Nell'archivio della cappella antoniana spuntano due spartiti del Buranello

Buranello, come veniva chiamato il compositore settecentesco Baldassare Galuppi, è il nome posto sulle due opere da un copista anonimo della cappella musicale della basilica del Santo che, ancora una volta, rivela la sua ricchezza in parte inesplorata.

Nell'archivio della cappella antoniana spuntano due spartiti del Buranello

La biblioteca Antoniana del convento del Santo svela un altro tesoro
Nell’archivio musicale della cappella antoniana è stata ritrovata una Sonata in si bemolle maggiore per tastiera, finora sconosciuta, di Baldassare Galuppi. La scoperta si deve al professor Mattia Geretto che ha individuato, in un fascicolo manoscritto con sonate di vari autori, due opere di Galuppi trascritte verso la fine del Settecento da un ignoto copista della cappella del Santo. Oltre a quella mai documentata, vi compare pure una Sonata in Re maggiore di cui si aveva traccia in altre due fonti. Entrambe le sonate sembrano risalire alla gioventù del Buranello (il compositore era soprannominato così perché nato, nel 1706, nell’isola lagunare) il quale si dedicò a tale genere lungo l’intero l’arco della carriera. Quest’ultima lo vide famoso in tutta Europa soprattutto come operista, veste nella quale collaborò con Goldoni e fu attivo in città come Parigi, Londra, Mosca e San Pietroburgo.

Galuppi, genio musicale del Settecento europeo
Sono state, però, le sonate a essere rilanciate per prime al grande pubblico, dal secondo dopoguerra, grazie a grandi pianisti tra cui Egida Sartori, Lya de Barberis, il sommo Arturo Benedetti Michelangeli e, oggi, Andrea Bacchetti. Proprio a causa del suo peregrinare, tuttavia, il genio di Galuppi non si è ancora del tutto palesato, essendo la sua musica distribuita tra numerosi archivi e non ancora “mappata” in maniera organica. «Per avere un’idea più chiara della sua produzione servirebbe, almeno, una ricognizione completa dei lavori che potrebbero essere qui in Veneto» spiega padre Alberto Fanton, direttore della biblioteca antoniana, il cui archivio musicale è uno scrigno ricco di preziose partiture antiche. Spiccano, tra queste, le centinaia di concerti e sonate autografi di Giuseppe Tartini, il virtuoso del violino che, insieme a padre Vallotti, fu il musicista più influente tra quelli attivi al Santo.

Ma come sono arrivate nell’archivio le sonate di Galuppi?
«Alla metà del Seicento, giusto alla vigilia dell’epoca d’oro della cappella antoniana, entrò in vigore l’obbligo di conservare nell’archivio musicale tutti gli spartiti in uso. Non tutti erano di composizioni da eseguirsi nelle cerimonie in basilica. Molti erano destinati ad attività didattiche, altri erano omaggi di maestri di altre cappelle musicali qui giunti in visita, oppure semplici doni». La catalogazione di buona parte dell’archivio musicale è stata eseguita una ventina d’anni fa, ma numerose partiture aspettano ancora di uscire dall’anonimato. «Nel caso delle due sonate appena scoperte, è stato semplice attribuirne la paternità a Galuppi in quanto il nome Buranello era scritto nell’indice dell’antologia che le conteneva. Per altre opere l’attribuzione è più complessa. Una nuova mappatura, che si avvalga dei moderni strumenti e banche dati online, potrebbe però consentire l’identificazione di diversi autori». Importantissimo, quindi, il ritrovamento scaturito dall’indagine di Geretto, grazie al quale sono uscite dall’anonimato due partiture che confermano, allo stesso tempo, la ricchezza dell’archivio musicale della Cappella Antoniana e il genio multiforme di Galuppi.

Archivio della cappella antoniana: giacimento ancora in parte sconosciuto
Non resta che chiedersi quali altre sorprese musicali potrebbe ancora riservare la biblioteca Antoniana: «Il mio sogno – rivela padre Fanton – sarebbe ritrovare, sempre che esista, la partitura autografa della Missa sancti Antonii del celeberrimo Guillaume Dufay, che venne eseguita nel 1450 per l’inaugurazione dei bronzi di Donatello sull’altare maggiore della basilica, evento tramandato come memorabile».

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