Sharing economy, rivoluzione o truffa?

Grazie al web e alle piattaforme on line che permettono sia di offrire che di prenotare in modo semplice e veloce, si diffondono le proposte alternative, dalla cena all’alloggio al passaggio in auto. I costi sono inferiori, la qualità spesso anche, i controlli quasi inesistenti: eppure è un mondo che piace. Agli utenti, non agli imprenditori "tradizionali".
Scarica il nuovo speciale Piccole e medie imprese in allegato a questo servizio.

Sharing economy, rivoluzione o truffa?

La traducono come “economia collaborativa” ed è un principio bellissimo, sulla carta.
Stiamo parlando di sharing economy, quella forma di economia per la quale chiunque può improvvisarsi come affittacamere, autista temporaneo e persino cuoco che va nelle case o invita a casa propria.
È qualcosa che probabilmente è sempre esistito. Per arrotondare, per integrare uno stipendio, gli italiani sono sempre stati maestri nel mettere a frutto le proprie abilità e inventarsi un lavoro. Non c’era bisogno di termini inglesi per farlo.
Ma il bisogno c’è oggi che esiste il web: perché all’estero, Europa e Usa, è oggi di moda utilizzare servizi non tradizionali, in particolare nei settori di turismo e mobilità, che si possono prenotare con un clic. Servizi facili e agili, come internet: niente tassisti, niente ristoranti, niente alberghi, ma auto private, cucina informale, alloggio di qualcuno. Quale qualcuno?

Visto che sembra tutto così semplice e economico, complice la crisi dell’occupazione sono già in molti a essere stati invogliati a diventare imprenditori di se stessi e tentare una strada che, se anche non andrà, non lascerà comunque un grande strascico economico.
Per entrare nella sharing economy non servono grandi investimenti: basta possedere un’auto, un’appartamento (anche in affitto), una cucina. Il resto lo fa internet, o meglio le “piattaforme”: siti internet che offrono quantità di proposte e permettono di prenotare tutto. Sono economici, per un nuovo imprenditore: una piccola iscrizione e poi si lascia una percentuale sulle transazioni, non vi è da anticipare nulla.

Tutto così semplice? No, ci sono aspetti come le regole da rispettare – ad esempio quelle sull’igiene e la sicurezza – o le tasse da pagare che vanno tenuti in debito conto.
Se lo si facesse, di tenerli in debito conto, ci si imbarcherebbe in tutta una serie di intoppi che non finiscono più: la 626, l’Asl, la Siae, la burocrazia, i cavilli, il commercialista, i guanti, gli scontrini... Un ginepraio fatto apposta per non permettere di lavorare!
Già, si può concordare.

Ma c’è chi queste regole le rispetta, nonostante sembrino muri insormontabili e magari incomprensibili.
«E a chiederle – fanno notare gli esercenti riuniti a convegno a Torreglia – sono stati gli stessi consumatori» che poi, quando si tratta di prenotare, si lasciano affascinare dalla “zia Beppina” che cucina la pasta fatta con le sue mani piuttosto che dallo chef diplomato del ristorante che rispetta le regole. Dargli torto? Schizofrenia?
Forse le richieste di sicurezza e igiene del consumatore, trasformate in burocrazia, hanno uniformato hotel e ristoranti togliendo loro un po’ di appeal. Un po’ di sicurezza è negoziabile se la proposta è quella di maggiore socialità (si parla di social eating), condivisione, partecipazione di ideali? Forse.
Chi mangia in agriturismo vuole sentirsi, se non proprio contadino, almeno suo complice e solidale con la natura e l’ambiente che sta visitando.
Vero o no, è qualcosa che oggi vale in termini economici: perché un hotel non ce lo da? Sono in discussione diverse proposte di legge per normare la sharing economy: è il caso di tenere conto delle giuste richieste delle aziende “tradizionali”, ma anche di un mondo che non vuole solo regole ma socialità, condivisione, “collaboratività”.

Al tema è dedicato il servizio di approfondimento dello speciale Piccole e medie imprese allegato al numero di domenica 24 aprile e scaricabile gratuitamente in allegato a questo servizio.

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Parole chiave: sharing economy (2), uber (1), blablacar (2), economia collaborativa (1), airbnb (2)
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