Spegni la tv, accendi la vita

La primavera, col suo esplodere di colori e odori, invita a riscoprire il gusto di uscire, senza farsi imprigionare da palinsesti al limite della decenza.

Spegni la tv, accendi la vita

Chissà quante volte l’abbiamo letta, studiata e ripetuta, la breve ma essenziale poesia di Quasimodo: «Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera».

Penso a questo e immagino a ciò che i più fanno in queste tiepide serate di primavera: fermi a guardare la televisione, adesso come in tutte le altre stagioni. Televisione che impressiona per i suoi programmi: sciatti. Banali fino al limite della decenza. Una tv che svuota, ma pur sempre domina, dove il linguaggio è abominio e abuso popolare. Dove l’accanimento diventa persuasione. L’intrattenimento, troppo spesso, è un insulto alla normalità.

Dopo questa orazione funebre del servizio televisivo, torno al motivo per cui ho scomodato Quasimodo sul far della sera. Domenica scorsa, uscendo scientemente dallo schermo televisivo, mi trovai a fare un giro in bicicletta in quell’ora che non è più giorno, ma non è ancora notte. Nel tempo caro ai poeti: il crepuscolo.

Giunsi su un vecchio crocicchio di campagna, con una casa diruta e abbandonata da una o più generazioni. Sullo sfondo intravvedevo uno di quei temporali, i cui fulmini devono avere ispirato allora il Giorgione per la sua celebre Tempesta.

La brezza della sera diffondeva profumi di acacie, sambuchi e fiori da giardino. Il campo muoveva appena il suo stuolo di spighe, mentre ai suoi bordi si levavano di tanto in tanto le lucciole, mentre dai fossi s’alzava un gorgheggio di rane e rospi in gran quantità. In fondo, mi trovavo su un “incrocio del tempo”, dove i ricordi del passato s’incontravano con lo spazio presente. Senza artifizi o grida da palcoscenico. Senza riflettori o applausi spinti. Senza riflettori o telecamere a riprendere i clamori della cronaca.

Tutto poi senza un canone fisso da pagare per quel momento, durato quel tanto che basta per stigmatizzare questi semplici emozioni di primavera, prima che fosse sera.

Siamo ormai giunti al punto che serve più coraggio per spegnere il televisore, che sopportarne il peso quando è acceso.
Se però ogni tanto c’impossessiamo di diritto di quel raro coraggio, forse, ci possiamo riprendere un pezzo di vita vera. Così che il potere del telecomando torni a noi.

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