Richiedenti asilo in Ue, migrazioni, salute in carcere, Colombia, campagna “Chiudiamo la forbice!”, “Casa Ain Karen” a Bari

Il riepilogo delle principali notizie dall'Italia e dal mondo a cura dell'agenzia Sir.

Richiedenti asilo in Ue, migrazioni, salute in carcere, Colombia, campagna “Chiudiamo la forbice!”, “Casa Ain Karen” a Bari

Ue: rapporto Easo. “Oltre 700mila richiedenti asilo in Europa nel 2017”. In Germania record di 222mila richieste in un anno, Italia seconda con 128mila

(Bruxelles) “Nel 2017 sono state registrate 728.470 richieste di protezione internazionale nell’Ue, pari a una diminuzione del 44% rispetto al 2016, ma esse restano a un livello più alto rispetto al periodo precedente alla crisi dei rifugiati, iniziata nel 2015”. Lo si legge nel rapporto annuale su migrazione e asilo diffuso oggi da Easo, European Asylum Support Office, l’agenzia comunitaria che tiene monitorato questo settore. Il documento, di 264 pagine, afferma che “la pressione migratoria resta elevata alle frontiere esterne dell’Ue, ma è scesa per il secondo anno consecutivo, per lo più lungo le rotte del Mediterraneo orientale e centrale, mentre si è verificato un incremento senza precedenti lungo la rotta del Mediterraneo occidentale”. La Germania continua a essere il Paese che riceve il maggior numero di richieste di protezione internazionale (222mila lo scorso anno) ed è anche in cima alla lista delle decisioni assunte in materia. “L’Italia è stata il secondo principale Paese destinatario, con 128.850 richieste, seguita dalla Francia, con oltre 100mila richieste totali”. Nel 2017, 32.715 minori non accompagnati hanno fatto richiesta di protezione internazionale nell’Ue, la metà rispetto al 2016; la percentuale delle richieste dei minori non accompagnati rispetto all’insieme delle richieste si è attestata al 4%, per un totale di oltre 1.300 minori soli sono giunti in Ue per chiedere protezione.

Migranti: Santa Sede, appello ai media per “diffondere informazioni certe e dimostrate sui flussi”

“Chiediamo a tutti i mezzi di comunicazione che contribuiscano, secondo le loro possibilità, a diffondere informazioni certe e dimostrate sui flussi migratori e a dissipare quelle che generino unicamente percezioni negative dei migranti”. Si è concluso con questo appello il Colloquio su Migrazione internazionale Santa Sede-Messico, svoltosi nei giorni scorsi, al termine del quale si è concordato di tenere una nuova edizione in Vaticano. “Giustizia, solidarietà e compassione”: sono queste – si legge nel comunicato conclusivo, diffuso oggi dalla sala stampa della Santa Sede – le parole-chiave affidate dal Papa nel suo messaggio ai partecipanti, in cui Francesco ha auspicato una “responsabilità globale e condivisa della migrazione internazionale”, partendo dall’“atteggiamento fondamentale” di “uscire all’incontro dell’altro, per accoglierlo, conoscerlo e riconoscerlo”. “Capire la complessità dei movimenti migratori contemporanei che ubbidiscono a cause multiple, e che molte volte sono determinate da situazioni di conflitto, disastri naturali, povertà e dalla ricerca di migliori condizioni di vita e di opportunità”, il primo imperativo su cui Santa Sede e Messico concordano. “I bambini sono quelli che più stanno soffrendo le conseguenze delle migrazioni forzate”, si legge nel comunicato, in cui entrambe le parti s’impegnano a “insistere sulla centralità della persona umana in ogni esercizio politico, compreso quello diretto a regolamentare i flussi migratori, riaffermando l’inviolabilità dei diritti umani e della dignità di ogni essere umano che si sposta”.

Salute in carcere: don Grimaldi (cappellani), “attese, lentezze, scarsità di risorse. Emergenza fasce deboli società qui è moltiplicata”

Negli istituti di pena del nostro Paese è emergenza sanitaria. A delinearne lo scenario in un’intervista al Sir è don Raffaele Grimaldi, per 23 anni cappellano nel carcere di Secondigliano (Napoli) e da un paio d’anni ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane, auspicando maggiore attenzione da parte della politica e la ripresa dell’iter della riforma dell’ordinamento penitenziario. “L’emergenza sanitaria nel nostro Paese riguarda tutte le fasce deboli della società – spiega –, ma negli istituti di pena è ulteriormente acuita perché la popolazione carceraria è estremamente vulnerabile. I detenuti sono realmente gli ultimi degli ultimi” e “i direttori dei penitenziari conoscono bene le grosse difficoltà per far venire uno specialista, per sottoporre i reclusi a visite, esami diagnostici e specialistici esterni, ricoveri e/o interventi chirurgici. Le procedure per autorizzazioni e permessi da parte dei magistrati e dei tribunali rallentano molto gli interventi sanitari e il problema si aggrava ulteriormente in presenza di detenuti in regime di alta sicurezza (41 bis). I tempi talvolta si allungano anche per mancanza di mezzi o personale per la scorta, pure in caso di interventi di emergenza”.

