Gran Bretagna, Theresa May vince ma perde

Pensava di dominare, ha perso terreno e resuscitato i Laburisti. Ora i Conservatori le faranno pagare pegno, mentre il cammino della Brexit si annuncia ancor più scivoloso.

Gran Bretagna, Theresa May vince ma perde

Sembra che i conservatori di Theresa May abbiano perso le elezioni in Gran Bretagna; sembra che i laburisti di Jeremy Corbyn le abbiano vinte… Ma non è così: il Regno Unito ha comunque preferito la premier uscente e il suo partito, ma per quest’ultima le recenti elezioni politiche sono state una Waterloo.

La genesi della sconfitta

Sono tanti i motivi, a partire dal fatto che è stata proprio la May a far sciogliere il Parlamento e ad indire le elezioni anticipate: i sondaggi la davano in netto vantaggio su tutti, ha cercato di capitalizzare il momento per assicurarsi un nuovo quinquennio da posizioni di forza.
Il fatto di aver pubblicamente detto fino ad un paio di mesi fa che non avrebbe fatto ciò che ha fatto, le ha alienato una parte delle simpatie dell’elettorato, poco incline – almeno rispetto alle abitudini italiane – a dare per scontato che i politici mentano e facciano solo i loro interessi.

Nel frattempo la Gran Bretagna è stata scossa da terribili attentati compiuti dall’Isis a Manchester e Londra.
I conservatori appaiono certamente più affidabili rispetto ai laburisti quanto a chiarezza sui modi di contrastare simili fenomeni; ma è stata la May – come i laburisti hanno prontamente sottolineato – a tagliare fondi alle forze dell’ordine per ragioni di bilancio.

Eppoi i conservatori hanno pure pagato la loro posizione di sostegno alla Brexit, che giorno dopo giorno si sta rivelando una scelta non vantaggiosa per quel Paese.
Non è un caso che fasce di popolazione benestanti e assai contrarie alla Brexit, abbiano votato a sinistra quasi a punire chi non difende i loro interessi.

Infine un provvedimento legislativo esposto e prontamente ritirato (la “Dementia tax”), fortemente penalizzante per alcune fasce di popolazione anziana storicamente vicine al Partito Conservatore, ha completato il quadro di una leadership al di sotto delle aspettative.
Così come il predecessore David Cameron, che si è politicamente suicidato dando spazio al referendum sulla Brexit pensando di poterlo cavalcare e comunque vincere.

D’altro canto ne hanno approfittato i laburisti di Jeremy Corbyn, fino a pochi mesi fa in netto declino di consensi e con una leadership radicale e unanimemente considerata poco incline a capacità di governo. Ma capace di approfittare dei tanti maldipancia in circolazione; del declino irreversibile di quell’Ukip fino all’anno scorso partito trionfante pro-Brexit; di una Scozia che si è dimostrata meno autonomista rispetto a Londra; di un sentimento europeista che nel Regno Unito si sta rafforzando.

Nonostante tutto ciò, le elezioni le ha vinte la May ed è lei che formerà il nuovo governo.
Non avendo ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi – ed è questo il vulnus più grave – dovrà appoggiarsi ad alcuni parlamentari del Nord Irlanda, comunque con numeri assai risicati. Soprattutto Theresa May s’è scavata la fossa da sola.

Per ora farà la premier. Ma il suo partito l’ha “commissariata” ed è già partita la lotta per la sua successione. D’altronde non esiste l’equivalente in inglese di “chi troppo vuole, nulla stringe”. Ci fosse, forse ne avrebbe tratto giovamento.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: theresa-may (2), corbyn (2), brexit (37), gran-bretagna (4)