Un sussulto d'orgoglio per fermare il tracollo di Vicenza e del Vicentino

È arduo da figlio di una terra, quindi abitante di un luogo e cittadino di un territorio, raccontare l’infelice sorte di cui si è testimoni in meno di un quinquennio. Arduo perché l’attaccamento mentale, geografico e storico per la tua terra, t’impedisce spesso di essere obiettivo su cose, fatti e persone, benché i segnali, i cedimenti e debolezze strutturali si mostrino sotto gli occhi di un’intera regione e nazione. Talmente evidenti che la storia postuma faticherà a giustificarne l’operato. Parlo di Vicenza e del Vicentino, terra d’alta pianura ricca ed effervescente, che è stata per decenni sinonimo di sviluppo, imprenditoria ed etica sociale (si pensi a Marzotto col suo modello di sviluppo industriale integrato).

Un sussulto d'orgoglio per fermare il tracollo di Vicenza e del Vicentino

È arduo da figlio di una terra, quindi abitante di un luogo e cittadino di un territorio, raccontare l’infelice sorte di cui si è testimoni in meno di un quinquennio.
Arduo perché l’attaccamento mentale, geografico e storico per la tua terra, t’impedisce spesso di essere obiettivo su cose, fatti e persone, benché i segnali, i cedimenti e debolezze strutturali si mostrino sotto gli occhi di un’intera regione e nazione. Talmente evidenti che la storia postuma faticherà a giustificarne l’operato.

Parlo di Vicenza e del Vicentino, terra d’alta pianura ricca ed effervescente, che è stata per decenni sinonimo di sviluppo, imprenditoria ed etica sociale (si pensi a Marzotto col suo modello di sviluppo industriale integrato).
Vicenza la bella, ingentilita dal padovano Andrea Della Gondola, che proprio nel Vicentino ebbe la sua metamorfosi architettonica in “Palladio” (comparato a Pallade, dea della bellezza), per cui in tempi recenti l’Unesco ha insignito la città del titolo di patrimonio dell’umanità. Vicenza la ricca, che trasforma l’oro in gioielli.
Vicenza la buona e non per i suoi “fantomatici gatti”, ma per quel merluzzo norvegese che trasformato in “baccalà alla vicentina” è divenuto nei secoli emblema gastronomico di una popolazione non ancora globalizzata, ma che già si apriva al nuovo. C’è poi il Vicentino della Grande Guerra, col suo territorio tra sangue e storia, che celebra in questi anni il suo Centenario.

Ma come nel Signore degli Anelli, la contea è minacciata e rischia di perdere la sua identità. Forse l’ha già persa, assieme a credibilità e dignità.
Il Vicentino contemporaneo, quindi, si mostra come un crogiuolo di situazioni esplosive che lo rendono un territorio, frantumato e sfruttato con una lista di episodi che lo impongono quotidianamente sulla cronaca nazionale. Una provincia dove le criticità non si contano più, con ripercussioni che cadono e ricadranno pesantemente su tutti i settori del vicentino.

Un lungo elenco di fatti e misfatti
Fatti come l’inquinamento da Pfas, con 130 mila persone divise tra tre provincie, sottoposte ad analisi e controlli coatti per assunzione di acqua inquinata, che è un fatto di portata storico-epocale, comparabile alla terra dei fuochi campana.
Sul piano economico è poi sufficiente fare il nome della Banca Popolare Vicentina, con 169 mila soci beffati e salassati, che hanno impoverito uno dei territori più ricchi d’Italia.
Precedentemente vi è stata l’imposizione di una nuova base militare americana (la Dal Din) nel cuore stesso della città.
Poi l’imponente struttura architettonica del nuovo tribunale, nato sulle vestigia della Lanerossi, con cedimenti strutturali e disfunzioni sfociati in un’inchiesta giudiziaria, edificato a poche centinaia di metri dalla più famosa villa del mondo, la Rotonda.
La Tav che arriverà e potrebbe snaturare lo skyline del centro storico cittadino, che ha indotto l’Unesco a un energico richiamo di incompatibilità.
Aggiungiamoci la nuova Valdastico Sud, sotto cui giacciono scorie industriali pericolose, come dimostrato dal processo in corso a meno di due anni dalla sua inaugurazione. Ancora, la Pedemontana che sta sfregiando il Bassanese e gettando discredito sui finanziamenti regionali. L’aria pregna d’inquinanti, colloca poi Vicenza tra le città più inquinate d’Europa.

Così l’impietosa fotografia di un paesaggio che risente di un disagio dilagante, dove è assente l’indignazione del suo popolo, “anestetizzato” di fronte allo scempio che risponde con rassegnazione e immobilità.
Territorio che ha perso la sua moralità, e per questo destinato a sprofondare. Vicentino che sopravvive più a se stesso che al futuro che verrà. Meglio quindi ripartire da un senso di vergogna che da una rassegnazione diffusa per ri-iniziare a scrivere la propria storia, prima che sia troppo tardi.

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