«Mentre ricostruiamo la Libia salviamo migliaia di vite»

Sciogliere il nodo gordiano della Libia è la chiave di volta per l'epocale e biblico esodo di migranti che dall'Africa si dirige, stipato a forza su barconi di fortuna al termine di estenuanti viaggi sulla terraferma, verso l'Italia e la terra promessa europea, partendo proprio dalle coste libiche. Ma «servirà tempo e costa molto». Lo dice l'ammiraglio Enrico Credendino, dal maggio 2015 comandante dell'operazione navale dell'Unione Europea “EunavforMed Sophia” per il contrasto al fenomeno del traffico di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale.

«Mentre ricostruiamo la Libia salviamo migliaia di vite»

Sciogliere il nodo gordiano della Libia è la chiave di volta per l'epocale e biblico esodo di migranti che dall'Africa si dirige, stipato a forza su barconi di fortuna al termine di estenuanti viaggi sulla terraferma, verso l'Italia e la terra promessa europea, partendo proprio dalle coste libiche.
Ma «servirà tempo e costa molto». Lo dice l'ammiraglio Enrico Credendino, dal maggio 2015 comandante dell'operazione navale dell'Unione Europea “EunavforMed Sophia” per il contrasto al fenomeno del traffico di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale.

«In Libia non c'è alcun controllo e tutto è possibile. Si calcola che lì il traffico degli esseri umani dia proventi per sei miliardi di euro. Le persone, in fuga dalla guerra, dalla mancanza di cibo, dal terrorismo, in Libia vengono buttate in mare da scafisti senza scrupoli», racconta l'ammiraglio che lavora in quel lembo in alto mare delle acque internazionali mediterranee, costellato di navi militari, mercantili e di ong.
«In questi viaggi drammatici in mare quest'anno sono morte 4.500 persone, ma non sappiamo quante ne siano morte nel deserto africano o giunti in Libia. Né quanti ne muoiano nelle acque libiche dove non possiamo intervenire e dove la Libia stessa non ha capacità di farlo perché è un paese senza stabilità politica. Per questo un governo stabile di quel paese è la soluzione».

L'Onu, l'Unione Europea e l'Italia supportano il presidente Sarraj, infatti, che però è molto debole in una Libia frastagliata nella quale ciascuna delle 110 tribù governa un pezzo di territorio.
«La maggior parte del paese è in mano ad altri. La chiave, quindi, è continuare a sostenere Sarraj e convincere tutte le parti a stare insieme». Credendino addestra anche la Guardia costiera libica. Un primo modulo di formazione si è concluso in questi giorni con 89 partecipanti. Una seconda fase di addestramento preparerà 500 persone e l'Italia donerà alla Libia dodici motovedette.
«È il primo passo concreto per la ricostruzione di quello stato. In Libia va rifatto tutto. Non c'è più niente. Va riorganizzato il sistema giudiziario, carcerario e di parte civile. Il recente accordo bilaterale Italia-Libia punta alla ricostruzione dell'apparato di sicurezza».

La stabilizzazione della Libia è una delle misure fondamentali per risolvere il fenomeno dei migranti e soprattutto per salvare vite.
L'altra è investire nei paesi d'origine dei migranti, spiega Credendino, che sono nella maggior parte di Eritrea, Egitto, Gambia e Nigeria. «Ci vorrà tempo e molto denaro. Ma bisogna crederci, andare avanti, investire e nel frattempo salvare vite, perché la gente parte comunque e tenta la sorte pur di sopravvivere».

L'operazione Sophia, nata nel 2015 dopo il naufragio di aprile che costò la vita a 800 persone e che porta il nome della bambina somala nata nell'estate del 2015 a bordo della fregata tedesca Schleswig-Holstein, soprannominata appunto Sophia, ha salvato oltre 33 mila persone in 228 soccorsi in mare; 103 sospetti scafisti-trafficanti sono stati segnalati o consegnati alle autorità italiane; 387 imbarcazioni sono state neutralizzate; su oltre 330 navi sospette in acque internazionali sono stati effettuati controlli a bordo.

Sophia si inquadra nell'ambito più ampio dell'impegno europeo di contrasto al fenomeno che comprende iniziative militari, politiche, sociali ed economiche nei paesi di origine e nei contesti istituzionali internazionali e regionali. Partecipano all'operazione 1.400 uomini e donne (di cui 800 italiani) di 25 nazioni. Con la portaerei italiana “Garibaldi” in mare, due fregate di Spagna e Francia, due navi ausiliarie di Germania e Regno Unito, tre elicotteri italiani e spagnoli imbarcati sulle navi, tre aerei da pattugliamento marittimo di Lussemburgo, Spagna, Francia.
Le navi di EunavforMed possono effettuare fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti in acque internazionali di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico o la tratta di esseri umani. Credendino intesse, inoltre, in prima persone rapporti di collaborazione con partner internazionali come l'Unione Africana, la Lega Araba, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, l'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati e per i diritti umani.

Maria Vittoria Adami

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