"Migradventure": di ritorno in patria per creare sviluppo

L'iniziativa del ministero degli esteri porta la firma della fondazione padovana Etimos che, con il contributo operativo di Ucid Padova, ha formato 40 imprenditori che hanno la possibilità di ritornare nel proprio paese d'origine per creare sviluppo e mettere in pratica quanto appreso dalla propria esperienza professionale in Italia.

"Migradventure": di ritorno in patria per creare sviluppo

Cheikh Diop tornerà in Senegal per realizzare un’azienda agricola biologica proprio nel suo villaggio d’origine, il camerunense Le Jeune Noubi Youndom si prepara a tornare in patria per avviare una società che fornisca mangimi per i pesci,  sempre in Camerum Pierre Tsapgueu Sonna sta per realizzare il sogno di dar vita a una casa di produzione indipendente. Storie diverse, idee d’impresa differenti, che hanno come protagonisti tre migranti in Italia da lungo tempo.

Grazie al progetto "Migraventure", assieme ad altre sette persone che hanno condiviso lo stesso percorso, si stanno preparando a rientrare nel paese d’origine per dar vita a un’attività imprenditoriale. Un’iniziativa ideata da Etimos foundation, promossa dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni e finanziata dal ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, a cui già si guarda con grande interesse anche al di fuori dei confini nazionali, perché traccia una strada nuova.

Nei giorni scorsi anche la Bbc ha voluto raccontarla, dedicando al programma un’intervista trasmessa su Bbc world. Una proposta che affonda le sue radici nel territorio padovano, sia perché è qui che ha sede Etimos, sia perché il progetto, in cui primi esiti sono stati presentati in un convegno organizzato alla Farnesina nei giorni scorsi, ha visto la significativa collaborazione di Ucid Padova – Unione cristiana imprenditori e dirigenti.

Il programma parte dalla scelta di sperimentare un cambio di paradigma: dal sostegno all’impresa migrante, già messo in campo da Etimos negli anni scorsi con un progetto di microcredito, al “fare impresa insieme”. Il progetto ha preso il via con due "appelli" per raccogliere le idee di impresa di migranti di origine africana che avessero nel cassetto il sogno di tornare a casa per contribuire allo sviluppo del loro paese. Ben 105 i progetti arrivati in risposta: sul tavolo dei selezionatori, proposte che riguardavano i settori più diversi.

Con la consulenza gratuita di alcuni soci Ucid, esperti nell’analisi dei business plan, sono stati selezionati 40 aspiranti imprenditori che hanno seguito un impegnativo percorso formativo articolato in cinque fine settimana. Un corso intensivo per acquisire l’abc necessario all’avvio di un’attività imprenditoriale, proposto in tre diverse sedi: oltre a Padova, dove anche in questo caso i soci Ucid si sono messi a disposizione come formatori, Roma e Milano.

Al termine del percorso, un’ulteriore selezione: i 17 migranti ammessi alla terza fase hanno usufruito di un servizio di coaching personalizzato, affiancati dai consulenti Ucid e da altri esperti, per realizzare il loro piano di lavoro. Dieci i progetti già premiati, non con un finanziamento, ma – e qui sta uno degli elementi innovativi del programma – con la partecipazione diretta nel capitale della loro impresa da parte di un fondo di investimento creato ad hoc, con una quota variabile che può arrivare fino al 49 per cento. «Una scelta – spiega Davide Libralesso, responsabile programmi e relazioni internazionali di Etimos – che ci impegna ancor più a partecipare allo sviluppo delle idee di impresa».

«Proprio la novità del progetto – spiega Flavio Zelco, presidente Ucid Padova – ci ha convinto a spenderci e mettere a disposizione un po’ del nostro tempo e delle nostre competenze con questa forma di volontariato professionale. La risposta arrivata dai migranti è stata davvero molto positiva, hanno seguito con interesse e impegno il percorso formativo».

La dotazione del fondo consente oggi investimenti per 300 mila euro. Sono già stati deliberati i primi dieci ingressi nel capitale, nelle prossime settimane ne verranno decisi altri. Se spesso i progetti di rimpatrio assistito riguardano migranti alle prese con problemi legati al permesso di soggiorno o che non si sono integrati, in questo caso i protagonisti sono in genere migranti ben inseriti in Italia, che spesso hanno una posizione lavorativa stabile, ma che da tempo coltivano l’idea di tornare e fare qualcosa per il paese da cui provengono.

È il caso di Victoria Ajibola Olwakemi, che lavora come assistente sociale nel comune di Verona e che, nei giorni scorsi, è partita per la sua Nigeria iniziando a gettare le basi di "Ape Maya", un nido-famiglia con due servizi dedicati ai bimbi dai 3 mesi ai 3 anni e dai 3 ai 5 anni. Un grande salto, la realizzazione di un sogno che coltivava da tempo e che – c’è da scommetterlo – realizzerà con la stessa tenacia dimostrata fin dal suo arrivo qui in Italia. «Sono arrivata 22 anni fa – ci ha raccontato prima di prendere il volo del rientro – avevo un bimbo piccolo e gli altri miei due figli sono nati qui. Mi sono trovata a fare i conti con il fatto che la mia laurea conseguita in Nigeria qui non era riconosciuta: lavorando, con i bimbi piccoli e senza una rete familiare di supporto, mi sono rimessa a studiare e sono riuscita a laurearmi in servizio sociale».

Una grande conquista e una grande soddisfazione, che dopo un po’ di gavetta le ha aperto la possibilità di lavorare come assistente sociale, prima per alcuni comuni della provincia veronese, poi direttamente per il comune della città capoluogo. «Certo gli episodi di razzismo – racconta in un italiano quasi perfetto – non sono mancati. Spesso mi è capitato di trovarmi di fronte a persone che non credevano al fatto che io fossi l’assistente sociale. Amo molto il lavoro nel servizio sociale, e porterò questa esperienza anche nella mia nuova attività in Nigeria». 

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)