L'avorio finanzia il terrorismo jihadista?

Bryan Christ, avvocato e reporter del National Geographic, ha scoperchiato il problema grazie a un’inchiesta diventata poi una campagna a cui ha aderito anche il regista premio Oscar Kathryn Bigelow. Ma non manca chi nega connessioni tra bracconaggio e terrorismo. Secondo il sito lastdayofivory.com ogni anno vengono massacrati 33 mila elefanti, uno ogni 15 minuti. Ad Al Shabaab e Boko Haram 600 mila euro l’anno grazie all’avorio

L'avorio finanzia il terrorismo jihadista?

È stato un rogo monumentale quello avvenuto in Kenya a inizio mese: 105 tonnellate di zanne d’avorio e una tonnellata di corni d’elefante sequestrati al mercato illegale sono stati dati alle fiamme. Il governo kenyota ha voluto così confermare la politica di contrasto al bracconaggio. Tema che sarà affrontato a settembre in Sud Africa durante l’assemblea di Cites (Convention on international trade in endangered species), agenzia Onu per la protezione della fauna e delle piante selvatiche.

Il massacro degli elefanti è un fenomeno che si ripete da secoli e che ormai fa tristemente parte dell’immaginario collettivo. Quello che forse è meno noto riguarda il suo collegamento con il terrorismo internazionale, di matrice islamica e non soltanto.

Secondo Bryan Christy, avvocato e reporter del National Geographic, le vendite clandestine di questo pregiato materiale finanzierebbero direttamente gruppi tristemente noti alle cronache come Al Shabaab, Boko Haram, Lord’s resistance army e Janjaweed; a corroborare la sua tesi, mesi di ricerche a fianco di studiosi di elefanti nel continente africano, controlli sul flusso di armi e sui proventi per acquistarle, scanditi da arresti (in Tanzania l’anno scorso) e intimidazioni di vario genere.

L’inchiesta ha comunque suscitato un certo scalpore ed è riuscita ad accendere i riflettori sulla questione. Tanto che si è aperto un vero e proprio filone sull’argomento, nel quale si sono inseriti nei mesi scorsi nomi noti della cultura mondiale. Insieme, questi ultimi hanno creato il portale www.lastdaysofivory.com, in cui spiegano il problema e chiedono sostegno finanziario e informativo; più in dettaglio, invitano i visitatori a dare il proprio contributo, dalla donazione di fondi per protrarre la campagna a forme di sensibilizzazione autonoma attraverso i social network, fino al boicottaggio implicito dei prodotti finali tratti da materiali eburnei.

Tra gli attivisti coinvolti figura peraltro la regista premio Oscar Kathryn Bigelow, che ha diretto il documentario visualizzabile nel sito: nessun attore in carne e ossa, ma comunque tanto pathos e crudezza nelle immagini. Del resto i dati riportati dai vari Christy, Bigelow e altri descrivono uno scenario impressionante: oltre 33 mila esemplari di elefanti massacrati ogni anno, con una media di uno ogni 15 minuti che causerebbe molto più rapidamente che in passato la loro estinzione; 600 mila euro di ricavi mensili solo per le milizie somale di Al Shabaab e un volume d’affari complessivo che avrebbe fatto di questo traffico fuorilegge il quarto al mondo (dopo droga, armi ed esseri umani), tanto che in alcuni stati dell’Africa orientale e centrale l’avorio stesso viene considerato più prezioso dell’oro. Il tutto destinato principalmente ad acquirenti di altri continenti, in primis negli Stati Uniti d’America e in Cina, al termine di un variegato processo di trasformazione che include medicinali, gioielli e suppellettili di lusso.

I risultati della campagna non sono ancora stati resi noti, seppure non sia mancata la sponda da parte di qualche noto politico come la candidata alle presidenziali statunitensi Hillary Clinton e seppure a Pechino e dintorni assicurino siano aumentati la consapevolezza e i divieti. Nel frattempo non sono mancati neppure i distinguo. Netto è stato quello dell’autorevole testata New York Times, in un articolo di fine ottobre scorso. Il suo autore Tristan McConnell, corrispondente da Nairobi (capitale del Kenya), nega un presupposto di base dell’inchiesta originaria di Christy: la connessione diretta tra il terrorismo e il bracconaggio. Per lui si tratta di una forzatura relativa a due fenomeni entrambi negativi, ma di matrice diversa e che per questo andrebbero affrontati in maniera separata per ottenere risultati concreti. A supporto della sua tesi, ribadita in qualche recente aggiornamento su Twitter, McConnell cita i rapporti di funzionari delle Nazioni Unite e del britannico Royal united services institute. E per fermare il massacro dei pachidermi invita ad agire contro il crimine organizzato tout court, contro la presenza di intermediari senza scrupoli e la corruzione diffusa in molti stati africani.

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