Luigi Menegatti ripercorre il profugato della gente di Foza

Luigi Menegatti, già sindaco di Foza, ha raccolto le memorie storiche di chi visse sulla sua pelle la cacciata da Foza da parte dei tedeschi, ma ha anche viaggiato fra Umbria, Campania e Puglia alla ricerca di chi ospitò i fozesi in fuga.

Luigi Menegatti ripercorre il profugato della gente di Foza

All’indomani della conclusione della guera granda (così la chiamavano i reduci veneti) Cristiano Contri Trol, classe 1900, fu tra i primi a ritornare nella sua contrada Valcapra di Foza.

Quello che vide, mai lo dimenticò: «Davanti ai nostri occhi comparve all’improvviso un mondo terribile, oltre ogni umana immaginazione. Il sole e l’aria erano ancora quelli creati da Dio, ma ogni altra cosa era opera di satana. I prati sembravano bruciati, completamente stravolti, i boschi erano diventati scheletri nudi e secchi. La terra era ferita, la valle sembrava ospitasse le fermate della via crucis, sul colle più in alto il paese di Foza poteva rappresentare il calvario di tutta la comunità».

Sono parole genuine, sincere, che non riflettono esagerazione alcuna perché quando nella primavera del 1919 i profughi dell’altopiano salirono nei loro paesi, che erano stati costretti ad abbandonare in quattro e quattr’otto ai tempi della Strafexpedition, trovarono davvero terra bruciata.

Merito a Luigi Menegatti, già sindaco di Foza, l’aver raccolto, ancora una trentina di anni fa quando i testimoni diretti della comunità erano ancora in vita, innumerevoli memorie sul profugato. Memorie che in occasione della ricorrenza centenaria egli ha ora dato alle stampe con il titolo Profughi di Foza-Vüsche guerra mondiale 1915-1918 (pp 94, euro 15,00) gettando luce su di un fenomeno rimasto a lungo ignorato e trascurato dalla storiografia accademica.

Le famiglie di tutto l’Altopiano vissero sulla propria pelle la tragedia di un esodo forzato con tutto quel che comportò anche in termini materiali, obbligate a scendere forzatamente in piano: le autorità di Foza si portarono a Cittadella, che venne scelta come sede provvisoria dell’amministrazione comunale, il parroco don Giovan Battista Garzotto trovò rifugio a Schiavon nell’abitazione di famiglia.

La popolazione andò raminga, distribuita dovunque. La secolare attività dei pastori di Foza, che conducevano ogni stagione le greggi in pianura, aveva consentito a molti di loro la conoscenza dei luoghi più svariati del Padovano, Veronese e Veneziano dove poterono sfollare. All’incirca trecento profughi di Foza si diressero a piedi verso il Montello perché qui si erano stabilite, fin dagli inizi del Novecento, diverse famiglie di boscaioli e pastori dei Sette Comuni, acquistando appezzamenti di terreno sdemanializzati ed edificando baracche e casolari.

A dare un’idea della distribuzione straordinaria della popolazione di Foza, soccorre una statistica riportata da Menegatti: furono addirittura poco meno di una cinquantina le località venete dove gli abitanti di Foza trovarono riparo, con buona rappresentanza dei paesi della diocesi, per citarne qualcuno, da Baone a Bastia, da Montà a Montagnana, da Ponte San Nicolò a Saonara, da Sant’Angelo di Piove a Solesino, da Selvazzano a Vo. Nella sola Grantorto, provincia di Padova ma diocesi di Vicenza, furono ospitati ben cento fozesi.

Gli stessi genitori dell’autore del libro vagarono in più regioni italiane: stabilitisi inizialmente sul Montello, a seguito della rotta di Caporetto furono costretti a un secondo, doloroso esodo a Gallipoli e quindi a Manfredonia, in luoghi dalle condizioni climatiche molto difficili per la gente di montagna.

Scrive Giancarlo Bortoli nella prefazione: «Quello dei profughi fu un dramma in tre atti: la fuga sotto le bombe; la disgregazione della comunità paesana e la convivenza in luoghi spesso inospitali; il ritorno nei luoghi cari agli occhi e al cuore, nei quali né occhi né cuore potevano riconoscere quanto conservato nella memoria». Val la pena ricordare che l’autore del libro non solo ha raccolto in questo bel saggio numerose memorie impreziosite da un cospicuo apparato documentario-fotografico, ma ha fatto anche di più: in un lungo viaggio è tornato sui passi dei suoi genitori e di tanti fozesi, andando alla ricerca e visitando località e paesi nei quali cento anni fa avevano trovato ospitalità fra Umbria, Campania e Puglia.

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