«Troppo piccoli e frammentati». La moda veneta non trova uscite dalla crisi

Prima la grande stagione di crescita, spesso improvvisata nei garage sotto casa. Poi la crisi che ha decimato il settore. E oggi, come sta il sistema moda padovano? La Camera di commercio ha pubblicato nei giorni scorsi un rapporto che conferma un dato sostanziale: la crisi di questi anni ha fatto “pulizia”, facendo resistere soltanto i più attrezzati. Ma il mercato chiede oggi nuovi cambiamenti per non scomparire.

«Troppo piccoli e frammentati». La moda veneta non trova uscite dalla crisi

Qualche decennio or sono, soprattutto tra gli anni Settanta e Ottanta, è stato un settore trainante dell’economia locale.
Una miriade di laboratori, nati talora in maniera un po’ improvvisata, in scantinati, garage, ex strutture agricole, che lavoravano essenzialmente come terzisti di ditte più grandi. Poi è arrivata la crisi, la concorrenza spietata di nuovi lavoratori (soprattutto cinesi), la scomparsa della maggior parte di quelle imprese un po’ naif.

Ma come sta ora il sistema moda padovano?
La Camera di commercio ha pubblicato nei giorni scorsi (1 settembre) un rapporto che fa il punto della situazione e che tutto sommato conferma un dato sostanziale: la crisi di questi anni ha fatto “pulizia”, eliminando molti e facendo resistere soltanto i più attrezzati, magari con una discreta propensione all’export.

Rimangono alcuni elementi strutturali che molti definiscono di fragilità, come ad esempio la dimensione ridotta, talora micro, di tante aziende.

I numeri del settore

Di fatto la variazione dell’insieme degli insediamenti produttivi del sistema moda si conferma stazionaria, come si era già rilevato alla stessa data del 2015: si verifica infatti un aumento del più 0,04 per cento, limitato a una unità in valore assoluto rispetto all’anno precedente.
La dinamica si presenta quindi, nella provincia padovana, relativamente migliore rispetto all’arretramento che prevale nel Veneto (-1 per cento) e in Italia (-0,7).
Nella provincia padovana, per le tre principali specializzazioni del settore, il calo degli insediamenti nelle industrie tessili (-3,1 per cento, superiore a quanto pure si verifica a livello regionale e nazionale) e in misura più contenuta del vestiario-abbigliamento (-0,2 contro il -0,8 del Veneto e il -0,4 dell’Italia) viene compensato dalla crescita della base produttiva nel cuoio-calzature (+3,2).
Per quanto riguarda gli imprenditori extracomunitari, essenzialmente cinesi, nell’insieme del sistema moda essi toccano le 785 unità, con una incidenza del 23,7 per cento sul totale degli imprenditori del settore operativi nella provincia, percentuale che però sale al 54,7 per cento per i soli titolari di impresa.

«O ci mettiamo insieme, o non abbiamo futuro»

«Le aziende del tessile si sono assestate, almeno dal punto di vista quantitativo? Una buona notizia, visto quello che è successo in questi terribili anni di crisi; d’altra parte non poteva essere diversamente».
Laura Dalla Montà, presidente del sistema moda dell’Unione provinciale artigiani confartigianato di Padova, imprenditrice di Este (quindici collaboratori, quasi tutte donne) che lavora per grandi marchi, in proposito, sul piano dell’analisi dell’accaduto e di quanto sta succedendo, ha le idee chiare.
«Il punto di arrivo dell’evoluzione di questi ultimi tempi è inequivocabile: la produzione medio-bassa, qui, nelle nostre aziende, non esiste più; i grandi gruppi confezionano tutto all’estero, nei paesi in cui i costi sono minori. Da noi il lavoro vale 0,18 centesimi di euro al minuto, in altre nazioni soltanto lo 0,02, non c’è partita».

Qui, allora, che cosa e chi è rimasto?
«Hanno tenuto e continuano a sopravvivere soltanto le imprese che lavorano sul prodotto medio alto, quello che esige particolari abilità; ma l’evoluzione non è ancora terminata perché stiamo notando che la soglia delle richieste si sta sempre più spostando verso il “lusso”, cioè prodotti di gamma alta. Questo richiede alle ditte un continuo adeguamento al rialzo».

Ma la miriade di aziende che non ci sono più, che fine hanno fatto?
«Scomparse. I lavoratori hanno cercato altri sbocchi professionali; la maggior parte, magari donne, è rimasta a casa».

L’attualità del sistema moda padovano è tutta, dunque, sul versante del terziario?
«Su questo non vi sono dubbi: sono pochi coloro che si avventurano sulla via della creazione di marchi propri».

Perché? In fondo le abilità non mancano.

«Ci difettano altre qualità. A esempio, ognuno di noi fa soltanto una cosa: c’è chi sa tessere, chi confezionare, chi fornire gli accessori, ma manca una visione d’insieme; siamo frammentati, anche dal punto di vista produttivo. Poi c’è un problema di risorse, di recuperare gli investimenti necessari, di rete commerciale».

Secondo il rapporto della Camera di commercio, le uniche aziende in cui si nota un certo movimento sono quelle individuali, legate prevalentemente alla presenza di imprenditori cinesi.
«Su questo tema dobbiamo uscire da una serie di luoghi comuni che fino a oggi ha condizionato il nostro giudizio sul fenomeno. Un primo dato: i cinesi stanno imparando e già lavorano bene; non sono più soltanto “manovalanza”, ormai la loro concorrenza si pone spesso ai nostri livelli. In secondo luogo sono più osservanti delle regole. Il loro vantaggio competitivo, se vogliamo chiamarlo così, è quello di essere molto più flessibili».

Quale previsione per il futuro del sistema moda di casa?
«Non abbiamo molte alternative. O ci accontentiamo, come avviene ora, di fare i terzisti, magari di qualità, ma sapendo bene che ci mettiamo nelle mani degli altri, che diventeremo sempre più ricattabili sul versante dei prezzi, che i margini di profitto andranno continuamente al ribasso. O dobbiamo tentare qualcosa di diverso».

Cioè?
«Abbiamo un’unica possibilità: superare la frammentazione, le dimensioni troppo ridotte, la monofunzionalità di quello che facciamo, mettendoci insieme».

È così difficile?
«Fino a oggi non ci siamo riusciti. Questione di testa e, come si sa, si fa prima a cambiare una macchina che una cultura e una mentalità».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: maglieria (1), tessile (4), abbigliamento (3)