Così Usa e Russia si stanno spartendo la Siria

Nei giorni scorsi, il sedicente Stato islamico ha perso terreno in Siria, incalzato dall’offensiva curda a nord (sostenuta dagli Stati Uniti) e dall’esercito governativo fedele ad Assad, supportato dall’aviazione russa e dalle milizie iraniane. «Ma quella contro Daesh – spiega Lorenzo Trombetta, inviato Ansa a Beirut e studioso della storia siriana e del Medioriente – è solo una delle tante guerre in corso in Siria, un paese in cui appare sempre più evidente l'influenza delle grandi potenze straniere».

Così Usa e Russia si stanno spartendo la Siria

È la Siria il paese che conta il maggior numero di rifugiati sparsi nel mondo: 4,9 milioni, sotto la protezione dell’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu.
Gli sfollati interni, invece, hanno raggiunto i 6,6 milioni. Complessivamente, la guerra nel paese levantino ha messo in fuga metà della popolazione.
Alcune fonti stimano che le vittime del conflitto abbiano superato i 400 mila morti (cifra ribadita anche dall’inviato Onu Staffan De Mistura), mentre 1,9 milioni sarebbero le persone rimaste ferite.

Nei giorni scorsi, il sedicente Stato islamico ha perso terreno, incalzato dall’offensiva curda a nord (sostenuta dagli Stati Uniti) e dall’esercito governativo fedele ad Assad, supportato dall’aviazione russa e dalle milizie iraniane.
Il successo militare contro Daesh (l’acronimo arabo dello Stato islamico) rappresenta un miglioramento nell’intricato dramma siriano?
«Quella contro Daesh è solo una delle tante guerre in corso in Siria», dichiara Lorenzo Trombetta, inviato Ansa a Beirut e studioso della storia siriana e del Medioriente. «Dobbiamo riconoscere che la guerra contro lo Stato islamico, non è una guerra contro il terrorismo: è solo la risposta a una delle tante insurrezioni scoppiate nel paese dopo il 2011. Certo, non suscita le nostre simpatie, come quella dei curdi».
La svolta nella guerra civile siriana è avvenuta nel 2013, con l’entrata in scena delle grandi potenze.

«Il fenomeno nuovo – prosegue Trombetta – è la spartizione del territorio in sfere di influenza da parte di Russia e Stati Uniti e, in parte, delle altre potenze mediorientali: Arabia Saudita e Iran». 

Guardando la cartina delle forze in campo, la spartizione risulta evidente. Il sito sy ria.liveuamap.com presenta giorno per giorno l’evoluzione degli eventi.
Il territorio in giallo, al confine con la Turchia è quello controllato dai curdi, impegnati a spezzare i collegamenti del Daesh con la frontiera turca, da dove passano armi, equipaggiamenti, capitali, petrolio e militanti (pronti a colpire l’Europa, come hanno dimostrato gli attentati in Francia).
«Qui sono gli Stati Uniti a esercitare il controllo, dopo che il loro tentativo iniziale di controllare le forze ribelli è andato in fumo», spiega Trombetta. Gli Stati Uniti sostengono inoltre alcune milizie al confine con la Giordania, con la funzione di proteggere il regno di re Abd Allah II, prezioso alleato.
La fascia costiera (in rosso nella cartina) è invece in mano a quel che resta del governo siriano, spalleggiato da Russia e Iran. «Damasco, Homs, Hama e Aleppo, dove da settimane si combatte pesantemente, rappresentano un collegamento strategico – commenta Trombetta – al quale si aggiunge la propaggine di Palmira».
Il Daesh che ha perso notevolmente terreno dall’apice della sua espansione, si attesta lungo il corso dell’Eufrate, in Siria e in Iraq (in grigio nella cartina).
Tra gli oppositori di Assad (in verde nella carta; tra le loro file annoverano di tutto, compresa Al Qaeda), secondo diversi osservatori incapaci di offrire una alternativa al regime, alcune milizie hanno il sostegno dell’Arabia Saudita.

«In Siria non c’è una sola guerra – spiega Trombetta – ma tante guerre che si influenzano tra di loro. Dal 2013, l’interesse degli attori esterni è diventato predominante, ma solo perché la Siria è diventata una carta nel mazzo di una partita che si gioca a livello globale. Credo che in futuro questi conflitti diventeranno delle “guerre fredde”. Potrebbe arrivare un momento di stasi su tutti i fronti. Sarà allora che le grandi potenze dichiareranno che in Siria è “scoppiata la pace”».

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