Pregare in casa, nei secoli

Un convegno internazionale a Padova suggerisce nuove piste di ricerca. Gli studiosi padovani, in collaborazioni con quelli d’altre scuole, hanno delineato i molteplici temi su cui appare proficuo lo studio dei documenti della fine del medioevo e dell’inizio del rinascimento presenti negli archivi del nostro territorio, in parallelo alla lettura iconologica e funzionale degli oggetti superstiti: icone, dittici e trittici su tavola, altaroli, reliquiari.

Pregare in casa, nei secoli

La prima, doverosa constatazione che ha aperto il convegno padovano è che sulla devozione domestica tra medioevo e rinascimento, soprattutto in ambito veneto, si sa davvero poco.
Le ricerche si basano su documenti, perlopiù testamenti o inventari post mortem, che spesso non hanno alcuna opera a cui riferirsi e opere prive di documentazione.
Bisogna quindi cercare di non focalizzarsi sulle singole opere, come si è fatto nel passato, ma ricostruire il contesto storico, spaziale, liturgico legato alla famiglia, alla casa, all’educazione anche religiosa dei figli.
Con una costante attenzione, come esige la “scuola italiana”, ai documenti, agli spazi in cui collocare le opere. Opere che – come spiega una delle curatrici del convegno, Cristina Guarnieri – sono soprattutto per il Trecento icone, dittici e trittici dipinti su tavola, ma anche preziosi reliquiari, paci (tavolette d’argento o metallo cesellato usate liturgicamente per il bacio della pace e da qui passate alla devozione individuale), statuette, altaroli portatili.

Ci sono rimasti oggetti preziosi e documenti che dicono come fossero gelosamente custoditi e tramandati di generazione in generazione, oppure donati a istituzioni religiose.
Soprattutto gli altari portatili, in uso nelle famiglie ricche, erano realizzati con miniature in pergamena sotto cristallo di rocca con diaspro, filigrana d’oro e pietre preziose.

Per quanto riguarda invece la tipologia dei soggetti rappresentati nelle immagini “domestiche”, appare difficile fare generalizzazioni, ma qualcosa è stato rilevato.
Nel Trecento per esempio si nota un uso diffuso dello Sposalizio mistico di santa Caterina d’Alessandria (in cui il Bambino in braccio alla Madonna infila l’anello al dito della santa) come dono nuziale.

Elda Martellozzo Forin dell’Istituto per la storia ecclesiastica padovana ha esplorato gli inventari stesi dai notai in occasione di eredità o di divisioni patrimoniali all’interno di una famiglia e gli elenchi dei beni portati in dote dalle spose.
Si tratta di una serie di documenti estremamente interessanti per comprendere non solo la maggiore o minore agiatezza della famiglia, ma anche la pratica di devozione domestica.
Numerosi documenti nell’arco di quasi due secoli, il 15° e il 16°, dimostrano come anche per quanto riguarda le immagini sacre il Quattrocento sia un secolo parco, decisamente lontano lusso, e concentri la sua attenzione su pochi dipinti, nella maggior parte rappresentanti la Vergine Maria.
Nel 16° secolo, pur continuando a essere preponderante il tema sacro, esplode la presenza nelle case di quadri rappresentanti i santi, spesso quelli che portano lo stesso nome del padrone di casa o di altre persone della famiglia.
E occorre cercare di capire se questo significhi un cambiamento nella devozione familiare o non costituisca piuttosto uno dei tanti aspetti di un cambiamento che interessa tutta la casa, dall’architettura agli arredi, e quella ricerca del bello e del lussuoso che permea di sé tutto il Cinquecento.

La presenza di figure di santi è comunque documentata anche in opere anteriori, soprattutto in riferimento alla grande rilevanza assunta dagli ordini mendicanti, i francescani e i domenicani, che avevano una forte presa sui laici anche attraverso i cosiddetti terz’ordini.
«Nelle opere di devozione privata – spiega Zuleika Murat, un’altra organizzatrice del convegno – dove, va detto, non sempre riusciamo a distinguere tra quelle usate dai laici e quelle invece presenti nelle celle dei monaci e delle monache, troviamo spesso santi francescani e domenicani, magari intercalati con santi eremitici come sal’Antonio abate e san Paolo eremita, che incarnavano le virtù pauperistiche di questi due ordini».

Un altro fenomeno che può aver prodotto un cambiamento nella tipologia delle opere di devozione personale e nelle modalità di preghiera individuale è l’avvento della cosiddetta “devotio moderna” nell’arco del Quattrocento, venuta dal Nord ma affermatasi anche in Italia.
La meditazione si fa più incentrata sull’immedesimazione personale nella vita e nelle sofferenze di Cristo e in quella dei santi, che si accompagna alla diffusione di opere come il Cristo passo che aiutano il fedele a meditare in questa forma.
Qualche problema di eterodossia, fatto rilevare nel convegno da Valentina Baradel, sembra emergere a questo punto. Gli ordini religiosi non appaiono tanto convinti che sia una cosa buona che i laici gestiscano in modo autonomo, fuori da ogni controllo, la loro religiosità all’interno delle mura domestiche. La preoccupazione si manifesta nella comparsa di manuali sulle pratiche di devozione che dettano regole su come pregare e quindi, per contrasto, fanno pensare che ci fossero almeno timori di infiltrazioni ereticali.

Un ultimo elemento di ricerca tra i tanti individuati dal convegno è il ruolo della figura femminile nella devozione familiare: a lei faceva riferimento l’educazione religiosa dei figli, che avveniva anche attraverso le immagini; era lei quasi sicuramente ad occuparsi della preghiera domestica.

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