Armi italiane per la guerra in Yemen?

È una guerra di cui si parla poco, quella condotta dalla coalizione a guida saudita nello Yemen, ma che tocca lo scacchiere internazionale sia dal punto di vista politico che economico. La zona è infatti strategica e qui si combatte la lotta tra sciiti e sunniti per l'egemonia del mondo musulmano. L'Onu non riesce a garantire aiuto al 90 per cento della popolazione che ne ha bisogno. A Brescia intanto i giudici indagano sulla vendita illegale di armi italiane all'Arabia per bombardare i ribelli.

Armi italiane per la guerra in Yemen?

È una guerra di cui si parla poco, quella condotta dalla coalizione a guida saudita nello Yemen, ma che tocca lo scacchiere internazionale sia dal punto di vista politico che economico.
Il presidente Abdel Rabbo Monsour Hadi, salito al potere dopo la breve primavera yemenita, tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, sostenuto dagli Stati Uniti e dall’Egitto oltre che dai paesi del Golfo, non è mai riuscito a prendere del tutto il controllo del paese perché combattuto dai ribelli sciiti houthi, appoggiati dall’Iran.
Nello Yemen il conflitto è iniziato ufficialmente tra il 25 e il 26 marzo del 2015, quando gli houthi hanno attaccato una pattuglia saudita al confine, e da quella notte gli aerei dell’Arabia Saudita, sostenuti da una coalizione di altri otto paesi arabi, bombardano le postazioni dei ribelli, arroccati nel sud del paese ma, come denuncia da tempo Amnesty International, i raid colpiscono in modo indiscriminato la popolazione.

L’invasione saudita dello Yemen doveva essere una guerra lampo per ripristinare il potere del sunnita Hadi, in realtà si è risolta in un disastro umanitario che dura ormai da quasi due anni
Ora i ribelli Houthi sono forti in un’area dal valore strategico a livello globale, che controlla lo sbocco del Canale di Suez e da cui passano l’8 per cento del traffico marittimo mondiale e il 5 per cento del traffico di petrolio. Per questo gli Usa hanno inviato rinforzi alla quinta Flotta che controlla il Mar Rosso e l’Oceano indiano.

Ma la guerra nello Yemen è anche un terreno su cui si gioca la sfida per il controllo regionale tra la monarchia sunnita e l'Iran sciita, con Riad che vuole riaffermare il proprio ruolo di leadership nel mondo musulmano sunnita e l'Iran impegnato nell'appoggio ai ribelli, nonostante alcune riserve occidentali sull'effettiva portata dell'impegno di Teheran.
Lo Yemen, intanto, ha trovato in Mosca un alleato e la Russia è tra i pochi paesi che hanno denunciato e condannato i crimini commessi dalle forze saudite e criticato la vendita di armi occidentali a un paese che sta facendo strage di civili. Qualche giorno fa, infatti, il funerale del padre di un ministro del governo sostenuto dagli houthi è stato bombardato dall’aviazione saudita, azione che ha causato 140 morti e oltre 500 feriti. La Casa Bianca ha preso le distanze dichiarando che «la cooperazione americana con Riad non è un assegno in bianco», ma i missili antinave dei ribelli yemeniti restano puntati sulle navi statunitensi.

«Se anche la guerra finisse oggi, lo Yemen resterebbe una voragine umanitaria enorme, una crisi comparabile soltanto a quella siriana» ha dichiarato Johannes Van Der Klaauw, il rappresentante dell’Unhcr, l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, di stanza nella capitale Sana’a, aggiungendo: «L’Onu ha denunciato violazione del diritto umanitario da ambo le parti, ma è documentato che la grande maggioranza delle vittime civili è causata dai raid aerei. Questi attacchi devono finire».

Nello Yemen 21 milioni di civili su 26 hanno bisogno di aiuti per sopravvivere eppure, data la situazione, la risposta all’emergenza umanitaria resta molto debole.
Nel 2016 l’Onu ha chiesto 1,8 miliardi di dollari contro gli 800 milioni del 2015, ma solo poco più della metà di quanto serviva è stato raccolto.

Intanto il conflitto nello Yemen pare coinvolgere anche l’Italia

La procura di Brescia in questi giorni ha aperto un’inchiesta ipotizzando la violazione della legge 185 del 1990 che regola il mercato delle armi in Italia e che recita: «L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati verso i paesi in stato di conflitto armato».
A ottobre 2015 un’inchiesta del sito internet reported.ly documentava la spedizione di un cargo di bombe che dall’aeroporto di Cagliari è arrivato in Arabia Saudita, destinato ai bombardamenti nello Yemen. Una situazione poco chiara, quella che i giudici vogliono ora ricostruire, considerando anche che a febbraio il Parlamento europeo ha votato una risoluzione nella quale chiede all’Alta rappresentante Federica Mogherini di «avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’Ue di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita» per le gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale perpetrate nello Yemen e il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all’Arabia Saudita che violerebbe la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell’8 dicembre 2008.

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