Nigeria, la strage infinita dei baby-kamikaze

È in agghiacciante aumento il numero di bambini utilizzati come “bombe umane” nel Nordest della Nigeria: dall’inizio dell’anno, secondo la denuncia dell'Unicef, sono stati usati 83 bambini, un numero già quattro volte maggiore rispetto al totale dell’ultimo anno.

Nigeria, la strage infinita dei baby-kamikaze

È in agghiacciante aumento il numero di bambini utilizzati come “bombe umane” nel Nordest della Nigeria
Dall’inizio dell’anno, sono stati usati 83 bambini, di cui 55 ragazze (molte al di sotto dei 15 anni), e 27 ragazzi, compreso un bambino legato a una ragazza.
È la preoccupante denuncia dell’Unicef, che documenta come, negli ultimi anni, i bambini sono stati ripetutamente usati in questo modo e quest’anno il numero è già quattro volte maggiore rispetto al totale dell’ultimo anno. «Questo utilizzo di bambini è un’atrocità – afferma l’Unicef – I bambini usati come “bombe umane” sono, prima di tutto, vittime, non colpevoli».

Il gruppo armato comunemente noto come Boko Haram ha talvolta, ma non sempre, rivendicato la responsabilità di questi attacchi, che colpiscono la popolazione civile.
Inoltre l’utilizzo di bambini in questi attacchi crea sospetti e paure nei confronti di quelli che sono stati rilasciati, salvati o fuggiti da Boko Haram. «Come risultato, molti bambini che sono riusciti a scappare dalla prigionia devono affrontare un rifiuto nel momento in cui cercano di reintegrarsi nelle loro comunità, aggravando le loro sofferenze», ricorda l’Unicef.

Tutto ciò sta avvenendo in un contesto di sfollamenti di massa e di una crisi di malnutrizione.
Ci sono 1,7 milioni di sfollati a causa dell’insurrezione nel Nordest del paese, l’85 per cento dei quali nello stato del Borno, dove è avvenuta la maggior parte di questi attacchi.
Il Nordest della Nigeria è uno fra i quattro paesi e regioni su cui grava la minaccia della carestia: quest’anno sono ben 450 mila i bambini a rischio di malnutrizione acuta grave.
L’Unicef sta offrendo supporto psicosociale per i bambini che sono stati prigionieri di Boko Haram e sta lavorando con le famiglie e le comunità per favorire che i bambini vengano accettati al loro ritorno. Supporta inoltre le attività di riconciliazione nel Nordest della Nigeria, portate avanti da rispettati leader delle comunità e religiosi, fra cui donne influenti, per aiutare a promuovere la tolleranza, l’accettazione e il reinserimento.

Nelle ultime settimane gli attacchi contro la popolazione del gruppo estremista islamico Boko Haram nel nord della Nigeria sono proseguiti a cadenza regolare.
Modu Jialta, attivista dei movimenti che lottano contro il terrorismo a Nganzai, ha raccontato che negli ultimi attacchi 15 persone sono state uccise e sgozzate dai guerriglieri islamici.
Mai Abatcha Monguno, comandante delle forze di autodifesa a Guzamala, ha dichiarato che le vittime nella sua zona sono state 12, e ha chiesto un maggiore aiuto del governo di Muhammadu Buhari.
L’attacco si aggiunge a quello recentissimo avvenuto in un villaggio vicino, Mildu, che aveva fatto altre sette vittime.
Sempre nel Nordest della Nigeria, nella notte tra mercoledì 9 e giovedì 10 agosto, il gruppo jihadista ha messo a ferro e fuoco il villaggio di Ghumbili, che si trova nell’area sotto il governo locale di Madagali, nello stato nordorientale di Adamawa. Stando alle notizie dell’Adsema, l’Agenzia statale per la gestione dell’emergenza, sono state bruciate circa 60 abitazioni. 

Nonostante la gravità della situazione nigeriana, la comunità internazionale sembra ancora “derubricare” a conflitto locale la guerra messa in atto dagli islamisti di Boko Haram: una tragedia che dal 2009 ha causato oltre 20 mila morti.

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