Costa D'Avorio. Annalisa Tognon e l'impotenza davanti alla povertà estrema. "Rimane solo il Santissimo"

Annalisa Tognon è partita 27 anni fa dalla sua parrocchia di Santa Giustina in Padova. Da allora solo la guerra civile l'ha riportata in patria per un periodo prolungato. La sua è una vita donata per gli ultimi

Costa D'Avorio. Annalisa Tognon e l'impotenza davanti alla povertà estrema. "Rimane solo il Santissimo"

Il telefono di Annalisa Tognon squilla. La sua voce è nitida. Piccolo miracolo dato che la corrente elettrica, come l’acqua, un giorno c’è e l’altro non si sa. Parole che arrivano direttamente da Tehini, nordest della Costa d’Avorio, «periferia delle periferie», al confine con Burkina Faso e Ghana. Per i poveri che qui vivono in condizioni estreme, ne è convinta, vale la pena dare la vita.

«Il fatto che Gesù ha dato la vita per noi non è uno scherzo. Così nasce il desiderio di una vita completamente donata per gli ultimi».

Partita come fidei donum dalla sua parrocchia di Santa Giustina in Padova, Annalisa è in Costa d’Avorio da 27 anni. Davanti ai suoi occhi scorrono ancora le immagini del 2002: la guerra civile l’ha investita in pieno a Bouna, a cento chilometri da Tehini. Nemmeno la ferocia dei ribelli l’ha convinta a lasciare la sua gente, e assieme ad alcuni preti eroici («da loro ho compreso che la vita umana ha in sé qualcosa di divino») ha fatto della missione cattolica un punto di riferimento tanto per le vittime quanto per i carnefici.Oggi la sua missione si svolge in uno dei dipartimenti più dimenticati del paese. Popolazione analfabeta al cento per cento, niente scuole né dispensari per medicinali; al posto delle strade solo piste in terra battuta che nella stagione delle piogge provocano l’isolamento di intere porzioni di territorio.«Le povertà qui non si contano – racconta la missionaria laica al telefono, oggi agente pastorale per la diocesi di Bondoukou – Solo il 5 per cento della popolazione può permettersi acqua corrente, la gran parte vive in capanne a cui, grazie a un minimo di sviluppo, i tetti di paglia vengono sostituiti con lamiere». Ma la povertà più grande è quella spirituale. «Qui non è mai arrivato l’annuncio della salvezza, il nome di Gesù. Pratiche ancestrali rischiano di ingabbiare l’emancipazione».L’équipe, che Annalisa forma con due sacerdoti locali, opera quindi con i “simpatizzanti” del cristianesimo: «Non solo battezzati, qui ancora non ci sono i catecumeni. Stiamo traducendo in questo momento le prime preghiere nella lingua lorhon». Ma le condizioni estreme hanno spinto la missione a collaborare con le autorità presenti in loco e a dar vita a una serie di progetti.L’acqua anzitutto: grazie a sei pompe finanziate dalla onlus Oltre l’orizzonte di Santa Giustina, 11 mila persone oggi si dissetano in sicurezza. Poi l’istruzione: «Lo stato qui non ha scuole, così siamo intervenuti noi, con quattro centri per la formazione in aree dove non c’è nulla, nessun servizio, nemmeno acqua e luce». Poi c’è la formazione integrale delle donne grazie al microcredito iniziato con l’aiuto della diocesi di Padova e la mieleria di Samidana che sta nascendo grazie alla Cei.

«In questa povertà estrema veniamo accolti a braccia aperte – riprende Annalisa – Viceversa nel centro di Tehini, dove la vita inizia ad avere più agi, crescono i contrasti a causa degli interessi dei singoli. Il nostro compito è anzitutto quello di discernere quali sono i veri poveri da aiutare. E questo provoca inevitabilmente divisioni».

Una delle parole su cui Annalisa torna di più è impotenza: «Ci sono attimi in cui non possiamo che piangere con chi piange. Le persone muoiono per malattie facilmente curabili, o per il morso di serpenti o scorpioni presenti nel parco nazionale della Comoé. Eppure non possiamo fare nulla, così ci inginocchiamo davanti al Santissimo e ci abbandoniamo a lui». Ma ci sono testimonianze sovrumane. È il caso di Monique. Vent’anni fa, a Bouna, ha formato 25 donne per la gestione di altrettanti dispensari. Poi ha iniziato a farsi carico dei bambini orfani che rischiano la morte. Ma ora è malata e ha bisogno di sostegno e vive con Annalisa.«Sono queste amicizie, che sconfinano nel divino, e la preghiera di tutti gli amici e conoscenti padovani, che mi consentono di andare avanti. Finché il Signore vorrà».

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