In passeggiata alla scoperta dei Veneti antichi

È arrivato alla 6° edizione il ciclo di lezioni-passeggiata concepite sulla scia del filosofo greco Aristotele, che insegnava ai suoi discepoli passeggiando. Gli incontri, come è ormai tradizione, si svolgono ai musei civici padovani, viaggiano su due binari, quello storico e quello archeologico, e verranno tenuti a due voci da Lorenzo Braccesi, storico dell’antichità, e Francesca Veronese, archeologa. Primo appuntamento giovedì 16 giugno su “Patavium: miti fondanti e tradizione leggendaria”. 

In passeggiata alla scoperta dei Veneti antichi

Aspettando Tito Livio
Potrebbe essere questo il titolo delle lezioni-passeggiata tra storia e archeologia che iniziano agli Eremitani e che quest’anno, in attesa appunto del bimillenario liviano, ripercorrono la storia di Padova dall’epoca in cui si individua il primo insediamento abitativo fino ai primordi dell’epoca romana.
Gli incontri avranno da un lato il dato materiale e dall’altro la pagina scritta, che in questa occasione sarà prevalentemente quella delle prime deche di Tito Livio che raccontano l’origine mitica della città. È da Tito Livio che sappiamo di Antenore e della mitica migrazione dei Veneti, gli Enetoi, che dalla Paflagonia sono giunti a Troia, hanno perso il loro capo, si sono aggregati al condottiero troiano e con lui sono partiti peregrinando sul mare e arrivando nell’Alto Adriatico. (Libro I, paragrafo 1-3).
Livio resterà il punto di riferimento anche l’anno prossimo, quando si darà campo alla descrizione della “sua” città.

Tra i dati archeologici che verranno citati in questa prima tornata di incontri avranno un posto centrale quelli relativi alle necropoli più antiche.
L’anno scorso, in collaborazione con la soprintendenza archeologica e grazie al contributo di un Rotary, è stato effettuato il nuovo allestimento della sezione museale in cui sono presentate alcune delle sepolture antiche, del 7° - 6° avanti Cristo, rinvenute a sorpresa nella necropoli di palazzo Emo Capodilista, oggi palazzo Tabacchi, in corso Umberto.
Una necropoli di grandissima consistenza, scoperta all’inizio degli anni Duemila in modo del tutto casuale, di cui è stata scavata solo una piccolissima parte che ha però restituito centinaia di sepolture. E lì si è visto che le sepolture più antiche, risalenti al 9° secolo, sono addirittura precedenti a quelle che si conoscevano nella necropoli orientale di via Loredan e via Ognissanti, via Tiepolo, in quello che si riteneva fosse l’unico settore destinato alle necropoli della città.

Gli scavi di palazzo Emo, come già hanno documentato Lorenzo Braccesi e Francesca Veronese in un loro recente volume, hanno molto cambiato il panorama della “Padova prima di Padova”, rivoluzionando le conoscenze sulla città.
Le passeggiate archeologiche nelle sale del museo saranno occasione per conoscere quindi aspetti della cultura della Padova protostorica a partire da quello che raccontano le stele figurate, che sono molto probabilmente monumenti di carattere funerario legati alla classe sociale dei cavalieri e raccontano con le loro immagini e con le iscrizioni che le accompagnano aspetti della vita dei veneti che diversamente non potremmo conoscere.
Ci fanno soprattutto capire che intorno al quarto-terzo secolo avanti Cristo lavoravano a Padova maestranze straniere, in particolare una stele dimostra la presenza di un’officina artistica magno-greca, forse addirittura tarantina. La stele raffigura un cavallo con un chiaroscuro molto accentuato e gli stilemi tipici del mondo magnogreco.
Ne viene fuori una Padova crocevia di cultura, aperta al mondo esterno, come evidenziano vari aspetti della cultura materiale che fanno parte di corredi funerari e rivelano tecniche costruttive acquisite da popoli confinanti e rielaborate autonomamente.

Un respiro adriatico, come dice il titolo del secondo incontro, di carattere commerciale e culturale.
Questo “corridoio adriatico” che si riteneva precluso o almeno poco frequentato dai greci, sulla traccia dei lavori di un precursore come Lorenzo Braccesi, si è dimostrato essere una forte via di penetrazione anche dei traffici commerciali greci.
Sono ormai numerosi i materiali greci emersi dagli scavi non solo nel mondo lagunare, ma anche nell’entroterra, nelle città e nei principali centri satellite dei Veneti antichi. E l’Adriatico è proprio la via attraverso cui, secondo la testimonianza di Tito Livio, sono risaliti Antenore e poi Cleonimo, che, arrivato alle foci del Meduacus, penetra nel territorio veneto, ma viene fronteggiato e sconfitto dai giovani patavini.

Attraverso Livio emerge anche il “gemellaggio” tra Padova e Roma, entrambe fondate da un eroe troiano.
Un mito creato per celebrare il particolare rapporto che ha unito i veneti a Roma, di cui essi sono sempre stati alleati per fronteggiare i comuni nemici celti. L’alleanza ha dato il via a un processo pacifico e graduale di romanizzazione, riscontrabile nei corredi funerari.

La famosa stele di Ostiala Gallenia (nella foto) può essere considerata una sorta di monumento simbolo di questa romanizzazione
L'immagine rende infatti compresenti l’elemento veneto (il vestito della donna) e quello romano (le tuniche dell’auriga e del marito); ugualmente l’iscrizione è in caratteri latini ma in lingua venetica.
Lo stesso nome ci dice che Ostiala è una donna veneta sposata con un Gallenius di origine romana, e i matrimoni misti sono il miglior segno di una società che si evolve verso l’unione di etnie diverse.

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