Colombia: Duque è il nuovo presidente con il 54%. Preoccupazione per il futuro degli accordi di pace

La destra di Álvaro Uribe Vélez, come ampiamente previsto dai sondaggi, torna al potere in Colombia. Iván Duque, del Centro democratico, a capo di un’alleanza conservatrice e contraria agli accordi di pace con le Farc, è il nuovo presidente della Colombia. Ieri nel ballottaggio ha battuto Gustavo Petro, candidato della sinistra, a capo della lista “Colombia Humana”. Una vittoria netta ma non schiacciante, quella di Duque, che ha ottenuto il 54% dei voti (per un totale di circa 10 milioni e 300mila voti), contro il 41,8% di Gustavo Petro (circa 8 milioni di voti) e il 4,2% di schede bianche (che in Colombia vengono comunque contate in percentuale). Duque trionfa nel cuore del Paese, lungo le cordigliere. Petro vince invece a Bogotá, lungo la Costa pacifica, nel Sud del Paese e in alcune zone lungo la costa atlantica. Anche se quello dell’accordo con le Farc non è stato il tema più presente nella campagna elettorale, resta la preoccupazione per l’implementazione della pace. Duque ha infatti dichiarato più volte l’intenzione di modificare in alcuni aspetti (senza specificare bene quali) l’accordo di pace, già firmato e blindato in Costituzione, e di interrompere il dialogo dell’Avana con l’Eln.

Disuguaglianze: società civile lancia la campagna “Chiudiamo la forbice!” per un mondo più giusto e solidale

In occasione del terzo anniversario dell’uscita della Laudato si’, un’ampia alleanza di soggetti promotori, aderenti e media partners ha lanciato la campagna triennale “Chiudiamo la forbice: dalle diseguaglianze al bene comune, una sola famiglia umana”. Obiettivo, un mondo più giusto e solidale. Per i promotori, la diseguaglianza segna in maniera profonda tutte le società del pianeta causando ferite profonde e generando rabbia e malcontento sociale mentre, si legge in un comunicato, la paura diventa “il facile collante per un’agenda politica che crede di affrontare i problemi approfondendo i solchi che attraversano la società e il pianeta, e creando muri che generano nuove esclusioni e conflitti”. Di qui l’imperativo di “garantire ad ogni donna e ogni uomo che vive su questo pianeta la possibilità di vivere una vita dignitosa e piena, libera dalla paura e dal bisogno, in questa generazione e nelle generazioni future, affinché le migrazioni siano una scelta libera”. Tre, in particolare, gli ambiti sui quali si concentra la campagna: produzione e consumo del cibo, pace e conflitti, mobilità umana nel quadro delle nuove sfide sociali e climatiche, tra loro connesse, come indica Laudato si’.

Migranti: vescovi sardi, “accogliere, promuovere, integrare”. Sì a corridoi umanitari, paure non condizionino scelte

“Questi fratelli e sorelle bussano alle nostre porte, in fuga da situazioni di vita insostenibili per la guerra o la fame”, e per i cristiani il comandamento di Cristo “è un prezioso banco di prova dell’autenticità della propria fede”. Si rivolgono anzitutto ai sacerdoti e ai fedeli sardi i vescovi della regione, che nel corso della loro riunione ordinaria dello scorso 12 giugno, sotto la presidenza di mons. Arrigo Miglio, fra i punti all’ordine del giorno hanno affrontato il tema dell’immigrazione. Di fronte al dibattito che contrappone chi è favorevole e chi è contrario e alle contrapposizioni tra schieramenti politici e i governi nazionali, i vescovi “continuano ad appoggiare le diverse iniziative di solidale e integrante accoglienza che sono state poste in essere in questi anni, anche nelle diocesi e nelle parrocchie italiane”, e “vedono un positivo approccio al problema nella pratica dei corridoi umanitari”, si legge in un comunicato diffuso oggi. Contestualmente richiamano alla riflessione di tutti il costante magistero di Papa Francesco che intendono rilanciare e diffondere. I vescovi ricordano che l’accoglienza deve garantire concretamente dignità e reale integrazione alle persone le quali, a loro volta, devono “conoscere, riconoscere e rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei paesi in cui sono accolti”.

Diocesi: Bari-Bitonto, oggi taglio del nastro per “Casa Ain Karen”. Ospiterà donne in difficoltà

È stata chiamata “Casa Ain Karem” e nasce da un progetto della Caritas di Bari-Bitonto con l’obiettivo di offrire accoglienza a donne in difficoltà. La struttura, adiacente all’Istituto delle terziarie francescane alcantarine di Bari, è stata benedetta questo pomeriggio, dal vescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci. Realizzata in collaborazione con la cooperativa sociale “Mi stai a cuore”, grazie ad un contributo del fondo 8xmille della Cei, “Casa Ain Karem” ospiterà un centro per l’autonomia e il reinserimento sociale di donne sole sia italiane che extracomunitarie con difficoltà economiche e di carattere sociale. La struttura di tipo residenziale dispone di 5 camere per un totale di 10 posti, una cucina per facilitare e favorire l’autonomia abitativa e una sala laboratorio per attività ricreative e di animazione utili alla gestione del tempo. L’accoglienza nella struttura potrà avere una durata massima di 6 mesi e alle ospiti della casa saranno offerti percorsi educativi personalizzati, supportati dalla presenza di un equipe psico-socio-educativa. Il progetto di “Casa Ain Karem” prevede, inoltre, l’attivazione di corsi di formazione specifici per poter puntare al reinserimento sociale e lavorativo delle donne.

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Fonte: Sir