La musica di Perosi è un tesoro da tenere vivo

Sessant’anni fa moriva a Roma don Lorenzo Perosi, direttore perpetuo della cappella musicale pontificia. Compositore di raro talento, portava nel cuore la Pedemontana del Grappa e donò al seminario di Padova opere importanti. Oggi, però, lo si esegue meno di quanto meriterebbe.

La musica di Perosi è un tesoro da tenere vivo

Il 12 di questo mese sono ricorsi i sessant’anni dalla scomparsa del compositore don Lorenzo Perosi.
Nato nel 1872 a Tortona, Perosi fu protagonista d’una carriera fulminea che lo portò già nel 1898 a essere nominato, da papa Leone XIII, direttore perpetuo della cappella musicale pontificia sistina. Un incarico che egli tenne effettivamente fino alla morte, salvo le pause forzate dovute a varie crisi e problemi di salute. Al tempo della prestigiosa investitura la fama di Perosi era tale che i critici parlarono di "momento perosiano".
Nel 1902, per dare lustro alla depressa vita culturale padovana, il Club ignoranti invitò in Salone Arturo Toscanini, astro in vorticosa ascesa che diresse un memorabile Requiem di Verdi, e appunto Perosi, che presentò con gran successo i suoi due oratori Mosè e Il Giudizio Universale.

Il sacerdote piemontese era molto legato al Veneto.
Dalla fine dell’Ottocento aveva preso l’abitudine di trascorre le ferie estive a Sant’Eulalia di Borso del Grappa, provincia di Treviso ma diocesi di Padova. Lo ospitava mons. Giobatta Cheso, maestro di canto in seminario, nativo di quel borgo.
Perosi ricambiava l’amico con la dedica di varie composizioni, tra cui la Missa in honorem B. Gregori Barbadici, per i due secoli dalla morte del cardinale, e gli otto responsori di Natale «che formano la delizia di quanti assistono nel duomo di Padova al canto solenne del mattutino, la sera della viglia di Natale». L’autografo di questi brani è stato fortuitamente riscoperto, giusto dieci anni fa, nella biblioteca del seminario.

Nella maturità, a Roma, Perosi pensava con nostalgia di tornare a Sant’Eulalia “per ringiovanire”. Erano anni tormentati.
Nel 1903 aveva iniziato a soffrire di disturbi nervosi e manie di persecuzione. Nel 1922 attraversò una crisi spirituale e religiosa così profonda che i suoi fratelli, temendo distruggesse i suoi manoscritti, lo fecero interdire. Quello tra la fine dell’Ottocento e gli anni Trenta del Novecento fu, però, per Perosi anche un periodo di straordinaria fertilità musicale, specie in un genere che di rado gli viene associato: quello della musica da camera.
Qui il genio musicale di don Lorenzo si esprime come forse in nessun altro ambito. La trentina di trii, quartetti e quintetti, più altre opere minori, che vedono la luce in quell’arco di tempo sono, spesso, scritti letteralmente “di getto”, a testimonianza di un’urgenza creativa con pochi eguali. «C’è più musica nella testa di Perosi che in quella mia e di Mascagni messe insieme», disse un giorno Puccini, riconoscendo il talento non comune del collega in abito talare.

La cameristica perosiana è oggi quasi dimenticata, anche perché schiacciata dalla concorrenza interna delle composizioni più note dell’autore: quelle di genere sacro, dagli oratori per coro e orchestra ai brani a cappella a uso liturgico.
«Ancora oggi diverse corali delle nostre parrocchie hanno in repertorio i mottetti di Perosi, alcuni anche le messe – commenta don Massimo Canova, direttore della scuola diocesana di musica per la liturgia – Soprattutto i mottetti, però, sono meno conosciuti di quanto meriterebbero. Potrebbero, ad esempio, accompagnare momenti di riflessione quali l’offertorio o il post-comunione. Per le messe il discorso è diverso a causa della loro struttura preconciliare. Il kyrie viene intonato dal coro, non dall’assemblea come vuole la riforma, e il Gloria tipicamente dura molti minuti, cosa che oggi creerebbe squilibri nella celebrazione».
Per le messe sono più adatte esecuzioni in forma di concerto, ma in chiesa, non in teatro «perché – prosegue don Canova – pur suonando inevitabilmente un po’ datata, la musica di Perosi esprime una spiritualità genuina e parla un linguaggio tipico, impossibile da confondere con quello della lirica o di altri generi. È una musica perfetta per l’epoca in cui fu scritta, un patrimonio della chiesa che va preservato e tenuto vivo».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: perosi (1), musica sacra (3)