Le bcc venete alla vigilia della riforma. Tra scomparse, fusioni e chi resiste bene

Varata dal governo, non senza critiche, l’attesa riforma del sistema che deve ora passare al vaglio del parlamento. Chi sono, cosa fanno, come stanno: ecco la fotografia delle bcc del territorio.

Le bcc venete alla vigilia della riforma. Tra scomparse, fusioni e chi resiste bene

Ad un anno di distanza dalla riforma della banche popolari, dopo che in questi mesi il movimento del credito cooperativo si è dato da fare per indicare la via di una autoriforma (concordata con il governo, la Banca d’Italia e tenendo conto delle indicazioni europee) è arrivato il decreto legge, che ora dovrà passare per la verifica parlamentare, che riassetta il sistema delle ex casse rurali.
Nelle intenzioni del governo questa riforma delle bcc consentirà di superare le criticità che presenta la vigente disciplina del settore: debolezze strutturali derivanti dal modello di attività, particolarmente esposto all’andamento dell’economia del territorio di riferimento, ma anche dagli assetti organizzativi e dalla dimensione ridotta. Allo stesso tempo, sempre secondo il governo, viene confermato il valore del modello cooperativo per il settore bancario e rimane il principio del voto capitario.
Fa molto discutere il play out, ovvero la possibilità per le grandi banche con 200 milioni di riserve di trasformarsi subito in società per azioni pagando soltanto una percentuale sul capitale. Sul numero di domenica 21 febbraio della Difesa, un ampio servizio sulle novità della riforma e l'attuale scenario del credito cooperativo veneto.

La mappa delle Bcc nel nostro territorio

Qualche anno fa, nel 2012, in provincia di Padova si contavano otto bcc
Un paio nell’area dei Colli, cioè Atestina e Colli Euganei (più la vicentina Centroveneto), tre nella Bassa, Euganea, Crediveneto e Sant’Elena (che spaziava anche in altre zone), una rispettivamente nel Conselvano (Cartura) e in Saccisica (Piove di Sacco), infine la Padovana, che presidiava l’Alta padovana.
Attualmente il numero delle ex casse rurali è ridotto a cinque, un calo drastico, di più di un terzo, dovuto tra l’altro non a operazioni di fusione ma a crisi e addirittura scomparse.

Il caso più significativo è indubbiamente quello della Banca padovana, storica bcc, per decenni leader incontrastata nel panorama degli istituti di credito locali.
Dopo una lunga crisi è arrivato il commissariamento e proprio qualche settimana or sono la fine, per molti aspetti ingloriosa: cancellata la cooperativa, novemila soci azzerati, con la perdita di circa 5 milioni di quote andate in fumo (in media ogni membro della ex società ci ha rimesso circa 550 euro); i 28 sportelli dell’ex banca di Campodarsego sono stati prelevati dalla grande Bcc di Roma, con un’operazione di salvataggio che ha consentito (si fa per dire, visto che il piacere è costato circa 26 miloni di euro…) al movimento del credito cooperativo di pagare i debiti (in particolare le obbligazioni) e al personale di mantenere il posto.
Di fatto, comunque, una delle più antiche cooperative italiane, insediata nei luoghi dove nacquero le casse rurali ad opera di Leone Wollemborg (fine Ottocento), è stata cancellata. E con essa uno dei capisaldi su cui da secoli si basava la cooperazione creditizia: cioè la territorialità.
Sulle insegne delle filiali dell’ex Padovana ora stanno comparendo quelle della banca capitolina ed è difficile, oltre che farsene una ragione, capire cosa c’entri tutto questo con il consolidato localismo delle banche di casa.

L'ex Atestina diventata Prealpi
Un’avvisaglia del tradimento territoriale del credito cooperativo si era già avuta nell’autunno dello scorso anno, quando i dodici sportelli dell’Atestina erano andati alla bcc delle Prealpi, con sede a Tarzo, nel Trevigiano.
In questo caso si parlò di fusione; di fatto si trattò di un salvataggio, dato che la banca di Este non stava proprio bene, e non si badò molto anche in questa circostanza al canone della continuità territoriale.

