Iran. Il gigante del Medioriente nel mirino

Dietro le proteste anti governative costate una quarantina di morti in Iran, ci sono certamente problemi economici ma anche gli equilibri del Medio Oriente. Massimiliano Trentin dell'Università di Bologna spiega che esiste una sorta di "guerra fredda" dentro l'Islam politico dove gli Usa, con Israele, sostengono l'Arabia Saudita contro l'Iran per l'egemonia.

Iran. Il gigante del Medioriente nel mirino

Quaranta morti e oltre un migliaio di arresti. In Iran è questo il bilancio delle  proteste anti-governative cominciate il 28 dicembre a Mashhad, la seconda città più importante del Paese, per criticare le scelte economiche del governo guidato dal presidente moderato Hassan Rouhani. Le proteste si sono poi diffuse in tutto il paese in maniera spontanea, accusando l’intera leadership iraniana di non rispettare le promesse fatte sul miglioramento delle condizioni economiche della popolazione. Non solo. Sotto accusa anche “le guerre per procura” vale a dire l’impegno dell’Iran in campagne militari estere, come in Siria e nello Yemen, che comportano un forte impegno economico.

Al Parlamento iraniano riunito in seduta straordinaria è stato comunicato che «elementi stranieri, e in particolare gli Stati Uniti, hanno avuto un ruolo fondamentale nell'organizzare, fomentare e manipolare la recente sollevazione» ha riferito l'agenzia di stampa statale Irna. Gli Usa, l’Arabia Saudita e Israele, infatti, hanno dichiarato apertamente il loro appoggio alle proteste, mentre alcuni avvocati chiedono il rispetto del diritto sancito dalla Costituzione iraniana alle proteste pacifiche che i politici, sia conservatori che riformisti, hanno definite illegali.

Massimiliano Trentin, docente di Storia e relazioni internazionali del Medio Oriente e del mondo arabo all’Università di Bologna, ci spiega: «La protesta iraniana è frutto della situazione interna sulla quale si incardinano elementi internazionali che accentuano e fomentano il disagio. Si tratta di un movimento di protesta che in verità dura da molti mesi a causa dell’inflazione ormai a doppia cifra e della mancanza di lavoro, specialmente un lavoro commisurato in opportunità e reddito per una popolazione composta per il 70 per cento da giovani con meno di trent’anni e soprattutto femminile colta, a cui lo Stato non riesce a trovare un’occupazione coordinata con i progetti di vita. Anche i moderati di Rouhani avevano puntato sul rilancio economico attraverso un’apertura internazionale il cui ostacolo principale era il nucleare, problema risolto con gli accordi del 2015, per cui dovevano arrivare investimenti dall’estero e per un anno l’Iran è apparso come un Eldorado per investitori con progetti pronti e in parte realizzati, ma ora molti sono stati bloccati, ridotti o dilazionati perché tutte le transazioni finanziarie sono state bloccate e fortemente inibite dalla decisione Usa di non aderire e non rispettare l’accordo sul nucleare e non eliminare le sanzioni economiche. Quindi a livello generale il presidente dà ragione a chi protesta ma addossa una responsabilità alle sanzioni mentre i più radicali e conservatori dicono che oltre a questo ci siano infiltrazioni dirette militari o logistiche o finanziarie e mediatiche soprattutto Usa e inglesi nel fomentare queste rivolte nel momento in cui contestavano il regime in quanto tale».

Risulta difficile avere riscontri diretti, ma l’ingerenza straniera appare plausibile perché, dice ancora il prof. Trentin, «gli Usa hanno stanziato ingenti risorse per attività di destabilizzazione dell’Iran e l’Arabia Saudita in una dichiarazione ufficiale ha affermato che porterà la rivolta all’interno dei confini dell’Iran, per cui è plausibile ritenere che ci siano elementi che cercano di radicalizzare le proteste. L’Arabia Saudita ha interesse a creare problemi in modo da tale da indebolire l’Iran per farlo ripiegare su se stesso e limitare la sua presenza nel resto dei paesi arabi». L’Iran, infatti, è un antagonista di primo piano per l’Arabia Saudita e tra i due esiste una rivalità aperta di carattere economico e politico: «In particolare la rivalità si combatte su quale gruppo dirigente iraniano o saudita vuole essere leader del Medio Oriente e farsi portavoce collettivo del Medio Oriente, una rivalità per la leadership che si declina nelle varie guerre per procura mentre a livello ideologico entrambi i gruppi regnanti si legittimano e legittimano il proprio potere su correnti interpretative rivali dell’islam, il che rende tutto più complesso perché lo scontro geo politico si sposta sul piano ideologico. Una sorta di guerra fredda dentro l’islam politico, dove gli Usa, insieme a Israele, sostengono l’Arabia Saudita contro l’Iran».

Difficile capire quale strade imboccherà la protesta e se la repressione sarà feroce, ma Trentin azzarda: «Andiamo verso una maggiore apertura dell’Iran. Piccoli passi verso un’apertura politica all’interno di un regime che fatica a tenere insieme la società e a governarla».

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Parole chiave: proteste di piazza (1), Iran (12)