21 marzo, il giorno dell'Italia contro tutte le mafie

Lo scorso 1° marzo la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva, con 418 voti a favore e nessun contrario, la legge che celebra il 21 marzo quale Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie.Nata da un’intuizione di Libera, il “network” di realtà fondato da don Luigi Ciotti, la Giornata diventa così patrimonio di un’intera nazione.

21 marzo, il giorno dell'Italia contro tutte le mafie

Locri, la piazza scelta per celebrare questa prima Giornata nazionale, è un luogo simbolo.
Ed è il posto ideale per smentire uno degli stereotipi di cui si alimenta la “narrazione” di quanti si ostinano a sostenere che con la mafia bisogna venire a patti, perché dalle sue mani bagnate di sangue passano opportunità di lavoro e sviluppo senza le quali il Sud sarebbe ancora più povero.
Una mistificazione che a Locri è sotto gli occhi di tutti: una delle capitali di un impero basato sul traffico di droga, capace di penetrare nei salotti buoni della finanza e di inquinare la politica coniugando seduzione e intimidazione, è anche una delle città in cui più si stenta a vedere un futuro, in cui la vita è più asfittica, la disoccupazione più alta.

L’intreccio tra malavita, ‘ndrangheta, perfino massoneria, ne ha imprigionato la socialità. Fino a non lasciar intravvedere una possibile via d’uscita se non a chi – come i volontari di Libera, come le comunità cristiane stimolate da vescovi sempre più attenti alle dinamiche strutturali dell’ingiustizia – ha scelto di scommettere il proprio presente per costruire un futuro diverso.

Il 21 marzo a Locri è atteso il presidente della repubblica Sergio Mattarella.
Uomo del sud, sceso in politica per raccogliere il testimone del fratello Piersanti, che da presidente della regione Sicilia è stato un simbolo della lotta alla mafia e che per questo dalla mafia fu assassinato il 6 gennaio del 1980.

La sua presenza sarà il simbolo di un impegno che oggi non è più affidato alla buona volontà di Libera, di Avviso pubblico, delle tante espressioni della cosiddetta “società civile” che in questi anni si sono mobilitate, ma che l’Italia ha inteso far proprio nella forma più alta. Nella consapevolezza che di qui, dal ripristino delle condizioni minime di legalità e giustizia, passa il futuro del nostro paese.

La mafia non è un problema del Sud, e la scelta di fare del 21 marzo una “giornata diffusa” viene a ricordarcelo plasticamente.
Se al Sud conserva le sue basi strategiche, se al Sud riesce a esercitare un controllo evidente del territorio, ormai da tempo la criminalità di stampo mafioso pensa e opera in grande, come una multinazionale capace di stabilire legami in mezzo mondo e sempre più attenta a occupare tutti gli spazi che le si presentano come nuove opportunità. Succede in Germania, succede a Milano e Torino in forme sempre più eclatanti, sta succedendo purtroppo anche in Veneto.
La scelta di Verona come sede della manifestazione regionale ci ricorda che in una delle grandi città della nostra regione il vicesindaco è stato condannato nel 2014 a cinque anni, poi ridotti a 3 anni e 4 mesi in appello, per una vicenda di corruzione che ha visto allo stesso tavolo politici, imprenditori, professionisti e esponenti di famiglie mafiose.
E non dimentichiamoci le ripetute indagini sui presunti “benefattori” di società in crisi, i cui proprietari si vedevano poi espropriati del controllo da parte di chi aveva prima offerto loro i soldi che le banche non concedevano più. O le discusse gare d’appalto per la gestione dei rifiuti tossici. O ancora il turbinio di compravendite a cui la stessa Guardia di finanza ammette di non riuscire a stare più dietro, tanto veloci e complesse sono le operazioni finalizzate a “spolpare” una preda succulenta come l’economia del Nordest. Certo, manca il controllo paramilitare del territorio, i negozianti non devono pagare il pizzo. Ma questo non può tranquillizzarci, e dovrebbe anzi spingerci a una maggiore attenzione.

In Calabria questa prima Giornata giunge al termine di un anno che ha visto l’intera Conferenza episcopale sempre più tesa a una azione puntuale, attenta alle dinamiche strutturali dell’ingiustizia, impegnata a costruire percorsi di legalità.

Credo che anche alla nostra chiesa veneta questa giornata possa e debba dire molto.
Sentiamo l’odore sgradevole della corruzione e sappiamo che è un virus che, una volta infettati, è difficile da debellare. Ma in questi anni tanto lavoro è stato fatto per mettere l’attenzione al territorio e alle grandi questioni sociali al centro dell’impegno pastorale. Il nostro no alla mafia, allora, deve passare per una rinnovata attenzione ai temi della polis: la tutela dell’ambiente, il diritto al lavoro, il gusto della legalità, un sincero amore per la politica.

Sono elementi scritti nella nostra storia, ma che hanno sempre bisogno di essere ri-attualizzati, ri-detti, ri-pensati: non come un qualcosa di più, ma come elementi essenziali del nostro sforzo di coniugare fede e vita, di essere cristiani in questo tempo, con i piedi ben piantati nella storia, “per” e “con” la società in cui viviamo. Senza pretese di perfezione, ma col coraggio di indicare (e sforzandoci di praticare) un vero orizzonte di giustizia.

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