A cura del corpo e dello spirito

Una mostra che si pone all’inizio e non solo alla fine di un cammino di ricerca: è anche questo “La salute e la fede”, l’esposizione dei beni culturali presenti nelle sedi dell’Azienda ospedaliera e nell’Ulss 16 di Padova allestita nel salone di piano terra riservato alle rassegne temporanee di palazzo Zuckermann a Padova. La mostra resta aperta fino al 20 luglio con orario 10-19, escluso il lunedì.

A cura del corpo e dello spirito

Una statuina della Madonna in sala d’aspetto che, confidente appendino di lacrime, speranze e preghiere, porta al collo un fascio di corone del rosario; oppure un piccolo crocifisso lassù, quasi nascosto dietro al condizionatore... Nei luoghi di cura anche oggi non sono assenti i segni della fede, allo stesso modo in cui non manca, discreta e non intrusiva, la presenza dei cappellani e dei volontari che passano nei reparti per una parola di conforto e il sacramento dell’eucaristia.
È passato però il tempo in cui la cura del corpo e la salute spirituale erano intese come parte integrante di un unico progetto cristiano di salvezza. A questa concezione facevano riferimento gli antichi luoghi di carità e assistenza, ospizi e lazzaretti che accomunavano pellegrini, poveri e malati; a questo ideale si conformò poi anche il primo ospedale “grande” di Padova, fondato agli inizi del Quattrocento, giusto sei secoli fa, dai coniugi Baldo Bonafari e Sibilia Cetto, non a caso sotto l’egida di san Francesco.
«L’ideale francescano – spiega la curatrice della mostra di palazzo Zuckermann “La salute e la fede” – è l’ispiratore dell’iniziativa» e il santo assisiate effettivamente compare spesso nelle tele che erano esposte alla devozione dei malati e che campeggiano ora sulle pareti del salone a piano terra del museo Zuckermann: un san Francesco genuflesso in atto di ricevere le stimmate dal Cristo sanguinante, un Francesco adorante del Crocifisso insieme ad Antonio e altri santi nelle tele provenienti dalla chiesa della Trinità, detta delle Zitelle Gasparine, o dall’altra chiesa ospedaliera di Santa Maria ad Nives.
«L’arte – scrive il cardinale Gianfranco Ravasi nel saggio iniziale del catalogo della mostra padovana – può incontrarsi con la sofferenza umana trasfigurandola» e in questo appare lo specchio migliore di una religione che ricordi come, da un lato «il dolore non è solo una questione fisiologica, biologica, medica, anatomica, ma è una questione esistenziale, filosofica, sapienziale, teologica. D’altro lato l’incarnazione spezza ogni tentativo di spiegazione meramente razionale e propone una svolta radicale, perché l’ingresso di Dio nel limite umano lo trasforma e lo trasfigura».
Le opere che appartengono al patrimonio storico-artistico dell’Ulss e dell’azienda ospedaliera esprimono questo intreccio di umano e divino, questo voler frugare nella sofferenza non con compiacimento ma con forte volontà di guarigione, consolazione e condivisione, ma anche con il desiderio di non “sprecare” l’occasione di trovare anche nella sofferenza la positività della rivelazione divina. Si può a questo proposito partire dalla più antica e significativa tra le tele esposte, quella Madonna con il Bambino, san Francesco, santa Caterina e devoti dipinta con tempera su tela, procedimento non proprio raro, ma inconsueto all’epoca, realizzata nel 1419 dal Maestro di Roncaiette (nella foto) e a suo tempo collocata nella sala del capitolo della scuola della Carità.
Quando, alla metà dell’Ottocento, la sede della confraternita fu spostata al nuovo ospedale, anche la pala fu trasferita sull’altare di sinistra della cappella di Santa Maria ad Nives. Nel centro del quadro stanno la Madonna con il Bambino, che tiene in mano un cardellino, simbolo della Passione e del passaggio dell’anima dalla vita alla morte. L’espressione del viso è singolarmente malinconica, come fossero presaghi del destino di sofferenza che li attende. Tutto attorno è raffigurato un cerchio spirituale di alto valore evocativo: sopra Dio Padre con la colomba dello Spirito, ai lati i santi che «con il capo chino – commenta Maria Cristina Zanardi – sembrano nell’atteggiamento di chi è assorto nella contemplazione» e invita la schiera dei devoti, capeggiata dai committenti, a unirsi alla sacra conversazione e all’armonia degli angeli musicanti.
Con un salto di quasi mezzo millennio, la mostra conduce quindi a leggere una tela novecentesca del vicentino Luigi Brunello, rinvenuta in un ripostiglio della chiesa delle Zitelle e restaurata da Antonio Lazzarin nel 1980. Pittore di carattere inquieto e ribelle, Brunello negli anni Quaranta fu costretto a lasciare l’insegnamento all’istituto Selvatico di Padova perché non aveva la tessera fascista e subì la deportazione della moglie ebrea che non fece mai ritorno dal lager. Egli manifestò un vivo interesse per i soggetti sacri, come dimostrano i disegni sulla vita di san Francesco oggi inseriti nel patrimonio artistico del Quirinale. La tela padovana, è una Deposizione in cui il Cristo morto è sorretto da un angelo, mentre a lato la Madonna sta a mani giunte raccolta in accorata preghiera.
Il Crocifisso, il cui corpo abbandonato senza vita mostra tutta la sofferenza della croce, affronta la morte con accanto la fede rappresentata dalla madre che non viene mai a mancare, nemmeno quando si affacciano le tenebre: è un percorso che racchiude il cammino di ciascun uomo.
Di una sofferenza e di una morte che la fede cristiana non muta ma trasfigura per redimerle e aprirle alla luce della divinità, parlano i tre crocifissi artistici esposti provenienti dall’ospedale di San Francesco: il più antico è della fine del Quattrocento, attribuito a un artista tedesco o veneziano di cultura tedesca. Con l’affacciarsi in Italia della cultura umanistica, il gotico “Cristo doloroso”, che enfatizza la descrizione della sofferenza corporea per fare scattare la partecipazione del devoto, si addolcisce in un equilibrio armonico, in cui prevale la dignità dell’uomo, anche nel punto estremo della morte. Il corpo del crocifisso del primo seicento, stilisticamente vicino allo stile di Francesco Terilli, e il piccolo “Cristo vivente” sei-settecentesco si animano di un’energia nuova, quasi si protendessero verso l’aldilà unendo, secondo il dettato del concilio di Trento appena concluso, in un’unica, sintetica immagine il dolore della passione e la gloria della risurrezione.

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Parole chiave: Salute e fede (1), Ulss 16 (5), arte sacra (2), sanità (92)