Padova festeggia Aes-Ccc e cinquant’anni d’impegno per il Brasile più povero

Sarà un seminario sul futuro della cooperazione internazionale a celebrare sabato 18 novembre i 50 anni della fondazione di Aes (Associazione amici dell’Espirito Santo - Centro collaborazione comunitaria), nata nel 1967 grazie ad alcuni amici desiderosi di sostenere l’opera del padovano padre Umberto Pietrogrande.

Padova festeggia Aes-Ccc e cinquant’anni d’impegno per il Brasile più povero

Sarà un seminario sul futuro della cooperazione internazionale a celebrare i 50 anni della fondazione di Aes (Associazione amici dell’Espirito Santo - Centro collaborazione comunitaria), nata nel 1967 grazie ad alcuni amici desiderosi di sostenere l’opera del padovano padre Umberto Pietrogrande, che nello stato brasiliano dell’Espirito Santo era impegnato a promuovere lo sviluppo integrale in aiuto ai più diseredati, in una logica di interscambio, secondo lo spirito dell’enciclica Populorum Progressio che Paolo VI aveva emanato pochi mesi prima.
L’appuntamento, che sabato 18 novembre alle 9 all’auditorium dell’Orto botanico di Padova vedrà tra i relatori anche l'ex ministro dell'istruzione Stefania Giannini e il presidente di Aes Giorgio Franceschetti, ha per titolo “Educare alla mondialità” e si propone quale ponte tra ciò che è stato realizzato nei decenni scorsi e quanto invece bisogna fare per rilanciare un impegno capace di ridare energie e nuove prospettive alla opera dell’associazione. Nell'occasione sarà anche presentata la “Proposta di Padova”, frutto di un dialogo di intesa territoriale, che Aes ha contribuito a riattivare, in dialogo col comune, per coinvolgere la quarantina di ong presenti nella sola provincia di Padova, che si occupano di cooperazione e diritti umani.

In mezzo secolo di impegno Aes è riuscita a mettere a disposizione di varie organizzazioni comunitarie dell’America Latina e dell’Africa scuole agrarie, laboratori, piccole fabbriche, canali per l’irrigazione, finanziamenti del commercio equo e solidale, attività sanitarie.
Un’opera instancabile che si è tramutata in lavoro, cibo sufficiente, salute, studi per i figli, speranza di cambiamento, organizzazione sociale, rafforzamento della famiglia, cammino verso una maggiore dignità e libertà.

Un impegno ancora poco conosciuto in Italia, ma che ha fatto di Umberto Pietrogrande un protagonista della vita brasiliana, al punto che alla sua morte, avvenuta all’età di 85 anni il 5 agosto 2015, nei territori brasiliani dove aveva operato vennero dichiarati tre giorni di lutto nazionale ad accompagnare i funerali ufficiali.

Nato a Padova il 1° aprile 1930, proveniente da una famiglia con antiche tradizioni nel mondo cattolico, Umberto si laurea in giurisprudenza, milita nell’Azione cattolica con ruoli di responsabilità a livello regionale e matura la decisione di diventare gesuita.
Una strada che, attraverso prima il noviziato a Lonigo e quindi lo studio filosofico e teologico a Gallarate, lo porta nel 1962 nel Sud del Brasile, dove scopre una comunità di origini italiane, soprattutto venete, che, con difficoltà, vive senza centri di assistenza sanitari, lavorativi e scolastici.

Nel 1967 fonda in Italia l’Aes e l’anno dopo il Mepes (Movimento de educaçao promocional do Espirito Santo) in Brasile, che si battono per i diritti umani di quanti sono colpiti dal regime militare così da avere maggiore coscienza della propria dignità, dei propri diritti e doveri. Con i giovani brasiliani avvia le Scuole famiglia agricole, che in pochi anni vengono aperte anche nel Nord del paese e negli stati limitrofi portando a un miglioramento delle vie di comunicazione, all’elettrificazione dei villaggi, all’avvio di servizi per la salute attraverso interventi mirati all’educazione sanitaria, alla prevenzione, alla nutrizione.

Ad Anchieta viene aperto un ospedale di primo livello che negli anni diventa sempre più strutturato e vede aumentare il numero degli assistiti, dei ricoverati, degli interventi chirurgici.

Dopo vent’anni di intensa vita nell’Espirito Santo, viene inviato nel Piaui, a Teresina, come parroco di una numerosa popolazione disseminata in un vasto territorio.
Anche qui si rimbocca le maniche, introducendo il modulo degli “assentamentos”, villaggi di semplici costruzioni dove gli occupanti lavorano il terreno parte per conto proprio e parte in comunità, dividendo poi gli utili, e il modulo delle “creches”, scuole materne dove giovani locali si prendono cura dei più piccoli.

«Padre Umberto Pietrogrande – ricordano quanti ne proseguono l’opera – non ha avuto vita facile: è stato imprigionato, condannato, graziato. Non è stato solo un acuto manager, un astuto avvocato, un saggio comunicatore. È stato un papà per chi era nel bisogno, un buon pastore, un direttore spirituale, un prete umile che sapeva incontrare i poveri, che avvicinava i più semplici e diseredati, che non ostentava superiorità, che aiutava a riflettere, a mediare e a risolvere. Per questo è onorato dal popolo brasiliano che lo ricorda e lo proclama come un loro eroe».

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