Sparire per ritrovarsi: una strada anche per noi preti italiani?

Scrive l’autore: «La scomparsa di lui ha creato un vuoto provvidenziale». Ma quanta fatica a scomparire, a stare dietro alle quinte, a promuovere altri. Un po’ siamo stati educati così, un po’ per i colpi del nostro orgoglio, un po’ la mancanza di coraggio nel percorrere strade nuove, inedite, possibili solo scrivendo futuro insieme. Sparire per ritrovarsi: sarà una strada percorribile? E troverà comprensione?

Sparire per ritrovarsi: una strada anche per noi preti italiani?

Quando ho ricevuto Settimana News del 14 agosto scorso, sono stato incuriosito dal titolo di un volume recensito: Il signor parroco ha dato di matto di Jean Mercier, edizioni San Paolo.
Ancor più attraente il titolo originale: Monsieur le curé fait sa crise. L’ho comprato e letto in un fiato, per la sua leggerezza, arguzia, profondità, e perché l’ho sentito vicino in tanti passaggi...

L’autore, giornalista del settimanale La vie, in un video su Youtube racconta che è stato ispirato dalle confidenze che ha ricevuto da preti e vescovi su com’è difficile incarnare Cristo per le persone di oggi.
Non sono riuscito a restare serio davanti ai ritratti di “personalità parrocchiali” che assediano il povero parroco don Beniamino Bucquoy, alle quali veniva spontaneo dare nomi e volti.

Brigitte Charbonnier, “donna dei fiori”, in perenne lite con la collega Guillemette de la Fausse Repose (“dalla falsa flemma” in italiano), che cerca sostegno dal parroco inondandolo delle sue ragioni. 
Eveliyne Bossard-Dupin, parrocchiana responsabile della formazione catechistica in diocesi, che lo trova arrogante e retrogrado e va a lamentarsi con il vescovo.

La litania di volti e di fisse può continuare.
Ogni parrocchia ne ha una collezione, con un minimo comune denominatore: per tutti il destinatario risolutore delle relazioni e questioni è il parroco!

Mi stupisco sempre delle competenze e abilità che le persone presumono e mi attribuiscono per partito preso, mentre mi sento spesso disarmato e fuori posto. Tanti mi vedono uscito dal seminario come un prodotto finito, con il mio kit che per tutta la vita mi darà sicurezza, stabilità e ricette: altro che Mary Poppins!

Il vortice di attese fa prendere una decisione al parroco del libro, comunicata in un bigliettino all’anziana domestica: «Non ce la faccio più. Sparisco, che è meglio».
E così avviene, e da questa sparizione si dipaneranno una serie di situazioni che faranno riflettere lui e i parrocchiani.

Scrive l’autore: «La scomparsa di lui ha creato un vuoto provvidenziale».
Quanta fatica a scomparire, a stare dietro alle quinte, a promuovere altri. Un po’ siamo stati educati così, un po’ per i colpi del nostro orgoglio, un po’ la mancanza di coraggio nel percorrere strade nuove, inedite, possibili solo scrivendo futuro insieme.
Quando mi vesto per celebrare metto prima l’alba, la veste bianca dei battezzati: è il vestito di tutti, la consapevolezza, come dice il Concilio, di essere «segregati in seno al popolo di Dio». Sparire dentro al popolo di Dio: una soluzione che il protagonista del racconto conquisterà passando per un’altra segregazione.
Sull’alba indosso la casula: un mantello ampio, che mi nasconde. Un’altra sparizione, una strada di libertà da me stesso, dalle mie stravaganze e convinzioni, per ritrovarmi nella liturgia non mia, ma della chiesa, nell’indicare non me ma il Signore Risorto, unico pastore.

Sparire per ritrovarsi: sarà una strada percorribile? Troverà comprensione?
L’autore nel suo video afferma: «Possiamo uscire dalle nostre prigioni con la riconciliazione e il perdono. Per accogliere il prete è importante che ogni battezzato riscopra che, per il suo battesimo, anche lui è un “altro Cristo” per gli altri, non solo il prete».

Il libro ha due finali, o meglio un finale nel finale.
Quante volte, nella complessità della pastorale e delle novità che domanda, ci sembra di capire come va a finire... E se ci fosse un altro finale, un’altra storia che comincia dove noi la vediamo finire?

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