Da Nizza a Londra: così cambiano le città per il rischio attentati

Gli ultimi attentati dimostrano la vulnerabilità degli spazi pubblici, rendendo maggiormente difficile la prevenzione. Paletti, barriere e fioriere sono soluzioni "urbane" per fronteggiare un attacco compiuto per mezzo di un autovettura. E per rendere le città meno "militarizzate" gli architetti stanno trovando soluzioni per camuffare le protezioni senza alterare la quotidianità.  

Da Nizza a Londra: così cambiano le città per il rischio attentati

Ad Amburgo, durante lo scorso mercatino di Natale, sono stati piazzati dei blocchi di cemento anti-camion, un provvedimento necessario dopo l’attacco terroristico a Berlino del 19 dicembre 2016 nel quale sono morte 12 persone travolte dalla furia di un autocarro piombato sulle bancarelle. Qualcuno, nel pieno della notte, ha deciso di colorare le stesse barriere con la vernice, forse anche perché ricordavano vagamente i mattoncini Lego, scrivendoci sopra: «Più colore, meno paura». Nel gesto c’era la voglia di non alterare la quotidianità, di rendere più piacevole e meno ingombrante la presenza di dissuasori di cemento (tecnicamente “new jersey”) così vistosi da alimentare una sensazione di invadenza psicologica e insicurezza.

Gli attacchi solitari compiuti investendo i passanti come quello di Westminster a Londra, da Berlino fino alla strage di Nizza nel luglio dell’anno scorso, amplificano paure e timori che vengono, istintivamente, condivisi da altre nazioni durante eventi pubblici. A Milano, per esempio, sulla scia di quanto avvenuto in Germania, chiusero con barriere di cemento l’area pedonale del Duomo, mentre la settimana scorsa, durante la cerimonia dei 60 anni dal trattato di Roma che ha istituito la Comunità economica europea, sono stati impiegati 5.000 agenti.

Ma è possibile arginare gli attacchi terroristici compiuti per mezzo di un’autovettura? Se i governi hanno innalzato le misure di sicurezza attorno agli edifici sensibili, come palazzi governativi o militari, gli ultimi attentati dimostrano la vulnerabilità degli spazi pubblici, rendendo maggiormente difficile la prevenzione. Esistono, però, delle soluzioni “urbane”: il paletto lungo i marciapiedi o per delimitare aree pedonali, per esempio, è il sistema più impiegato sia per logiche economiche sia per affidabilità in caso di sfondamento. Molto dipende dal materiale o anche da come viene fissato al suolo, ma alcuni test dimostrano che un singolo palo è in grado di bloccare veicoli che viaggiano a più di 80 km all’ora.

Per dissolvere la sensazione dell'essere barricati nella propria città – che, come visto, acuisce il terrore e la psicosi – sempre più spesso architetti provano a negoziare tra estetica e sicurezza, nel tentativo di consegnare ai cittadini strade vivibili senza l’apparente imminenza di qualche pericolo. Così, sistemi di protezione vengono camuffati per non essere notati: ci sono fioriere, paletti a forma affusolata, altri sono colorati o artistici, ci sono barriere di “design” come quelle del distretto finanziario di New York, metalliche, luminose e con forme irregolari, apprezzate esteticamente, ma anche utilizzate dai passanti come panchine. Per rimanere a Londra, invece, davanti all’ingresso dell’Emirates stadium, le lettere giganti che compongono il nome dell’Arsenal, la squadra di calcio proprietaria dello stadio, costituiscono uno scudo vero e proprio.

Mettere in sicurezza una città è un percorso costoso e complesso anche perché è impensabile poter “tappezzare” tutte le vie con sistemi antisfondamento che, di fatto, renderebbero le stesse strade meno fruibili per i pedoni. Il monitoraggio da parte dell’intelligence rimane, pertanto, la mossa più efficace per sradicare eventuali attentatori. Del resto, come ricordava Dominic Casciani, giornalista della Bbc, ha detto: «Se vogliamo vivere in una società libera e aperta, allora nessun sistema di sicurezza potrà mai eliminare tutti i rischi».

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