I libri e i ragazzi per l'autore francese Bernard Friot

I bambini e i ragazzi leggono sempre meno, perché non sono liberi di incontrare i libri che hanno bisogno di tempo e di relazioni “affettive” con i lettori. Ecco il pensiero di Bernard Friot, scrittore "pubblico" per ragazzi e tra i più conosciuti in Francia.

I libri e i ragazzi per l'autore francese Bernard Friot

Da Cenerentola dei generi letterari, quella per l’infanzia è una letteratura che piano piano sta risalendo la china, grazie al lavoro senza tregua di appassionati librai e creativi scrittori che anche in Italia, negli ultimi anni, hanno puntato sul suo potenziale appeal anche per avvicinare di nuovo, o ahimè per la prima volta – ma non è mai troppo tardi – gli adulti alle pagine di testi classici, illustrati e moderni, e renderli maggiormente consapevoli che esistono valide alternative ai tradizionali percorsi di lettura imposti unicamente dalle novità commerciali.
In questa impresa, a volte forse un po’ disperata, crede la libreria indipendente Pel di Carota di Padova che da sei anni, da poco compiuti, organizza laboratori, incontri, eventi per avvicinare gli autori di libri per l’infanzia al pubblico, come la scorsa settimana ha fatto con Bernard Friot, scrittore di racconti, albi, romanzi e poesie tra i più affermati in Francia, che ha tenuto a Padova “lezioni” sul linguaggio poetico rivolte a una fascia eterogenea d’età, dai ragazzi agli adulti, «perché la poesia non ha tempo» prendendo spunto dal suo Dieci lezioni sulla poesia, l’amore e la vita (Lapis, 2015).
Molte sue storie, brevi ma intense (come Un altro me pubblicato da Topipittori oppure Il mio mondo a testa in giù, Racconti a testa in giù, Altre storie a testa in giù, La mia famiglia e altri disastri, tutti editi da Il Castoro) nascono per aiutare i ragazzi con difficoltà di lettura.
Bernard Friot, per anni insegnante di scuola superiore prima di dedicarsi esclusivamente al mondo dei libri e alla loro “venuta al mondo”, dalla sua prima carriera ha tratto un insegnamento prezioso che oggi gli permette di capire ancora meglio i lettori in erba. «Ogni ragazzo ha una storia a sé, ognuno è diverso e la prima regola che ci si deve sempre dare è di non impedire loro di fare, di imparare. Spesso pensiamo che basti dire, parlare, spiegare… e intanto il piccolo ingoia il sapere, ma non è così. Ha, prima di tutto, bisogno di fare esperienza per scegliere il suo personale cammino, anche in materia di libri e letture. Per me motivarli, accompagnarli, nutrirli di letteratura, qualunque essa sia, è fondamentale e bellissimo». I bambini leggono sempre meno, distratti come sono dalle tecnologie, dalla tv, da internet. Dove sta la nostra responsabilità di adulti?
«Non diamo loro libertà e vogliamo sostituirci al loro apprendimento spontaneo. Spesso gli insegnanti mi dicono che i bambini non leggono più, ma allora chiedo: “Nella tua scuola c’è una biblioteca? E quali titoli ci metti dentro? Quelli che piacciono a te oppure lasci liberi i bambini di scegliere?”. Anche i genitori, gli educatori in genere scoraggiano con frasi ripetute alla nausea, come “Non c’è tempo per leggere” oppure “Sei troppo piccolo o sei troppo grande per quel libro”. Non esistono testi giusti o sbagliati: ognuno deve sentirsi libero di avvicinarsi a ciò che vuole».

Lei si definisce “scrittore pubblico”.
«Per tre semplici motivi: il primo è che mi piace ascoltare bambini e ragazzi, quello che hanno da dire, da raccontare e perciò ricerco molto l’incontro con loro. Il secondo è che scrivo con loro, imparando tanto proprio da quello che mi dicono e, a mia volta, faccio loro domande e mi interrogo sulle strutture narrative che usano. Terzo: prima di proseguire con la scrittura, sperimento sempre i miei scritti leggendoli in anteprima nelle classi e apprendo dalle loro reazioni perché mi sorprendono e sono più intelligenti di quanto mi aspetti ogni volta».

A suo giudizio, la letteratura per l’infanzia oggi è snobbata?
«Dipende. Non sono i libri che non sono riconosciuti, ma sono i lettori a essere nascosti. A me, personalmente, importano loro – i lettori – più dei libri in sé. Durante i miei incontri con i ragazzi chiedo di portare un libro che li ha colpiti o che non riescono a dimenticare e arrivano le cose più originali perché s’instaura un legame affettivo con un libro che spesso nasce dentro le mura domestiche e parla di relazioni, amore, legami. Ad esempio, una volta un bambino mi portò un catalogo da pesca, perché era solito andare a pescare con il padre e rimasi sbalordito dalla proprietà di linguaggio che aveva sviluppato conoscendo ogni amo, ogni canna, ogni pesce. Infine, mi disse che su quelle illustrazioni inventava storie meravigliose. Ecco! La lettura è un incontro tra un testo e il suo lettore. Anche il supermercato è un sottobosco fantastico che neppure immaginiamo e chi legge non va mai scoraggiato, qualsiasi cosa abbia tra le mani. Ci sono troppi specialisti che, forse senza saperlo, hanno allontanato i giovani e le famiglie dalla lettura perché richiedevano troppa erudizione. Io sono per l’eliminazione delle categorie che ingabbiano e spaventano chiunque».

Cosa va detto ai ragazzi per invogliarli a leggere di più?
«Che ci sono dei libri che li aspettano e li aspetteranno sempre, che li faranno crescere. Che non esistono titoli inappropriati. A dei ragazzi di dodici anni in una scuola avevo portato moltissimi libri tutti diversi e feci loro questa domanda: “Quali vi piacerebbe leggere da adulti?”. Presero quelli rivolti soprattutto ai grandi, immaginandosi adulti, perché con i libri si cresce e s’impara. L’adolescenza è un momento topico della vita per imparare a decifrare le emozioni, utilizzando un linguaggio diverso da quello imparato durante l’infanzia. E ai ragazzi servono parole nuove, creative, che solo le pagine possono regalare: spesso ai miei laboratori di poesia, molti di loro fanno il loro “coming out” poetico dichiarando di scrivere addirittura in versi e questo lo trovo bellissimo».

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