La scomparsa di Banca Euganea
Vi è poi la vicenda della Banca Euganea, che dopo un periodo amministrazione straordinaria, nell’ottobre 2014 è passata addirittura nelle mani del credito cooperativo nazionale.
Il risanamento della bcc di Ospedaletto (meno di una decina di sportelli), commissariata dal 16 aprile 2013, è transitato attraverso l’acquisizione della stessa da parte di Bancasviluppo spa, società del gruppo Iccrea che appartiene al sistema delle banche di credito cooperativo.
Bancasviluppo è un organismo appositamente creato per intervenire in situazioni di urgenza e di improcrastinabilità, che nel caso in questione era rappresentata dalle necessità di chiusura del commissariamento di Banca Euganea «e da una tempistica ristretta in relazione all’attuazione di altre soluzioni possibili (fusioni?), valutate in modo approfondito anche dalla federazione veneta delle bcc».
Queste le tre bcc padovane che sono sparite dalla scena; per le altre le situazioni sono diverse.

Crediveneto, nuova fusione in vista?
Crediveneto, ad esempio, nata nel 2001 dalla fusione della banca del Montagnanese Scaligera con quella veronese di Roveredo di Guà, un istituto che insiste su ben quattro province (Padova, Vicenza, Verona, Mantona), con 27 sportelli e 8.700 soci, non se la passa per nula bene, stritolata dalle sofferenze e da costi di gestione elevati.
Negli ambienti del credito cooperativo sono in molti a ritenere che anche per questa banca, che ha sede a Montagnana, la “svolta” sia prossima, magari con una brusca virata verso una spartizione con altre bcc.

Banca dei Colli, basteranno 10 sportelli?
Vive senza particolari sobbalzi la piccola (10 sportelli) Banca dei Colli di Lozzo Atestino, ma è abbastanza palese, viste le attuali tendenze, che i suoi dieci sportelli appaiono pochini per reggere l’urto della convinzione che piccolo, troppo piccolo, non sia più né bello né funzionale.

Rimangono, nel panorama padovano, tre banche che paiono non avere particolari emergenze.

Annia, l'unica fusione vera
L’Annia, l’unica frutto di una fusione (2014) tra la bcc Cartura e la consorella del Polesine, con i suoi 27 sportelli e oltre 5.300 soci, appare solida e per il momento potrebbe soltanto valutare l’ipotesi di ulteriori acquisizioni.

Piove di Sacco e Sant'Elena, matrimonio in vista?
Vi sono poi le bcc di Piove di Sacco e di Sant’Elena. La prima ha retto bene l’urto della crisi e ha mantenuto i conti a posto, mostrando tra l’altro alcuni elementi di dinamicità non sempre riscontrabili nelle ex casse rurali; quella di Sant’Elena è patrimonialmente solida, anche se forse un po’ più affaticata della cugina della Saccisica. Tra queste due bcc sono in corso da tempo dei “colloqui”, manifestati pubblicamente, per valutare in maniera concreta la possibilità di dare vita a un nuovo soggetto.
Potrebbe essere questa la più significativa novità dell’immediato (futuro) del credito cooperativo padovano.

Lo scenario veneto

Quello che è accaduto da queste parti (fusioni praticamente a zero, qualche acquisizione, un paio di salvataggi e una scomparsa) è paradigmatico della situazione regionale. Attualmente le bcc venete sono una trentina.
A Belluno c’è soltanto la Cassa rurale di Cortina e delle Dolomiti.
Nel Trevigiano la banca della Marca (frutto nel 2001 della fusione tra la bcc di Orsago e quella di Vidor), quella di Monastier e del Sile (nata nel 2000 dalla sintesi tra due bcc), commissariata per un anno e mezzo fino alla fine 2013, la Prealpi, il Centromarca, che a metà dell’anno scorso si è fuso con la Cassa rurale di Treviso, il Credito Trevigiano (commissariata per 15 mesi dal luglio 2014).
Dalle parti della laguna, non sta attraversando un buon momento la bcc del Veneziano, reduce da un commissariamento (tra marzo 2013 e ottobre dell’anno seguente) e probabilmente in cerca di un partner con cui condividere le ansie quotidiane;, mentre navigano più serene la banca di San Biagio del Veneto Orientale, quelle di Santo Stefano e di Marcon.
Nel Vicentino le bcc sono sette: da tempo si parla di dare vita a un grande istituto di credito, ma per il momento non si è fatto nulla.
Cinque le ex casse rurali del Veronese.

Ora bisognerà vedere come questi assetti subiranno l’urto della riforma governativa; ma più a monte i prossimi anni saranno cruciali per capire come, in termini dimensionali ma anche di mission, le bcc continueranno (se lo sceglieranno…) a essere banche locali e mutualistiche, due categorie sempre più difficili da capire e articolare, soprattutto oltre confine.

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