Un Nobel contro l’incubo delle armi nucleari

Il premio Nobel per la pace 2017 è stato assegnato a un’organizzazione denominata Incan (acronimo di International campaign to abolish nuclear weapons) che ha sede a Ginevra e ha promosso la firma del Trattato per la proibizione delle armi nucleari approvato dalle Nazioni unite il 7 luglio scorso. Si tratta di un’organizzazione non profit fondata a Melbourne nel 2007 di cui fanno parte oltre 400 realtà attive in 100 paesi, impegnate a promuovere il dibattito sulle armi nucleari, ma soprattutto a pervenire a una normativa giuridica internazionale per la loro abolizione. Un impegno in piena sintonia anche con gli auspici di papa Francesco.

Un Nobel contro l’incubo delle armi nucleari

«Continuare a basare la propria sicurezza sulle armi atomiche – ha dichiarato la presidente Beatrice Fihn – è un atteggiamento inaccettabile. Stiamo cercando di mandare forti segnali a chi ha queste armi, in Corea del Nord, Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, India e Pakistan: è inaccettabile la minaccia di uccidere civili». 

Che la minaccia di una catastrofe nucleare sia non solo reale ma attuale, lo testimoniano i recenti contrasti tra Corea del Nord e Stati Uniti.
Il premio che arriva da Oslo è dunque un messaggio diretto a Donald Trump e Kim Jong-un. Non solo a loro però, ma anche a tutti gli stati attualmente in possesso dell’arma nucleare o che stanno programmando più o meno segretamente e sotto vari pretesti di dotarsi di un armamento atomico. 

La paura del “fungo atomico” era quella di generazioni cresciute in un mondo in bilico tra due blocchi contrapposti.
Negli anni '90 con la dissoluzione dell'Urss e la fine della guerra fredda questi timori sembravano essersi dissipati. L’attuale tensione tra Corea del Nord e Stati Uniti ha invece fatto tornare di moda questo spettro di cui l'umanità avrebbe fatto volentieri a meno.
La verità è che nonostante l'apparente distensione degli anni ‘90, le sperimentazioni per la creazione di nuove armi di distruzione di massa non si sono mai fermate. A tutt’oggi esistono nel mondo poco meno di 15.000 testate nucleari, alle quali va aggiunto un numero imprecisato di altre testate (tra le 150 e le 240) dislocate in paesi europei aderenti all'Alleanza Atlantica nell'ambito del programma di condivisione nucleare avviato dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Il paese con maggiore dotazione di armi nucleari al momento è la Russia, che ha ereditato l'arsenale dell'Urss. Sono 7.000 le testate russe, di cui 1.790 schierate e pronte all'uso, altre 2.700 in deposito e 2.510 ritirate e pronte per essere smantellate. Gli Stati Uniti ne hanno 6.780, di cui 1.740 schierate, 2.740 accumulate e 2.300 in disuso. Al terzo posto di questa apocalittica classifica c'è la Francia con un arsenale di 300 testate, di cui 290 schierate e il resto in deposito. La Cina ne ha 260, ma è sconosciuto il numero di quelle che sarebbero operative. Tornando in Europa, un altro paese con armi nucleari è il Regno Unito, con 215 bombe di cui 120 pronte all'utilizzo. Significativi anche gli arsenali di Pakistan e India: nel primo caso sono 140, nel secondo 120, ma ambedue i paesi non hanno alcuna testata schierata. 

Tanto basti per giustificare il messaggio che papa Francesco ha inviato quest’anno al mondo in occasione della 50ª Giornata mondiale della pace che si è celebrata il 1 gennaio scorso.
Un messaggio che riporta in primo piano il tema della nonviolenza quale progetto di vita non solo personale, ma anche politico. Dopo Ghandi, Martin Luther King e Madre Teresa di Calcutta, anche papa Bergoglio ritorna su un ideale di vita possibile per tutti, una ricetta concreta per impostare e promuovere l’unica alternativa alla guerra e in particolare alla guerra atomica.

«Che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali. Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta, le vittime della violenza possono essere i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell'ordine mondiale possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme».

«Il secolo scorso – ci ricorda ancora papa Francesco – è stato devastato da due guerre mondiali micidiali, ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran numero di altri conflitti, mentre oggi purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi. Non è facile sapere se il mondo attualmente sia più o meno violento di quanto lo fosse ieri, né se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che caratterizza la nostra epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più assuefatti ad essa… Tutto quello che [si] ottiene non è forse di scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi “signori della guerra”?»

«La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati, della grande maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore dei casi, può portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti».

Un’eventualità da non sottovalutare e tanto meno da ignorare, non fosse altro per il fatto che non si dorme certo tranquilli con una bomba sotto il letto.

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Parole chiave: Incan (2), guerra-fredda (1), nucleare (9), atomica (6), pace (82)