Sale della comunità: preziosi presidi culturali anche dove le risorse sono poche

Sabato 16 settembre, allo Iusve di Venezia in occasione dell'assemblea annuale dell'Acec, sono stati presentati i dati sulla realtà triveneta delle sale della comunità raccolti con l'indagine nazionale "Nuovi cinema Paradiso. Cultura, territori e sostenibilità delle sale della comunità". Numerosi i punti di forza di questi veri e propri presidi culturali nati in seno alle parrocchie.

Sale della comunità: preziosi presidi culturali anche dove le risorse sono poche

La lunga tradizione di presidio culturale e sociale in territori soprattutto di piccole dimensioni e scarsamente “serviti” da proposte e offerte culturali e cinematografiche; il lavoro di squadra, quasi sempre organizzato da volontari; la capacità di dialogo e collaborazione con gli enti locali, dalla scuola alle associazioni, senza trascurare il comune di appartenenza.

E, infine, il rapporto “elitario” con il proprio pubblico intergenerazionale che si fonda sulla fedeltà e la partecipazione capace, molto spesso, di renderlo protagonista, di coinvolgerlo nella gestione dello spazio comunitario.

Sono questi i principali punti di forza delle sale della comunità che costellano il panorama culturale italiano e che sono state oggetto di studio da parte dell’università Cattolica del Sacro cuore nell’indagine “Nuovi cinema Paradiso. Cultura, territori e sostenibilità delle sale della comunità” commissionata dall’Acec nazionale con l’intento di fotografarle e comprenderne il futuro, soprattutto in termini di sostenibilità economica, esaminando, tra fine 2015 e inizio 2016, 804 sale di cui 450 con attività continuativa.

In occasione dell’annuale assemblea triveneta che si è svolta nell’aula magna dello Iusve di Mestre sabato 16 settembre alla presenza di circa un centinaio di soci, è STATO presentato il panorama triveneto della ricerca che, dopo la Lombardia con oltre 200 sale, ne conta 136 (solo il Veneto ne ospita 91), seguito da Emilia Romagna e Piemonte.

«La loro collocazione - sottolinea Mariagrazia Franchi, curatrice dell’indagine - attrae un pubblico eterogeneo che va dai giovani alle famiglie. L’aggiornamento tecnologico imposto già da qualche anno dal progresso multimediale non ne ha decretato un eventuale rilancio perché questi spazi funzionano indipendentemente, ma sicuramente ha giovato al loro riassortimento culturale: concerti in diretta, lirica e grandi esposizioni artistiche vanno ad affiancarsi alla proposta cinematografica». Inoltre, la struttura polifunzionale permette di ospitare rassegne teatrali, convegni, incontri sociali contribuendo a delineare il volto di realtà vive con un proprio respiro comunitario che supera i confini della parrocchia o del comune in cui sono inserite, diventando veri e propri laboratori culturali e sociali.

«Il rapporto con il territorio in cui sono inserite - continua Franchi - è fondamentale perchè riescono ad allacciare collaborazioni durature nel tempo e a sopperire alla mancanza di risorse economiche per la cultura che impoverisce le periferie.
Nel Triveneto, infatti, si evidenzia un fenomeno che soltanto la Lombardia condivide: la lunga attività continuativa alle spalle da oltre sessant’anni del 25 per cento degli spazi e che neppure la profonda crisi cinematografica degli anni Ottanta ha arrestato. Questa è un’ulteriore conferma del legame consolidato con il tessuto istituzionale: con i comuni di appartenenza per il 32 per cento del campione triveneto, con le scuole per il 36 per cento e con le associazioni per il 20 per cento».

E, dunque, dove le grandi sale industriali non hanno interesse a investire, è proprio lì, nei piccoli centri urbani, che le sale della comunità trovano ossigeno e motivo di esistere con un modello gestionale che si basa sulla generosità dei volontari, anche se inizia a comparire qualche giovane operatore stipendiato.
«Il modello flessibile, diciamo “leggero” che punta sull’abbattimento dei costi - continua Franchi - permette ai gestori di essere innovatori frugali poichè con poche risorse sono in grado di inventare soluzioni innovative e fortemente produttive. Nel Triveneto il 63 per cento delle sale può contare su gruppi di gestione composti da oltre dieci persone: questa capacità di tipo partecipativo non è assolutamente scontata e rende il pubblico parte attiva nella vita culturale di comunità».

Ma se si ascoltano i gestori, il futuro non è poi così roseo per più ostacoli: la cronica mancanza di risorse economiche, la continua fatica di coinvolgere nuovi volontari che prendano il posto di chi ormai è in “età da pensione” e per la preoccupazione dell’avanzamento di nuovi sistemi di consumo cinematografico privato (uno su tutti il recentissimo canale Netflix).

Ma il parere di Mariagrazia Franchi si discosta notevolmente da questa grigia previsione: «In Italia si assiste a un fenomeno in controtendenza rispetto al resto dell’Europa e, se vogliamo, anche degli Stati Uniti, perché esiste un pubblico giovane che investe molto sulla fruizione in sala, evidenziando la necessità di trovare spazi di condivisione comuni, di relazioni umane significative».

Nuovi cinema Paradiso, dunque, capaci di emozionare ancora con le loro poltroncine scomode, di far sentire il respiro sincrono della sala, l’applauso scrosciante a fine proiezione, il confronto a tu per tu, a luci spente, fuori dalle porte del cinema ormai vuoto.

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