Isis, la doppia crisi. Militare e finanziaria

Proseguono in Iraq, nelle zone ancora controllate dall’Isis, le battaglie guidate dalle truppe governative contro i miliziani dello Stato islamico. La regione di Hawija, 240 chilometri a nord della capitale Baghdad, è da più di due settimane l’epicentro di una grande offensiva per “stanare” le ultime cellule terroristiche. E la crisi militare dell’Isis è strettamente correlata anche ad aspetti economici e in particolare al contrarsi delle sue disponibilità finanziarie. 

Isis, la doppia crisi. Militare e finanziaria

Proseguono in Iraq, nelle zone ancora controllate dall’Isis, le battaglie guidate dalle truppe governative contro i miliziani dello Stato islamico.
La regione di Hawija, 240 chilometri a nord della capitale Baghdad, è da più di due settimane l’epicentro di una grande offensiva per “stanare” le ultime cellule terroristiche. Hanno cacciato Daesh dai villaggi di Mahmudiyah, Al Mudid, Al Qasamiya e lo Stato islamico ha perso anche la base aerea di Shuqqat Riyad. Molti miliziani islamisti si sono inoltre arresi alle forze irachene e ai Peshmerga: sono centinaia i membri del Daesh che si stanno consegnando per non venire uccisi (sono circa mille i miliziani “neri” nelle mani dei militari curdi e delle forze straniere impegnate sul posto). 

Sempre in Iraq è presente anche una missione italiana, con gli alpini che intervengono a sostegno dei militari Usa.
Gli italiani, come noto, sono impegnati nella difesa delle attività di manutenzione-ricostruzione della diga di Mosul. Sempre nella regione, da segnalare che forze di terra iraniane e irachene hanno intrapreso manovre militari congiunte alla frontiera tra la regione autonoma del Kurdistan iracheno e l’Iran dopo il referendum sull’indipendenza del Kurdistan iracheno. L’inizio delle manovre è stato confermato dall’agenzia iraniana Isna («L’Iran e l’Iraq hanno nemici comuni, e hanno bisogno di rafforzare la sicurezza ai loro confini», ha dichiarato Mohammad Pakpur, comandante delle forze di terra dei Pasdaran iraniani). 

In territorio siriano, dove la situazione militare presenta elementi di complessità forse maggiori, a Raqqa, la capitale dell’autoproclamato Califfato, è da oltre tre mesi in pieno svolgimento la battaglia campale che vede impegnati curdi, paramilitari siriani e corpi speciali americani di supporto. Raqqa è stato il primo grande centro conquistato dall’Isis in Siria nel gennaio 2014 e da qui nel tempo l’Isis ha tentato di instaurare una vera e propria organizzazione statuale. Il rischio paventato da molti analisti militari, soprattutto americani, è rappresentato da un permanere di centinaia di focolai di guerriglia urbana in molti centri siriani e dell’Iraq se non verranno spazzate con ragionevole celerità le ultime formazioni dell’Isis. 

A fine settembre, i militanti del Sdf (Syrian democratic forces) hanno completato la conquista di Nahdah, prendendo l’edificio “Raqqa State”, in cui erano soliti incontrarsi i comandanti dello Stato islamico. Da segnalare che i combattenti siriani stanno avanzando a Kurdan e bombardano con l’artiglieria ad al-Hadah. Ormai le forze dell’Isis in città sono chiuse in una piccola porzione tra il centro e la zona nord, tra Andalus e la base della 17° divisione. A Deir ez-Zor, a sud di Raqqa, le Sdf hanno cacciato Isis dai campi petroliferi di Jafra e ora controllano tutto il conglomerato energetico. 

Nonostante il territorio dei miliziani si sia ridotto a un terzo di quello controllato nel 2014, l’economia delle città liberate in Iraq e in Siria stenta a risollevarsi.
Ma anche la crisi militare dell’Isis è strettamente correlata ad aspetti economici e in particolare al contrarsi delle sue disponibilità finanziarie. A partire dal 2014 – secondo l’International centre for the study of radicalisation del King’s college di Londra – le entrate dello Stato islamico si sono più che dimezzate e questo declino potrebbe contribuire alla fine definitiva della presenza “istituzionale” dell’Isis in Siria e in Iraq.

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