Un libro ricostruisce la fitta rete di ospedali militari durante la Grande Guerra

Il volume Pianeta sanità. La sanità militare italiana nel Veneto durante la Grande guerra, curato dagli studiosi Mauro Scroccaro e Claudio Pietrobon, non risparmia sorprese al lettore. Il territorio della diocesi di Padova, nei 41 mesi di combattimento furono letteralmente invasi di presidi sanitari di ogni dimensione. Ogni comune ne ospitava almeno uno, con casi eclatante come Veggiano che ne ebbe sette e Mestrino e Battaglia Terme con cinque.
Nel numero in edicola e in parrocchia da sabato 3 dicembre, una pagina sulla Grande Guerra. 

Un libro ricostruisce la fitta rete di ospedali militari durante la Grande Guerra

Le nuove indagini storiche che hanno preso impulso dal centenario della grande guerra stanno offrendo inedite tessere di un mosaico che la “grande storia” finora non ha potuto (o voluto) ricostruire. È il caso delle strutture sanitarie dislocate nelle province venete nei 41 mesi di guerra, argomento ora sviscerato dagli studiosi Mauro Scroccaro e Claudio Pietrobon in un corposo volume promosso dalla regione del Veneto (Pianeta sanità. La sanità militare italiana nel Veneto durante la Grande guerra, Antiga edizioni, pp 223).

Scorrendo le pagine, si rimane sorpresi nel constatare come pressoché ogni comune veneto, vicino o lontano dalla linea del fuoco, abbia ospitato «ospedali, ospedaletti da campo, infermerie, stazioni di disinfestazione, sezione sanitarie», e soprattutto come tali strutture abbiano trovato collocazione in tanti edifici civili, religiosi, addirittura industriali che oggi hanno smarrito questo capitolo della loro storia.

La sanità militare – è stato scritto – durante il primo conflitto mondiale si è appropriata di un numero incredibile di architetture civili e religiose accogliendo – come testimonia la copertina di questo libro – non soltanto soldati del regio esercito, ma anche di parte avversa.

Restando anche solo al territorio della diocesi di Padova, le curiosità non mancano. Fin dal maggio del ’15 Padova e provincia vennero inserite nella cosiddetta “zona di guerra”, area di interesse delle operazioni di trasporto, manovra e attività dell’esercito. In questo frangente furono specialmente il capoluogo e la zona termale con ben 11 alberghi a ospitare strutture sanitarie, mettendo a disposizione centinaia di posti letto.

Ma fu con l’arretramento del fronte sul Piave che l’intera provincia venne letteralmente invasa da uno stuolo di ospedali, dapprima in precipitoso ripiegamento dal fronte dell’Isonzo, come fu il caso della 4a Armata che, dopo Caporetto, concentrò i luoghi di cura nell’Alta Padovana; o come gli ospedali della 2a Armata che dal marzo del ’18 offriranno la base delle strutture sanitarie della neo costituita 8a Armata schierata sul Montello. Gli ospedali posti alle dipendenze di quest’armata erano trenta, ben 22 dei quali si trovavano nel Padovano.

Fra città e territorio furono quasi duecento le strutture a servizio della sanità militare, presenti a macchia di leopardo, in tutta la provincia. A mero titolo di esempio, Veggiano ospitò sette tra «ospedaletti di tappa, reparti someggiati, stazioni di disinfestazione e sezioni sanitarie», Mestrino e Battaglia cinque. Per Mestrino è documentata l’occupazione di villa Raffaella di Arlesega, per Battaglia le ville Sant’Elena, Castellani, Wollemberg e Neri e la scuola elementare.

Gli edifici scolastici – resi disponibili dalla forzata interruzione delle lezioni – furono utilizzati pure ad Arzerello, Brusegana, Cadoneghe, Camposampiero, Conselve, Curtarolo, Legnaro, Loreggia, Monselice, Montagnana, Villa del Conte, Voltabarozzo. In un paio di casi, a Borgoricco e Villafranca, anche le canoniche diedero alloggio a succursali di ospedaletti, per non dire del seminario maggiore che fin dal giugno 1915 fu sede di un importante ospedale della Croce Rossa.

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