I laboratori dell'Infn di Padova inaugurano il nuovo ciclotrone

Un acceleratore nucleare di nuovissima generazione creerà nuclei instabili, non esistenti in natura, che aiuteranno a capire come nel crogiolato stellare si sono formati gli elementi pesanti del nostro universo e nello stesso tempo fornirà nuovi isotopi “teragnostici” a servizio della ricerca medica.

I laboratori dell'Infn di Padova inaugurano il nuovo ciclotrone

«Spes è ormai più di una speranza per il futuro della ricerca nei laboratori nazionali di Legnaro dell’Istituto di fisica nucleare». Lo sostiene con convinzione il direttore Giovanni Fiorentini: con l’inaugurazione, avvenuta la scorsa settimana, del ciclotrone che rappresenta il cuore del progetto Selective production of exotic species, ci si avvia ormai alla fase operativa di un’impresa dalla duplice faccia.

L’acceleratore circolare di alta intensità appena ultimato è in grado di produrre e accelerare protoni al ritmo di dieci milioni di miliardi al secondo. Dal ciclotrone saranno estratti due fasci di protoni: uno dedicato agli studi di astrofisica nucleare, e l’altro alle applicazioni, in particolare rivolte alla medicina, soprattutto per la cura di tumori e delle malattie circolatorie, ma anche allo studio delle proprietà dei nuovi materiali, mediante l’irraggiamento con neutroni.

Anzitutto permetterà di svolgere ricerche su nuclei in condizioni estreme, che non troviamo sulla Terra ma che si verificano in fasi avanzate dell’evoluzione stellare. «Ci muoviamo in una prospettiva di pura conoscenza – afferma ancora Fiorentini – per sapere come è fatto il nostro universo, per capire i meccanismi attraverso cui si sono formati gli elementi più pesanti della tavola periodica. Mentre nella fase iniziale, il big bang ha prodotto nuclei leggeri, di idrogeno, elio e pochi spiccioli di litio, l’universo oggi appare composto da elementi molto più pesanti come l’uranio, il piombo e l’oro. Per capire come si sono formati bisogna entrare nella fucina delle stelle, questi enormi calderoni che producono elementi sempre più pesanti e poi li disseminano in giro. Se ci fosse stata solo la nucleosintesi primordiale, l’universo sarebbe solo una grande nuvola di idrogeno ed elio. Ma in qualche stella ha cominciato a farsi l’ossigeno, il carbonio, e via via tutti gli elementi che sono poi stati immessi negli spazi interstellari dalle esplosioni stellari».

Per la fisica nucleare è importante poter usufruire della capacità di Spes di produrre nuclei fortemente instabili, in condizioni estreme, assai diversi da quelli che troviamo sulla Terra, perché la maggior parte delle nostre conoscenze sulle proprietà dei nuclei è stata acquisita attraverso lo studio di nuclei stabili esistenti. Alcuni dei nuclei radioattivi prodotti dal ciclotrone hanno un tempo di dimezzamento breve, pochi secondi o giù di lì. Questi non si trovano in natura, perché vengono subito sostituiti dai loro figli più stabili o da isotopi con una vita più lunga.

Ma lo stesso ciclotrone può produrre nuclei con tempi di dimezzamento di giorni o mesi e sono quelli che vengono utilizzati dalla medicina nucleare, la quale deve avere il tempo di iniettare al paziente delle sostanze, sapendo nel contempo che non resteranno troppo a lungo per non intossicarlo di radiazioni e che potranno essere eliminate in un tempo clinicamente ragionevole.

Il ciclotrone funziona in base a un processo di fissione nucleare per certi versi simile a quella che avviene in un reattore, ma in assoluta sicurezza perché le reazioni non sono in grado di autosostenersi: appena si spegne la corrente, rimane un minimo di radioattività residua che nel giro di qualche ora permette di accedere al vano più interno del ciclotrone. E poi anche le potenze in gioco sono molto ridotte: il numero di fissioni del ciclotrone di Legnaro è di un milionesimo rispetto a quello di una centrale nucleare.

«Molti dei radioisotopi usati in medicina – spiega ancora Fiorentini – sono sottoprodotti delle reazioni che avvengono in reattori nucleari, spesso di un tipo vecchio e intrinsecamente pericoloso perché usano uranio 235, lo stesso delle bombe atomiche, in condizioni di estremo arricchimento. La tendenza che sta prendendo piede è quella di produrre i radioisotopi necessari alla medicina con acceleratori che usano il cosiddetto “uranio impoverito”, incapace di provocare esplosioni, lavorando in condizioni molto più controllate, al punto che si può portare un acceleratore dentro un ospedale. E infatti ce ne sono a Bologna, come a Milano…».

Gli attuali acceleratori ospedalieri, come quelli in funzione, nel Veneto, a Castelfranco e Negrar, producono fluoro 18, il radioisotopo d’uso più comune. Ma c’è tutta una serie di isotopi che non possono essere prodotti in ciclotroni ospedalieri di piccola potenza, ma che sono interessanti per la sperimentazione medica.

In particolare si sta studiando una serie di nuclei dalle proprietà “teragnostiche”, che mettono insieme terapia e diagnostica. La speranza, in altre parole, affidata a questi nuovi nuclei è che servano sia a localizzare le cellule malate che a distruggerle, con effetto curativo. Si realizza un po’ la situazione delle “bombe intelligenti” che scoprono il bersaglio e contemporaneamente vanno a distruggerlo. Vari paesi si stanno dotando di ciclotroni di nuova generazione, ma sono macchine ancora relativamente poco diffuse; in Europa oltre a quello di Legnaro, ce n’è un altro, in Francia, che ha capacità analoghe, Spiral2. Spes e Spiral2 sono parte di un più ampio progetto europeo, Eurisol, che comprende anche il potenziamento dell’apparecchiatura già esistente al Cern di Ginevra, Isolde.

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