Dalla conferenza di Bologna la Cia propone un "codice rosso" per le calamità

Si è svolta a Bologna l'ottava conferenza economica della Cia (Confederazione italiana agricoltori) che ha messo sul piatto importanti temi legati allo sviluppo del comparto agricolo, ma anche proponendo soluzioni per superare gli impasse, come l'istituzione di una legislazione unica in caso di calamità naturali.

Dalla conferenza di Bologna la Cia propone un "codice rosso" per le calamità

Un codice d’emergenza, cioè una legislazione unica, da attivare in caso di calamità ed eventi catastrofici per bypassare le lente e farraginose procedure amministrative previste. Perché non è più pensabile che interventi necessari e urgenti finiscano con il perdersi nei cavilli della burocrazia e nei conflitti di competenza. È questa, la proposta che la Cia ha lanciato dalla sua ottava conferenza economica a Bologna.

Terremoti, dissesti idrogeologici, cambiamenti climatici e consumo di suolo sono fattori che minano la crescita dell’agricoltura e impediscono al paese di ripartire. Il settore primario rappresenta sempre di più il volano sul quale puntare per uscire dalla situazione di stallo che l’Italia vive. Per farlo però è necessario rimodulale gli equilibri con il territorio iniziando dalle aree interne.

«La Confederazione – ha spiegato il vicepresidente nazionale della Cia Alessandro Mastrocinque – sta sviluppando una serie di iniziative e di progetti rivolti in particolare alle aree interne del paese. Il lavoro messo in atto, assieme a molte amministrazioni pubbliche e associazioni, è stato reso più gravoso, ma al contempo si è rivelato cruciale, in un anno terribile proprio per queste zone».

Il terremoto ha devastato una parte del Centro Italia, mentre l’eccezionale maltempo ha colpito il Mezzogiorno, portando la neve perfino sulle spiagge della Puglia. «Questo obbliga a dover trovare soluzioni a problemi che esulano dalle dinamiche di mercato – ha aggiunto Mastrocinque – e riguardano piuttosto situazioni non prevedibili, ma che sempre più spesso mettono in ginocchio il comparto». Inoltre le aree interne, che comprendono oltre 6.900 comuni e di cui il 73 per cento è a predominanza agricola, sono caratterizzate da franosità e dissesti.

Nella sola dorsale appenninica vivono più di 15 milioni di abitanti e, se non si potenzia lo sviluppo di queste zone, non si riuscirà mai più a fare ripartire l’Italia. Il consumo di suolo è un altro punto su cui bisogna lavorare duramente per difendere il territorio. In vent’anni la superficie edificata ha “mangiato” oltre 2 milioni di ettari coltivati, cancellando il 16 per cento delle campagne.

Impressionanti i ritmi del processo: più di 11 ettari l’ora, quasi 2 mila a settimana, circa 8 mila in un mese. Si è passati dal 2,7 per cento degli anni Cinquanta al 7 per cento dell’ultimo anno, registrano una crescita del 159 per cento. In termini assoluti, sono stati consumati circa 21.100 chilometri quadrati del territorio nazionale. Soltanto tra il 2013 e il 2015 quasi 250 chilometri quadrati: vale a dire circa 35 ettari in media al giorno. Un duro colpo per l’economia nazionale che è costretta a ricorrere all’importazione alimentare.

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