La Romania in piazza, il governo cede: «Una prova di maturità popolare contro la corruzione della politica»

Per giorni, in centinaia di migliaia, hanno protestato in tutte le grandi città della Romania, fino a che il governo guidato dal socialdemocratico Sorin Grindeanu ha ceduto e ritirato il decreto “salva-corrotti”, voluto per depenalizzare i reati di corruzione e l’abuso d'ufficio se l’illecito non supera la cifra di 200 mila lei (44mila euro). Una protesta ampia e pacifica, allegra e ironica il cui slogan comune è “#rezist”, resisto. «Mai viste prima manifestazioni simili in Romania – racconta Dan Octavia Cepraga, professore di lingua e letteratura romena all’università di Padova, che nei giorni scorsi era nel centro gremito di Cluj-Napoca, capitale della Transylvania. In tutte le città e per tanti giorni la gente è scesa in piazza a reclamare il cambiamento».

La Romania in piazza, il governo cede: «Una prova di maturità popolare contro la corruzione della politica»

Per giorni, in centinaia di migliaia, hanno protestato in tutte le grandi città della Romania, fino a che il governo guidato dal socialdemocratico Sorin Grindeanu ha ceduto e ritirato il decreto “salva-corrotti”, voluto per depenalizzare i reati di corruzione e l’abuso d'ufficio se l’illecito non supera la cifra di 200 mila lei (44mila euro).
Inoltre, su richiesta del presidente della repubblicaKlaus Iohannis, che sostiene i manifestanti, il ministro della giustizia è stato costretto a dare le dimissioni, mentre quello per il commercio e l'imprenditoria lo ha fatto di propria volontà non appena saputo del decreto.
In piazza sono scesi giovani, studenti, lavoratori, pensionati, famiglie con figli: gente pacifica, allegra, carica di ironia. I rappresentati della chiesa cattolica e di quella ortodossa hanno invitato i fedeli alla preghiera, chi protesta alla calma e a evitare ogni violenza, e i politici alla responsabilità per il bene della società romena. Quello della corruzione è un problema molto grave in Romania: per questo motivo nel 2015, cinque ministri, 16 deputati, cinque senatori e 97 tra sindaci e vice-sindaci e l’allora primo ministro sono stati costretti a dimettersi perché accusati di falso, concorso in evasione fiscale e riciclaggio.

Una protesta ampia e pacifica, allegra e ironica il cui slogan comune è “#rezist”, resisto.
«Mai viste prima manifestazioni simili in Romania – racconta Dan Octavia Cepraga, professore di lingua e letteratura romena all’università di Padova, che nei giorni scorsi era nel centro gremito di Cluj-Napoca, capitale della Transylvania. In tutte le città e per tanti giorni la gente è scesa in piazza a reclamare il cambiamento».

Da dove nasce questa protesta così ampia?
«Da anni la società civile rumena sta protestando contro la corruzione e il modo in cui viene usato il denaro pubblico e da un paio d’anni si è messa in moto un’escalation che dimostra la maturità di un popolo sempre più determinato a riappropriarsi dello spazio pubblico. Sono soprattutto giovani e rappresentanti della classe media a chiedere più trasparenza e il ricambio di un ceto politico ancora molto legato al passato. La scintilla è scoccata sul decreto legge d’urgenza riguardante reati che coinvolgono esponenti di primo piano del Pds, il partito di governo, la cui posizione sarebbe stata molto alleggerita. Le manifestazioni però hanno una prospettiva più larga e chiedono più trasparenza e meno corruzione».

Da chi è guidata la protesta?
«In realtà non c’è un colore politico che prevale, ma è la società civile che ha deciso di far sentire la sua voce. La piazza si riconosce nel presidente, che è sì espressione del partito liberale, quello che ha perso le elezioni, ma si muove come garante delle istituzioni e ha sostenuto la protesta. In molti avevano espresso delusione per l’elezione di Klaus Iohannis, ma ora sono contenti del presidente. Molti degli uomini attualmente al governo sono la continuazione del vecchio regime e il problema è che i socialdemocratici soffrono di malagestione e corruzione. Da qui una disaffezione dei rumeni verso la partecipazione politica: non a caso alle ultime elezioni l’11 dicembre scorso solo il 39 per cento degli elettori si è recato alle urne e ora su molti cartelli della piazza si legge “mi scuso di non aver votato” e si chiedono nuove elezioni».

Qual è il clima delle manifestazioni?
«Sono manifestazioni assolutamente pacifiche, che dimostrano come in Romania la democrazia abbia basi solide e radicate. Il clima politico è molto diverso da quello degli altri paesi dell’ex blocco sovietico, si pensi all’Ungheria dove il potere è gestito da un sistema autoritario. Siamo di fronte a una protesta antigovernativa perché esiste una Direzione nazionale anticorruzione, un organismo indipendente dello stato che ha scoperto casi di corruzione e questo ha rincuorato i rumeni. Ma la protesta continua».

Quale sarà il risultato?
«Oggi una parte della piazza richiede nuove elezioni e alcune delle procedure necessarie per indirle dipendono dal presidente. Vedremo cosa accadrà. È certo che in una Romania ancora profondamente rurale, nelle piazze delle grandi città ci sono soprattutto i giovani, una generazione che guarda all'Occidente e non ha certo velleità nazionaliste. Grazie al ruolo di garante del presidente della repubblica, non sono a rischio né la tenuta democratica né la presenza all'interno dell’Unione Europea. Certo, la situazione economica è dura anche in Romania e la diffidenza verso l'Europa è forte negli anziani, nei pensionati che faticano, ma i giovani hanno scelto la democrazia occidentale e questo fa ben sperare. Credo anzi che il risultato della protesta sarà proprio un rafforzamento delle istituzioni democratiche».

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