Maestri orafi in mostra all'Oratorio di San Rocco

I 67 artisti orafi di rilievo internazionale che hanno partecipato alla seconda edizione del concorso intitolato a Mario Pinton espongono fino al 26 luglio i loro lavori nell’oratorio di San Rocco a Padova, per un confronto inedito con l'eredità di Donatello.

Maestri orafi in mostra all'Oratorio di San Rocco

Interpretare con gli stilemi dell’oreficeria di ricerca contemporanea lo “spirito” di uno scultore di 500 anni fa, Donatello
Una bella sfida quella accolta dai 67 partecipanti alla seconda edizione del premio internazionale intitolato al celebre orafo Mario Pinton, maestro della rinomata scuola d’oreficeria padovana, da lui fatta nascere nell’ambito dell’istituto d’arte Selvatico.

Una sfida accolta da rappresentanti insigni, a livello internazionale, della sperimentazione nel campo della gioielleria d’avanguardia, provenienti dai principali paesi europei e perfino dall’Australia.
I lavori, esposti fino al 26 luglio nell’oratorio di San Rocco (9.30-12.30 e 15.30-19, esclusi i lunedì non festivi) testimoniano il dialogo proficuo e niente affatto banale, come ha notato l’assessore alla cultura Flavio Rodeghiero, instauratosi tra l’eredità lasciata in città dal grande toscano, antesignano del Rinascimento, autore di opere fondamentali del nostro patrimonio artistico come il crocifisso riscoperto dei Servi, in mostra al museo diocesano, e la modernità.

«Le elaborazioni degli artisti – spiega Mirella Cisotto Nalon, presidente della giuria che ha selezionato i vincitori – sono andate sostanzialmente in due direzioni. Da un lato la ripresa figurativa delle opere più emblematiche di Donatello, tra cui la preferenza è andata a quella più famosa, il Gattamelata, “raffinandole” con un processo di forte estrazione».
Emblematico a questo proposito il gioiello del padovano Giorgio Cecchetto (segnalato) che ha individuato nello zoccolo puntato sulla sfera il punto di Convergenza, questo il titolo della sua spilla, dell’uno verso il molteplice, dell’interiore verso l’esteriore, di realismo e idealizzazione.

Il secondo procedimento di elaborazione, spiega ancora la curatrice, «consiste nella concettualizzazione di un richiamo che non si vede a occhio nudo, ma si coglie seguendo il pensiero dell’artista, a cui nel catalogo abbiamo voluto lasciare la parola».
Ecco allora che uno dei due vincitori ex aequo, l’austriaca Margit Hart, ha catturato la grandiosità delle soluzioni prospettiche di Donatello traducendola in modo tridimensionale e lineare, disegno che crea volume.
Ecco che Piergiuliano Reveane, il secondo vincitore, realizza la visione prospettica di una gradinata niellandovi sopra le ombre delle persone.
Oppure, scorrendo le opere segnalate, l’austriaco Helfried Kodré esprime in forma astratta il collegamento tra modello classico antico e realismo pronunciato. E ancora la giovane greca Anna Vlahos (nella foto la sua opera) usa uno dei soggetti donatelliani, la mula del miracolo antoniano, per creare profondità e prospettiva dalla bidimensionalità.
L’ultima segnalata, Claudia Steiner utilizza il dettaglio fotografato di una Madonna col Bambino per esprimere forza, affetto, fiducia, protezione, consapevolezza, «attributi particolarmente importanti in questo momento in cui la nostra vita è tanto instabile ed esageratamente influenzata dai media digitali».

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