Mimmo Brombin: «Non servono giovani "di facciata" in politica, ma qualcuno che creda in quello che dico»

Dalle feste dell'Unità con sua madre ai discorsi con suo padre, Mimmo ha iniziato a masticare politca da piccolo. Ora ha 20 anni, studia medicina e crede in Liberi&Uguali perché recupera il meglio degli insegnamenti passati senza la malinconia dei tempi andati. 

Mimmo Brombin: «Non servono giovani "di facciata" in politica, ma qualcuno che creda in quello che dico»

Mano nella mano, durante le feste dell’Unità, assieme sua madre, militante del Partito comunista. E poi le chiacchierate con il padre, consigliere comunale dei Democratici di sinistra.
Mimmo Brombin, 20 anni, studente di medicina e attivista di Liberi&Uguali, la politica ha iniziato a masticarla a colazione sin da ragazzino. Idee, ragionamenti, conversazioni, senza che i genitori gli inculcassero un determinato credo politico.

«Mia madre è di origine napoletana e si è trasferita al nord da giovane, quindi c’era anche un sostrato culturale che partiva dal disagio e certi cammini politici si sono spesi molto per l’integrazione e il rispetto. La mia è stata una vicinanza naturale».

Cosa ti convince di Liberi&Uguali? Perché prenderne parte?
«Questo movimento mi ha colpito perché non c’è la malinconia dei tempi andati, soprattutto nell’aspetto giovanile, ma si vogliono comunque rivalutare certi insegnamenti. Voglio dire, a Cuba nelle scuola superiori si insegna Gramsci: sono le nostre radici culturali, e allora perché non riprenderle e declinarle nel nostro momento storico? Liberi&uguali anche dal punto di vista programmatico rispecchia un ideale e non un’ideologia storicizzata. Sandro Pertini diceva: “Non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà”».

Giovani e adulti, nello stesso partito. Che rapporto c’è e che spazio viene “concesso” anche nei programmi al futuro dell’Italia?
«Da noi c’è un forte contrasto generazionale che non è distruttivo, ma costruttivo: è un incontro tra generazioni differenti che magari hanno anche un linguaggio e visioni diversi, dai social all’esprimersi in dialetto, ma c’è contatto umano e soprattutto voglia di raccontare. Conosco militanti con la tessera del Partito comunista dal 1970 e ne hanno di storie da cui prendere insegnamento... con Liberi&Uguali ho trovato subito un modo di fare politica che scende in strada, fa volantinaggio e banchetti, parla con la gente. 
Uno dei grandi temi è il lavoro, ma non come lo intendono gli adulti. Non esiste più il posto fisso, non si può più rispondere con una frase novecentesca così come non ha senso rivolgersi ai giovani dicendo che bisogna essere mobili o adattarsi. E anche per questo la nostra visione politica spinge verso maggiori diritti per i lavoratori e per i cittadini, perché se in questa fase manca un’occupazione dobbiamo comunque garantire istruzione, una casa, la sanità».

Hai parlato di un interscambio proficuo tra l’esperienza degli adulti e l’effervescenza dei giovani. Al di là dell’età, è questa la tua idea di politica?

«Preferisco una parte politica adulta che abbia vero slancio nei confronti dei giovani piuttosto di avere cinque politici ventenni, ma che di fatto non hanno un progetto concreto. Per me è importante che ci sia qualcuno che crede in quello che dico e che non sia di facciata. Non si può pensare di cancellare una parte “storica”: è l’esperienza che ci mette sulla giusta strada. Orazio diceva “Est modus in rebus”, esiste una misura nelle cose, un senso. Non possiamo pensare a un futuro se non piantiamo solide basi a partire dall’istruzione, e per questo l’università gratis dev’essere il fulcro di ogni campagna. Noi abbiamo avuto coraggio, cosa che è mancata alla politica in questi anni».

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