaro – altrimenti difficilmente riusciremo ad accompagnare, a essere d’aiuto e a tracciare percorsi nuovi».
Per Elisa Soattin, una dei 16 facilitatori, l’incontro è stato davvero un’occasione fondamentale. «Di proposito all’interno dei gruppi nessuno si conosceva – racconta – per dare l’opportunità di un confronto libero, raccontando le diverse realtà e modi di gestire lo sportello per potersi così regalare un contributo reciproco. Le difficoltà maggiori sono proprio legate alla poca abitudine a riflettere sul proprio sentire, sul modo di gestire le proprie emozioni ed emotività».
La giornata del 19 aprile non è stata quindi la classica proposta di formazione. «Qui c’è stato un laboratorio rivolto al mondo interno con passaggi non scontati e fondamentali. Il leggere il proprio mondo interiore, riflettere sui propri sentimenti ed emozioni è una grande conquista e permettere di stare nella relazione di aiuto in modo diverso. Con una consapevolezza maggiore».

Le emozioni emerse dal lavoro laboratoriale sono state diverse: dalla rabbia alla gioia, dal senso di impotenza e frustrazione alla soddisfazione, dalla delusione al calore.
«Dicono una vita e una relazione. Certo è che un percorso di questo tipo va continuato e sostenuto. I volontari l’hanno richiesto e io lo auspico come facilitatore».
Su questa linea anche Giuliano Chimento, coordinatore del centro di ascolto vicariale di Valstagna. «Queste giornate sono fondamentali – afferma – Per noi volontari è importante non sentirci isolati, o una cosa a sé, ma toccare con mano che si far parte di un gruppo, ampio, diocesano, e avere la possibilità di confrontarsi. Questo nostro servizio ci insegna che risposte certe non ne ha nessuno e in particolare mi ha colpito la provocazione sul concetto di assistenzialismo. Si fa un bel dire, però le realtà che noi seguiamo non sono famiglie o persone con cui è possibile e realistico fare un progetto di “uscita dal tunnel”: sono realtà che per la loro povertà culturale dovranno essere seguite e assistite per tutta la vita. Ma come volontari dobbiamo maturare in questo e, in particolare, nel cercare di non cadere nel “tanto paghiamo sempre”».
Sono 25 i volontari nel centro di ascolto, che si struttura in due sportelli: uno a Valstagna, aperto ogni sabato mattina, e uno ad Arsiè il giovedì ogni quindici giorni. «La difficoltà maggiore con cui ci scontriamo è che vorremmo sempre poter dare risposte esaustive. Ma non è possibile. Ed è stato importante all’interno dei gruppi poter condividere questo. Non esistono schemi o ricette che ti possano dire come comportarti: è necessario basarsi sulla realtà e sulla singolarità di ogni persona che arriva al nostro centro di ascolto. In questo senso, il lavoro dell’équipe è un punto imprescindibile di scambio e di confronto».

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