Vaccinazioni: tra libertà di cura e tutela della salute pubblica

Libertà di cura da una parte, tutela della salute pubblica dall’altra. Le ipotesi di bilanciamento tra questi due principi o valori possono essere più di una. Ma ciascuna di esse implica che nessuna delle parti in causa assolutizzi un determinato principio o valore e che il legislatore sappia contemperare le esigenze

Vaccinazioni: tra libertà di cura  e tutela della salute pubblica

Dove si pone il giusto equilibrio tra libertà di cura e tutela della salute pubblica?

In un clima culturale che ha eretto a "diritto" ogni desiderio - come spesso diciamo – è mai possibile che ci sia il diritto a sposarsi tra persone dello stesso sesso, il diritto all’eutanasia, il diritto all’utero in affitto... e non ci sia il diritto a scegliere per i figli la profilassi che si ritiene più idonea? Perché non è che altri diritti incidano meno sulla salute pubblica, se intesa in senso lato, o sulla vita delle altre persone. Pensiamo solo all’aborto... Insomma: libertà, libertà. E perché non libertà nelle cure a questo punto?

E ancora: in un’Italia in cui l’8 per cento della popolazione è straniera, è possibile obbligare ad esempio i cinesi ad abbandonare la loro antica tradizione medica? Il che significa anche domandarsi: ma il paradigma scientifico della cultura occidentale, può essere assunto come unico parametro in una società multietnica e multiculturale? O non sarebbe più opportuno dire: io stato ti offro questa tipologia di cure grazie al servizio sanitario nazionale, poi se preferisci rivolgiti pure altrove? E ancora: in un’Italia in cui esiste la libertà scolastica, ha senso imporre anche a una scuola privata (non paritaria, privata) di sottostare all’obbligo vaccinale?

Infine, la regione Veneto annuncia un ricorso alla Corte costituzionale affermando che in mancanza di un adeguato stanziamento i soldi per le vaccinazioni andrebbero sottratti ad altre prestazioni sanitarie. Chi e come decide cosa è più importante quando le risorse scarseggiano?

Nell’acceso dibattito attualmente in corso sulle vaccinazioni il concetto di diritto viene spesso usato in una duplice accezione: in riferimento sia ai diritti umani che ai diritti positivi. Autorevoli maestri del diritto hanno insegnato e insegnano che la differenza tra diritti umani e diritti positivi sta in questo: mentre i diritti umani indicano valori che devono essere realizzati (tutela della libertà, della vita, dell’uguaglianza, della giustizia, ecc.), i diritti positivi prevedono leggi che prescrivono comportamenti specifici e ben circonstanziati (“non si passa con il rosso”, “il salario minimo è di 6 euro”, “è proibito torturare un prigioniero”, ecc.).

In altri termini mentre i diritti umani lasciano aperte diverse scelte attraverso le quali un valore può essere realizzato, i diritti positivi hanno un contenuto preciso nella forma di una legge che prescrive una determinata azione o comportamento. Proprio qui sta il punto cruciale della questione. Accade infatti quasi sempre che nel caso concreto il valore da realizzare non sia uno solo, bensì due o più. Si pensi alla necessità di mettere insieme libertà di coscienza e ordine sociale, tutela della vita e libertà di circolazione, segretezza delle comunicazioni e intercettazioni dei criminali, libertà di mercato e dignità del lavoro. A volte non è possibile realizzarli entrambi. S’impone allora la ricerca di un bilanciamento tra valori più o meno alti, più o meno fondamentali, più o meno urgenti.

E sempre a partire da casi, fattispecie, contesti operativi diversi e sulla base di analisi delle conseguenze positive e negative, previste o prevedibili, per sé e per gli altri, di azioni o comportamenti che servono a raggiungere un determinato obiettivo. Il compito del legislatore è complesso e delicato: conciliare al tempo stesso molteplici valori trovando di volta in volta la soluzione migliore possibile di eventuali e inevitabili conflitti. Ciò che importa è non smarrire mai la differenza tra valori da una parte e leggi dall’altra.

Nel caso ciò avvenisse non servirebbe più un legislatore, ognuno saprebbe cosa fare. Ma appunto i valori non sono leggi. E poiché se ne devono realizzare più d’uno alla volta è compito del legislatore con l’aiuto di tecnici e studiosi discutere e discernere quale soluzioni tra le diverse possibili combini nel modo più soddisfacente i valori in gioco.

Ci sarà chi sottolinea maggiormente l’importanza di un valore e chi l’importanza di un altro. Il bilanciamento tra i due comporterà sempre in qualche misura una negoziazione.

In questo senso si può dire che non esistono “valori non negoziabili”. Nel caso oggi molto dibattuto della vaccinazione sono in gioco due valori, entrambi fondati sulla morale e sulla Costituzione: la libertà di cura, quale che sia l’età di una persona, e la tutela della salute pubblica, quale che sia la malattia o l’epidemia da evitare o prevenire. E questo in riferimento a situazioni diversissime le une dalle altre.

Le ipotesi ragionevolmente praticabili di bilanciamento tra questi due valori possono essere più di una. Ma ciascuna di esse implica che nessuna delle parti in causa assolutizzi un determinato valore dichiarandolo “non negoziabile”. Così facendo si azzera l’altro e non si fa un buon servizio né alla morale, né alla Costituzione. È senz’altro legittimo appellarsi alla libertà di cura come anche alla tutela della salute pubblica. Il problema però non è questo: è come conciliare concretamente e ragionevolmente questi due valori tenendo presente che sulla bilancia di un ragionamento etico rigoroso la prevenzione di eventuali malattie o epidemie che potrebbero colpire la collettività pesa di più dei possibili danni alla salute di singoli individui.

Che peraltro e in ogni caso, se accertati scientificamente, non sono da ignorare, ma da prendere in debita considerazione nella formulazione di una buona legge che sia moralmente giusta e costituzionalmente fondata.

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