Finanza sostenibile e responsabile: non è solo un'utopia

Il settore della finanza Sri (dall’inglese Sustainable and responsible investment, o Investimento sostenibile e responsabile) si sta affermando come una realtà sempre più significativa: per l'ingente massa di investimenti che oggi gestisce e per le scelte che li possono guidare. Ad esempio, incentivare la riduzione dell’impatto ambientale di un portafoglio attraverso la vendita dei titoli delle società attive nel settore delle energie fossili.

Finanza sostenibile e responsabile: non è solo un'utopia

Il settore della finanza Sri (dall’inglese Sustainable and responsible investment, o Investimento sostenibile e responsabile) si sta affermando come una realtà sempre più significativa nel panorama dell’asset management
I patrimoni allocati a livello globale secondo strategie Sri a inizio 2016 valevano complessivamente 23 mila miliardi di dollari, una cifra che sta a indicare che ben il 26 per cento, praticamente un quarto, del totale delle masse investite a livello professionale nel mondo è allocato in base a criteri di sostenibilità.

Per quanto riguarda le strategie d’investimento adottate, a livello globale l’esclusione – ossia l’eliminazione esplicita di singoli emittenti o settori o paesi dall’universo investibile, sulla base di determinati principi e valori – continua a rappresentare l’approccio più diffuso, con oltre 15 mila miliardi di dollari di asset.

È all’interno di questa strategia che si colloca la pratica del divestment, o disinvestimento, portato oggi alla ribalta mondiale soprattutto nell’ambito della lotta al surriscaldamento globale e alle esternalità negative del cambiamento climatico. Declinata in quest’ottica, la strategia implica la riduzione dell’impatto ambientale di un portafoglio attraverso la vendita dei titoli delle società attive nel settore delle energie fossili.

Il disinvestimento consente di perseguire un duplice obiettivo: da un lato quello di ridurre rapidamente il livello di emissioni di CO2 dal portafoglio dell’investitore, dall’altro quello di lanciare un messaggio chiaro alle imprese, che potrebbero essere spinte a rivedere le proprie politiche ambientali.
Al tempo stesso, le risorse liberate possono essere reinvestite per finanziare la transizione energetica verso un modello di sviluppo low carbon, per esempio sostenendo lo sviluppo delle energie rinnovabili.
La promozione del disinvestimento come strategia di lotta agli effetti del cambiamento climatico si configura oggi come un vero e proprio fenomeno su scala mondiale, che vede come capostipite e principale portavoce il movimento Fossil free – divest from fossil fuel.

Per quanto riguarda l’Italia, la coalizione che nel 2015 ha dato vita alla campagna Divest Italy a giugno 2016 ha partecipato alla prima fase di consultazione pubblicata lanciata dal ministero dell’economia e delle finanze per il recepimento della direttiva europea sulla rendicontazione non finanziaria, diventata legge all’inizio di quest’anno.

Rilevante è anche il crescente peso del mondo cattolico: sull’onda dell’enciclica Laudato si’ pubblicata da papa Francesco nel maggio del 2015, un numero sempre maggiore di istituzioni cattoliche sta annunciando la decisione di disinvestire i propri portafogli dalle industrie di petrolio, carbone e gas. 

Anche la Cei ha impresso un’accelerazione sul tema dell’investimento sostenibile, un approccio evidenziato da don Rocco Pennacchio, già economo della Cei, che ha dichiarato: «Non siamo padroni del denaro che ci troviamo a gestire, ma siamo i suoi custodi perché sia messo a frutto. E questo non solo badando al risultato, ma anche al senso di quel che facciamo e ai suoi destinatari».

La presenza convinta della chiesa italiana nella crescente comunità finanziaria Sri è un segnale importante e testimonia come attori diversi attraverso la finanza sostenibile possono contribuire in maniera significativa e incisiva a cambiare rotta verso modelli orientati a un vero sviluppo sostenibile.

Francesco Bicciato
Forum per la finanza sostenibile

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