Il Medio Oriente è in fiamme per il conflitto sunnita-sciita

Si acuisce lo scontro tra Arabia Saudita e Iran. Sauditi pronti a venire a patti col “diavolo” israeliano in chiave anti-Teheran: i riflessi in Siria, Iraq, Libano di una tensione che rischia di far deflagrare il Medio Oriente.

Il Medio Oriente è in fiamme per il conflitto sunnita-sciita

Non rappresenta certo l’unica chiave di lettura delle tensioni e lacerazioni esistenti all’interno del mondo musulmano; tuttavia la storica frattura tra sciiti e sunniti, in particolare nella regione del Golfo Persico (o Arabico, e già qui si capiscono tante divergenze tra arabi sunniti e persiani sciiti), costituisce il principale elemento di destabilizzazione che condiziona gli equilibri geopolitici dell’area e di buona parte del Medio Oriente.

In Arabia Saudita, lo stato capofila della confessione sunnita che ospita i luoghi dove visse e predicò il profeta Maometto, è in atto una dura lotta di successione al trono.
Il giovane principe Mohammad Bin Salman è accreditato come il più probabile prossimo re della dinastia e sta già operando per eliminare, attraverso arresti mirati, ogni forma di possibile opposizione interna.

La sua scalata al potere passa per un annunciato programma di riforme sociali e legislative che dovrebbero aprire, almeno in parte, il regno saudita alla modernità, contenendo il tradizionale potere culturale degli ambienti religiosi salafiti-wahabiti, ispiratori di concezioni arcaiche e fondamentaliste dell’islam.

Uno dei passaggi più significativi, con cui Mbs (la sigla con cui il principe è ormai indicato) intende rivolgersi alla vasta platea di giovani sotto i trent’anni (circa il 70 per cento della popolazione), è l’avvio di un percorso di riconoscimento di un diverso e maggiore ruolo delle donne nella società, che le sottragga alle loro condizioni di sottomissione e discriminazione. Poiché, tuttavia, l’aspetto propositivo e innovativo non basta da solo a offrire sufficienti garanzie di successo, Mbs non manca di ricorrere agli strumenti tipici di consolidamento del consenso puntando sui nemici esterni.

La tensione con l'Iran sciita

Per qualunque saudita il gioco si presenterebbe facile e automatico.
Ovviamente l’incarnazione del male non potrebbe che essere rappresentata dall’Iran, il paese di riferimento per tutti gli sciiti che – con la guerra siriana vinta assieme al suo alleato, il presidente Bashar el Assad, grazie al sostegno di Mosca, e l’affermazione in Iraq di un governo sciita dopo l’eliminazione di Saddam Hussein – sta ampliando notevolmente la propria influenza nello scacchiere mediorientale.

Nello Yemen una coalizione sunnita, costruita dall’Arabia Saudita, sta già fronteggiando militarmente l’Iran in una guerra per procura, ma il principe ereditario Bin Salman ha provato a innalzare lo scontro cercando di costringere alle dimissioni il primo ministro libanese, il sunnita Hariri, che sta guidando con successo un governo di unità nazionale proprio con gli sciiti.
Hariri probabilmente rimarrà al suo posto, ma il tentativo di destabilizzare il Libano rientra in una precisa strategia saudita per innescare un nuovo conflitto tra Israele e la milizia sciita libanese di Hezbollah.

Israele e Arabia Saudita sono sempre più vicini politicamente in chiave anti-iraniana, al punto che il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano è arrivato a prevedere perfino la possibilità di una collaborazione militare.

Tale intesa viene apertamente sostenuta dalla Casa Bianca, coerentemente con la politica del presidente Trump che ha ripristinato la tradizionale collocazione degli Stati Uniti a fianco della parte sunnita, dopo quelli che lui definisce i pericolosi cedimenti nei confronti degli ayatollah iraniani del suo predecessore Obama, che avrebbero addirittura portato alla firma del “deleterio” accordo sul loro programma di riarmo nucleare.

Il probabile futuro re saudita si sente così spalleggiato da una potente coalizione internazionale nella sua politica di acutizzazione della tensione con l’Iran, dalla quale ricava il duplice vantaggio di rafforzarsi all’interno del proprio paese e di assumere un ruolo determinante a livello regionale.

Stefano Verzè

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